Il caso

Da Renault a Reno, ecco come i francesi vorrebbero tornare in Russia

Il gruppo transalpino nell'ottobre del 2024 aveva depositato una domanda presso Rospatent per difendersi da contraffazioni e imitazioni – In attesa di una risposta definitiva, il tema del «comeback» rimane centralissimo
©ANNA SZILAGYI
Marcello Pelizzari
20.09.2025 15:30

Renault si riprenderà mai la Russia? Bella domanda: il caso del colosso francese, ne avevamo già parlato, è destinato a fare scuola rispetto al macro-tema dell’eventuale ritorno delle aziende occidentali nel Paese. La notizia, riportata dal quotidiano economico La Tribune, è che la stessa Renault non ha mai abbandonato l’idea di un cosiddetto comeback. Anzi, continua a fare tentativi per rientrare o, quantomeno, proteggersi da spiacevoli sorprese.

Che cosa sappiamo sin qui

Riavvolgiamo il nastro: il marchio automobilistico francese aveva dapprima sospeso le sue attività in Russia a causa dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca e, in seguito, venduto le proprie quote in AvtoVAZ – il più grande costruttore di automobili russo – al cosiddetto NAMI, acronimo di Central Scientific Research Automobile and Automotive Engine Institute (NAMI), una sussidiaria del Ministero russo dell’Industria e del Commercio. La fabbrica di Mosca era invece stata venduta alla città. Mesi fa, l’amministratore delegato di AvtoVAZ Maxim Sokolov aveva tagliato corto: qualora volesse ritornare in Russia, Renault dovrebbe sborsare 1,29 miliardi di dollari. Inciso: il marchio francese aveva ceduto le sue attività per la cifra simbolica di un rublo. 

Perché a Renault interessa la Russia?

Renault, dicevamo, ha sempre accarezzato l’idea di tornare in Russia. D’altro canto, parliamo del secondo mercato di riferimento globale, per il marchio, prima del 2022. Di più, il costruttore francese ha provato anche a proteggersi dalle (pessime) imitazioni. Come? Depositando o, meglio, cercando di depositare nella Federazione il nome Reno. Ovvero, Renault pronunciato alla russa. Tante altre aziende occidentali, in effetti, in questi anni sono state imitate (nel nome come nei loghi) dalle alternative al 100% russe sorte sulla scia del grande abbandono collettivo.

Renault aveva depositato la sua domanda nell’ottobre del 2024, con la speranza di poter un domani produrre e vendere automobili con il marchio Reno, presso Rospatent, l’Agenzia federale della proprietà intellettuale. Dalla stessa Agenzia è arrivato un «niet» preliminare lo scorso aprile, mentre Rospatent si esprimerà in via definitiva sulla domanda non appena riceverà da Renault la documentazione extra richiesta. L’obiettivo, evidentemente, è strappare una risposta positiva. Anche Mercedes-Benz, scrive La Tribune, avrebbe depositato un suo marchio a Mosca la scorsa settimana.

Ma quanto contava, questo mercato, per i francesi?

Significa che Renault, appunto, tornerà davvero in Russia? Il gruppo francese, al riguardo, nicchia, spiegando che «non c’è una prospettiva certa all’orizzonte». Eppure, tutto lascia pensare che il costruttore gradirebbe riprendere le operazioni nel Paese, nonostante la pace in Ucraina sia ancora lontana, se non lontanissima. I tempi, in ogni caso, stringono: secondo gli accordi di uscita firmati nel 2022, Renault ha ancora tre anni per riprendere il controllo di AvtoVAZ.

Prima della guerra, Renault produceva quasi mezzo milione di veicoli in Russia. Il gruppo francese deteneva il 35% del mercato. Oggi, con gli europei, gli americani, i giapponesi e i sudcoreani in ritirata, è la Cina a dominare il settore. Stando ad Alix Partners, il 56% delle auto vendute nella Federazione è made in China.

Ragioni etiche e politiche

Le ragioni dell’addio, va da sé, nel 2022 erano essenzialmente etiche e politiche. Il costruttore, tornando alla fabbrica di Mosca, prima della guerra produceva 95 mila veicoli solo nella capitale. I dipendenti erano 1.700. Oggi, dietro all’evocativo marchio Moskvitch, dal nome delle vecchie vetture sovietiche prodotte in quello stabilimento, a Mosca si costruiscono veicoli per il costruttore cinese JAC.

Il cuore delle attività di Renault in Russia, tuttavia, era AvtoVAZ, il primo costruttore automobilistico sovietico legato a doppio filo alla città di Togliatti, sul Volga. Nel 2022, Renault aveva ceduto il suo 67,69% a NAMI. Garantendosi, quantomeno, la possibilità di un rientro. Da contratto, poi, NAMI non può cedere quanto acquistato a terzi fino al 2028, escludendo (almeno per ora) un ingresso dei cinesi. A Togliatti, nel 2021, da AvtoVAZ erano usciti qualcosa come 286.700 veicoli. Molte Lada e Lada Largus, certo, ma anche molte Dacia Logan e Sandero vendute sotto il cappello Renault. Allargando il campo a tutta la Russia, il marchio francese prima della guerra impiegava 45 mila persone. Il ritiro aveva costretto Renault ad accantonare 2,2 miliardi di euro nel 2022. Il Ministero russo dell’Industria, invece, con non poca sfacciataggine aveva annunciato in pompa magna che Renault aveva ceduto i suoi attivi in Russia per la cifra simbolica di un rublo.

Il paradosso

Sin qui, il marchio francese non ha mai chiarito in che modo, e con quanti investimenti, potrebbe rientrare nel mercato russo. AvtoVAZ, tramite il suo amministratore delegato, nei mesi scorsi come detto ha parlato di 1,29 miliardi di dollari. Una cifra che, secondo il numero uno di AvtoVAZ, coprirebbe le spese sostenute in assenza di Renault. Un paradosso, evidentemente, considerando quanto hanno fatto i francesi a Togliatti in quattordici anni di presenza. Renault, in effetti, era entrata nel capitale di AvtoVAZ nel 2008, prendendone successivamente e progressivamente il controllo e trasformando l’ex conglomerato sovietico, famoso per la sua scarsa produttività e la pessima qualità, in un costruttore moderno.

In definitiva, il futuro della presenza di Renault in Russia rimane avvolto nel mistero, ma la voglia di un ritorno è palpabile. Anche se, al momento, prevale il mal di testa burocratico.