Credit Suisse

La Finma, dunque, è stata sconfessata sull'azzeramento dei bond AT1

Il Tribunale amministrativo federale ribalta la decisione del 2023 della Finma di azzerrare gli stumenti di capitale nell’operazione di salvataggio dell'ex seconda banca svizzera da parte di UBS – La sentenza, parziale, si esprime su uno dei circa 360 ricorsi e sottolinea l’ingerenza nel diritto di proprietà
©PETER KLAUNZER
Dimitri Loringett
14.10.2025 20:30

Negli ambienti degli studi legali svizzeri si sapeva che qualcosa stesse bollendo in pentola al Tribunale amministrativo federale (TAF) di San Gallo, ma quello di oggi è stato un classico fulmine a ciel sereno. «L’azzeramento degli strumenti di capitale AT1 di Credit Suisse ordinato dalla Finma nel marzo 2023 non ha base legale. Il Tribunale amministrativo federale ha pertanto annullato la decisione della Finma in una sentenza parziale resa nell’ambito di un procedimento di ricorso».

La notizia, pubblicata sul sito del TAF in tarda mattinata, ha fatto saltare sulla sedia non pochi avvocati, in particolare quelli che lo scorso maggio si sono rivolti al Tribunale federale di Losanna (TF) accusando il TAF di «ritardata giustizia», per aver ripetutamente negato agli oltre tremila ricorrenti (raggruppati in circa 360 ricorsi) l’accesso alla documentazione della Finma che ha portato alla controversa decisione di oltre due anni fa: un atto fondamentale per verificare se l’azzeramento delle obbligazioni AT1 di CS fosse realmente sostenuto da valide ragioni economiche e legali.

Principi costituzionali violati

Mentre sulle ragioni economiche della ormai famigerata decisione della Finma – presa, lo ricordiamo, assieme al Dipartimento federale delle finanze (DFF) e alla Banca nazionale svizzera (BNS) – il TAF non si esprime (poiché, di fatto, non di sua competenza), su quelle legali i giudici di San Gallo hanno stabilito che l’azzeramento (e cancellazione, sottolineiamo) delle obbligazioni AT1 di CS, per un valore nominale pari a circa 16,5 miliardi di franchi, «costituiva una grave ingerenza nei diritti di proprietà degli obbligazionisti che avrebbe dovuto essere retta da una base legale chiara e formale. Tale base legale, tuttavia, non sussisteva», scrive il TAF.

In particolare, il TAF ha valutato la costituzionalità dell’articolo 5a dell’Ordinanza di necessità (modifica del 19 marzo 2023, su cui si basa la decisione della Finma), stabilendo che tale norma viola diversi principi della Costituzione, tra cui quelli sulla proprietà privata e sull’uso delle ordinanze urgenti da parte del Consiglio federale.

Sentenza parziale

La sentenza del TAF, pronunciata lo scorso 1. ottobre (e, come da prassi, comunicata solo dopo aver informato le parti), è però parziale e relativa a uno solo dei circa 360 procedimenti di ricorso presentati. Si tratta, infatti, di una cosiddetta «sentenza pilota», con la quale il TAF ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere e annullato la decisione della Finma del 19 marzo 2023, mentre sul ripristino della situazione precedente all’azzeramento il TAF non si è ancora espresso. Gli altri procedimenti sono intanto sospesi fino alla crescita in giudicato della sentenza parziale, che può essere impugnata dinanzi al TF.

Detto altrimenti, gli investitori «gabbati» dalla Finma dovranno ancora attendere un eventuale - e tutt’altro che scontato - risarcimento.

Il TF, infatti, potrebbe anche ribaltare la decisione del TAF. Sempre che la Finma (o UBS) decida di impugnarla: «La Finma prende atto della sentenza parziale del TAF sull’azzeramento degli strumenti di capitale AT1 e procederà ad analizzarla», è la risposta data dall’Autorità di vigilanza al CdT. La stessa risposta è giunta anche dal DFF, che però sottolinea come «la Confederazione e il DFF non sono parti in causa nel procedimento». UBS, invece, da noi contattata si è limitata a un secco «non commentiamo». Alla Borsa svizzera, il titolo UBS ha chiuso in calo del 2,09%, chiudendo a 31,45 franchi.

Il «viability event» non c’era

Gli strumenti di capitale AT1 fanno parte dei fondi propri di base supplementari di una banca, computabili sul capitale proprio a fini regolatori, e sono generalmente strutturati o come prestiti condizionali obbligatoriamente convertibili («Contingent Convertibles») o, come nel caso di CS, come prestiti condizionali con rinuncia al credito (obbligazioni «write-off»). Le obbligazioni «ammortizzabili» si distinguono per il fatto che possono essere azzerate dalla banca emittente al verificarsi di un evento predefinito contrattualmente (il famoso «viability event»).

«Il TAF è giunto alla conclusione che le condizioni per un azzeramento non erano date – si legge nella sentenza – in quanto, al momento dell’azzeramento, l’evento scatenante stabilito per contratto non si era verificato. A quel tempo, CS era sufficientemente capitalizzata e soddisfaceva i requisiti normativi in materia di fondi propri. Le misure disposte dalla Confederazione e dalla BNS servivano unicamente a garantire la liquidità e non avevano alcun effetto diretto sulla base di capitale proprio, secondo l’interpretazione delle condizioni di prestito in conformità con la teoria dell’affidamento».

La reazione

«Anzitutto, soddisfatti gli investitori, che coraggiosamente hanno affrontato i ricorsi, parecchie decine tramite il nostro studio legale», commenta al CdT l’avvocato e già pp Paolo Bernasconi.

«È soltanto la prima puntata di una storia che deve ancora essere scritta dalla giustizia federale: quella amministrativa, civile e anche penale. Questa sentenza garantisce la certezza del diritto, almeno nella piazza bancaria, faro di attrattività per tutto il mondo. In Svizzera non comandano le banche e nemmeno la Finma, ma i tribunali: coloro che hanno investito in obbligazioni, ossia gli AT1, meritano una protezione ben maggiore rispetto a chi investe in azioni. Se questa sentenza reggerà anche di fronte al TF, il carico finanziario per UBS sarà colossale. È il destino delle grandi banche, esposte ai rischi globali. La stampa finanziaria ha paragonato la perdita di UBS, pari a circa 500 milioni di dollari dovuta al dissesto dell’azienda statunitense First Brands, a quella di Greensill, che colpì CS. Si tratta di quei grandi rischi che motivano la decisione del Consiglio federale di aumentare i mezzi propri di UBS, malgrado la virulenta opposizione di quest’ultima».