La digitalizzazione non farà sparire del tutto il contante

L’uso del contante come mezzo di pagamento è in diminuzione in Svizzera. E questo preoccupa chi, per mandato istituzionale, ha il compito di mettere a disposizione banconote e monete: la Banca nazionale svizzera (BNS). Giovedì di questa settimana il vicepresidente della BNS Martin Schlegel ha sollevato il problema della «spirale nel sistema del contante» che tenderà a farne diminuire l’uso. «Il rischio esiste soprattutto per la funzione di mezzo di pagamento: da un lato, è un dato di fatto che la digitalizzazione contribuisca a ridurne le quote di utilizzo in special modo da parte dei consumatori», ci spiega Edoardo Beretta, professore titolare di Economia all’USI di Lugano. «Dall’altro - continua l’esperto - non si può negare come i policymaker (non necessariamente in Svizzera) abbiano tollerato la crescente associazione mentale fra i termini “contante”, indipendentemente dall’ammontare, a “opacità”, “passato”, “scarsa praticità”, “costi di approvvigionamento” e “rischi di smarrimento o furto”». In questo modo gli stessi decisori politici «hanno nei fatti nuociuto a un altro attore pubblico quale la banca centrale locale e all’unico mezzo di pagamento di sua diretta emissione, a cui il largo pubblico non-bancario ha oggigiorno accesso, cioè il contante».
«Ma c’è anche un’altra ragione», continua Beretta. «Nel 2022 stando al Sondaggio sui mezzi di pagamento presso i privati in Svizzera i versamenti su conto bancario o postale siano significativamente aumentati rispetto al 2020: in altre parole, gli svizzeri stanno ridepositando parte dei loro risparmi in contante nella speranza di vederli maggiormente remunerati in tempi di tassi d’interesse più elevati. Per la BNS è, quindi, cruciale che tale tendenza di “prelievo-rideposito” a seconda della congiuntura economica rimanga vitale».
Tra desideri e realtà
C’è però una sorta di corto circuito tra i desideri dei consumatori e il loro comportamento. Infatti, secondo la BNS, oltre il 95% della popolazione vorrebbe poter pagare in contante anche in futuro. Eppure, stando a un sondaggio precedente (lo Swiss Payment Monitor condotto dall’Università di San Gallo e dalla ZHAW), la tendenza a usare il contante è in forte diminuzione. A questo si aggiunge anche la crescente popolarità delle neo-banche che operano in modalità «full-digital». «La maggior parte della popolazione desidera sì avere la possibilità di fare uso di contante anche in futuro, ma magari non necessariamente con la frequenza o i volumi del passato», risponde Beretta che sottolinea un altro fenomeno emergente. «È, invece, in forte crescita (e non soltanto in Svizzera ma in molti Paesi europei fra cui il Regno Unito e negli USA) la domanda di cash nella sua funzione di riserva di valore: in tempi di incertezza – non da ultima la pandemia e i conflitti geopolitici –, l’essere umano riscopre come la materialità sia ancestralmente percepita come sicura. Affinché però la funzione di riserva di valore non venga intaccata è, necessario, che anche quella di mezzo di pagamento non venga limitata né legalmente né nella prassi. Bene fa, quindi, la BNS a lanciare tale monito che non deve essere percepito in contrasto alla digitalizzazione monetaria ma semplicemente a garantire – attraverso la complementarità di contante e moneta contabile – un sistema dei pagamenti (inter)nazionale quanto più resiliente».
Sul piano legislativo, il Consiglio federale riconosce l’importanza del denaro contante per l’economia e la società, tant’è vero che all’iniziativa popolare «Il denaro contante è libertà» opporrà un controprogetto diretto che recepisce parte delle richieste degli iniziativisti tra cui l’inserimento dell’uso del denaro contante, già presente nella legge, anche nella Costituzione federale. Ma ci possiamo permettere altri costi per usare il contante? «Già oggi per l’approvvigionamento del contante in capo all’economia svizzera vi sono diverse stime - attorno ai 2 miliardi di franchi l’anno -, ma affrontare il tema sulla base di tale aspetto sarebbe riduttivo», continua il professor Beretta. «I benefici di avere una società sufficientemente “liquida” in termini di cash sono svariati fra cui: essere “svincolati” dall’infrastruttura informatica, detenere una riserva di valore di diretta emissione della banca centrale locale, tutelare maggiormente la propria privacy, avere una migliore percezione del proprio regime di spesa».
Vi è poi da considerare che le fasce di popolazione più anziane detengono – stando alle stesse rilevazioni BNS del 2022 – quote più elevate di banconote di grosso taglio (200 e 1.000 franchi). «Ridurne l’utilizzo comporterebbe potenzialmente un senso di “smarrimento” a molti individui, che sono stati abituati per decenni ad associare al contante - a ragione - un senso di sicurezza o che hanno minore dimestichezza con il mondo digitale», continua Beretta. «Ancor più, visto che le persone più mature (e che possono permetterselo) tendono ad avere una propensione alla spesa da non sottovalutare ai fini del PIL». «Non penso, inoltre, che la difesa del contante sia una “battaglia di retroguardia” dinnanzi alla digitalizzazione galoppante: la storia monetaria insegna che molti mezzi di pagamento hanno convissuto per secoli in uno spirito di “complementarità” piuttosto che di “sostituibilità”. E, del resto, la cartamoneta ha ormai più di un millennio di vita dalla sua invenzione in Cina e sarebbe difficile ipotizzarne la sua scomparsa visto che la moneta contabile non ha fatto la sua comparsa con la digitalizzazione bensì ben prima».

