Il caso

Fermi tutti, Elon Musk ha messo Twitter in pausa

Con il pretesto dei profili falsi il patron di Tesla ha messo in dubbio un acquisto che pareva perfezionato – Quindi la precisazione: «Sono ancora impegnato nell'acquisizione»
Stefano Olivari
13.05.2022 18:00

Elon Musk ha scoperto che una buona percentuale degli utenti di Twitter è costituita da profili falsi e con questo pretesto ha messo in dubbio un’acquisizione che sembrava perfezionata lo scorso 25 aprile. Il risultato immediato è stato in apertura del Nasdaq un crollo del 9% del corso delle azioni di Twitter rispetto a giovedì, seguito da una risalita, quello futuro una rinegoziazione dell’accordo o addirittura la sua cancellazione.

Il tweet

L’annuncio di Musk è arrivato attraverso Twitter, a beneficio dei suoi 92 milioni di follower: «L'accordo con Twitter è temporaneamente sospeso in attesa di dettagli che supportino il calcolo che gli account spam/fake rappresentino effettivamente meno del 5% degli utenti». Musk cita a supporto una recente inchiesta della Reuters sulle modalità di calcolo di Twitter. In ogni caso la notizia non è che un social network abbia milioni di utenti inesistenti, ma che l’accordo fosse legato ad una percentuale così bassa. Facebook, per fare un esempio, stima che il 16% dei suoi account attivi sia costituito da duplicati di altri account o da falsi in senso stretto. Quindi La grande domanda, non solo di Musk, è quanti dei 229 milioni di utenti di Twitter siano veri. Nella sua ultima relazione trimestrale Twitter ha dichiarato che gli account falsi o di spam sono meno del 5% dei suoi utenti attivi giornalieri nei primi tre mesi dell'anno.

Le azioni

I termini finanziari del problema sono semplici. Un mese fa Musk ha accettato di pagare Twitter 54,20 dollari ad azione, quindi 44 miliardi in totale, e la proposta è stata accettata da tutti i maggiori azionisti. Oggi al Nasdaq il titolo ha aperto a 40,43 dollari, meno 9% rispetto a giovedì ma soprattutto meno 25% rispetto ai 54,20. Mister Tesla sta quindi provando, come minimo, a rinegoziare l’accordo attaccandosi ai suoi punti deboli o almeno controversi. Va detto poi che i 44 miliardi rimangono comunque una cifra difficilissima da trovare anche per l’uomo più ricco del mondo, il cui patrimonio sarebbe in teoria quasi 6 volte tanto (240 miliardi di dollari). Nelle ultime settimane Musk ha dovuto vendere almeno 8,5 miliardi di dollari di azioni Tesla, poi ha messo insieme 19 investitori (fra i quali anche una holding del Qatar…) per trovarne altri 7. Ed è significativo che oggi al crollo del prezzo di Twitter le azioni di Tesla siano subito risalite del 4,5%, dopo aver perso il 29% nel mese precedente: il mercato ritiene che Musk si sia imbarcato in un’impresa troppo difficile e costosa, anche ammesso di trovare tutti i soldi.

L'effetto Musk

In mezzo a tanta finanza non c’è dubbio che l’arrivo del nuovo presunto proprietario abbia dato una scossa a un social network diventato sonnacchioso e istituzionale, molto amato da giornalisti e comunicatori di professione ma non dalla gente reale. Da quando lui è sceso in campo gli utenti sono infatti aumentati da 217 a 229 milioni: 12 milioni in un mese, come ufficializzato da Twitter, un vero e proprio effetto Musk nonostante la perdita degli utenti in Russia. Per il 2023 l’obbiettivo dell’amministratore delegato Parag Agrawal, 37 anni e 30 milioni di stipendio nel 2022, è di arrivare a 315 milioni di utenti e 7,5 miliardi di fatturato, ma è chiaro che con un frontman come Musk si potrebbe puntare ancora più in alto. Il modello di business è finora fallimentare, con perdite annuali nell’ordine del 10% del fatturato, ma rendere pay alcune funzioni e alcuni account, come quelli aziendali, potrebbe secondo lui invertire la tendenza e far raggiungere un valore di borsa di 70 dollari.

E la SEC?

Musk è sotto pressione da più parti, a partire da quella che ha il volto della SEC, l’autorità statunitense di vigilanza sui mercati finanziari, che sta indagando sulla reale entità della quota acquistata prima di annunciare l’offerta da 54,20 ad azione: l’accusa è che Musk abbia tenuto segreti i suoi acquisti ben oltre il limite previsto, che è del 5%. Perché una scalata non dichiarata terrebbe artificialmente basso il prezzo delle azioni, ingannando così i piccoli investitori. Di certo quando Musk ha fatto l’offerta pubblica era già azionista di Twitter al 9,2% e secondo i documenti in possesso della SEC il 5% era stato superato il 14 marzo (il che significa comunicazione obbligatoria entro il 24 marzo). Musk ha quindi risparmiato una cifra quantificabile in 150 milioni di dollari, briciole rispetto al totale dell’operazione ma briciole sufficienti a fargli passare guai veri.

Che ne sarà di Trump?

Il problema diventa adesso anche politico. Perché come tutti i miliardari tech lui è associato ai democratici, pur professandosi soprattutto libertario. Ma il suo progetto di riaprire Twitter a qualsiasi posizione, partendo con la clamorosa riammissione di Donald Trump, e riducendo al minimo la moderazione, certo non può piacere a Biden ed in generale all’establishment progressista. Che attraverso il New York Times gli ha nei giorni scorsi anche rinfacciato di aver vissuto da bianco privilegiato nel Sudafrica dell’apartheid: del resto lui in Sudafrica è nato (nel 1971) e cresciuto fino ai 18 anni. I giochetti di Borsa, che in passato gli sono sempre stati perdonati anche in virtù dei molteplici legami con il settore pubblico, potrebbero quindi per una volta costargli cari, come minimo sotto forma di multe. Ben più del miliardo di penale, tutto sommato poco rispetto al disastro borsistico che si sta profilando, che dovrebbe pagare in caso di ritiro dall’affare. Ma sempre oggi con un altro tweet Musk ha detto di essere «still committed to acquisition», ancora impegnato nell’acquisizione.

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