Fiscalità

«Il trust era una chance per la piazza finanziaria»

Il rifiuto del Consiglio federale di presentare un messaggio per ancorare nel Codice delle obbligazioni questo istituto di stampo anglosassone, crea malumori al Ticino che lo aveva proposto a Berna ormai anni fa
Generoso Chiaradonna
18.09.2023 23:59

C’è delusione in Ticino per l’abbandono da parte del Consiglio federale del progetto legislativo che mirava a introdurre - ancorandolo nel Codice delle obbligazioni - l’istituto del trust nell’ordinamento svizzero. Un percorso iniziato anni prima grazie a un postulato dell’allora consigliere nazionale Giovanni Merlini (PLR) e a un’iniziativa generica di Fabio Regazzi (il Centro) i cui principi, accolti nel frattempo in una mozione, furono accettati dalla maggioranza delle Camere e questo nonostante il parere contrario del Governo. Eravamo nel marzo del 2019. Quattro anni e mezzo dopo, il Consiglio federale abbandona l’avanprogetto in quanto «al momento non esiste un consenso politico sufficiente per introdurre un trust secondo il diritto svizzero». «In particolare - si leggeva nella nota di venerdì 15 settembre - le norme di diritto fiscale sono state nettamente respinte nel corso della consultazione. Il Consiglio federale rinuncia pertanto a elaborare un messaggio e propone al Parlamento lo stralcio della mozione».

«Peccato perché si è persa un’interessante occasione per la piazza finanziaria ed economica ticinese», afferma da parte sua Samuele Vorpe, responsabile del Centro di competenze tributarie della Supsi. «È mancata la volontà politica», continua Vorpe che ricorda come per il progetto sulla tassazione individuale la consultazione era ancora più negativa di quella sul trust, «eppure il Consiglio federale ha annunciato che presenterà un messaggio. Ha usato due pesi e due misure». Per la cronaca, 21 Cantoni su 26 hanno espresso parere negativo sulla tassazione individuale. Nel caso del trust, 19 Cantoni hanno dato parere contrario per le implicazioni fiscali e solo 13 erano scettici sul principio. Su questo punto si segnala la strana alleanza. Tra i partiti si segnala la strana alleanza tra PS e UDC contraria addirittura al principio del trust di diritto svizzero.

Separare norme fiscali e legali

«Ma non è solo una questione politica. Molti partecipanti alla consultazione sono stati e sono dell’opinione che il trust secondo il diritto svizzero costituirebbe un istituto giuridico adatto ma con un trattamento fiscale competitivo. Ciò che manifestamente non è il caso con l’opzione prospettata. Meglio quindi rimanere fiscalmente competitivi con l’utilizzo dello strumento del trust estero», scrive su LinkedIn l’avvocato Fabio Gaggini, Counsel di V&G Trustee.

Ancora Samuele Vorpe: «Bastava a questo punto salvare le norme civilistiche e lasciare il trattamento fiscale alla Circolare n.30 dell’AFC che è un testo sufficientemente chiaro, conosciuto dalla prassi e affidabile. O addirittura legiferare recependo quella circolare». Sul fallimento della consultazione Vorpe non esista a indicare tra i responsabili l’Amministrazione cantonale che «ha sottoposto in sede di procedura di consultazione ben sette varianti, una peggiore dell’altra, per risolvere la questione fiscale. Si continuerà quindi con l’utilizzo di trust esteri o fondazioni di famiglia del Liechtenstein».

«I tribunali civili svizzeri prenderebbero decisioni più adeguate e molto più velocemente se potessero decidere riguardo a trust disciplinati dal codice svizzero delle obbligazioni invece che dal diritto dei Paesi anglosassoni, spesso di interpretazione contestata», afferma invece l’avvocato Paolo Bernasconi che invita la politica a riprendere il tema del trust svizzero separandolo dall’aspetto fiscale.