L'area euro approda a quota 20 con la luce verde alla Croazia
L’adozione della moneta unica europea da parte della Croazia porterà a 20 il numero dei Paesi dell’area euro. Partiti in 11 nel 1999, i membri dell’Eurozona sono diventati 19 tra il 2001 e il 2015. Al primo nucleo (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna) si sono aggiunti strada facendo altri 8 Paesi (in ordine di tempo Grecia, Slovenia, Cipro e Malta, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania). L’ingresso della Croazia avverrà all’inizio del 2023, l’ufficializzazione a Bruxelles ci sarà il mese prossimo ma il passo viene dato a questo punto come scontato. E l’ampliamento potrebbe proseguire, c’è infatti la possibilità che anche la Bulgaria si presenti all’entrata, forse già nel 2024.
La BCE e i Paesi
Nonostante le crisi affrontate – quella dei debiti pubblici tra il 2011 e il 2012 fu in particolare intensa – l’area euro non solo non ha perso pezzi ma si è allargata. Le molte profezie sulla sua scomparsa sono state sin qui smentite dai fatti e le scommesse su un suo ridimensionamento (ad esempio attraverso l’uscita della capofila, la Germania) sono state sinora perse da chi le ha fatte. Questa unione monetaria, di per sé certo non facile in quanto fatta da Paesi che non hanno un corrispondente grado di unione politica, presenta però anche vantaggi. La cessione di sovranità monetaria da parte dei singoli Paesi aderenti, con il governo dell’euro affidato alla Banca centrale europea (BCE), evidentemente è stata più che compensata da questi vantaggi. In sintesi, si può dire che i Paesi che avevano monete forti, a cominciare dalla Germania con il marco, hanno visto scomparire i fastidi legati alla forza delle loro valute e alle svalutazioni competitive dei vicini con divise non forti, due elementi che frenavano l’export. Dal canto loro, i Paesi con monete tendenzialmente deboli, tra i quali l’Italia con la lira, hanno avuto l’opportunità di entrare in un’area di maggior stabilità valutaria - con i relativi aiuti economici in caso di difficoltà, come poi si è visto - oltre che di tassi di interesse decisamente più bassi. Un’opportunità non ordinaria, che li ha portati a preferire in tutta evidenza questa via, pur dovendo affrontare in questo modo la riorganizzazione di parti delle loro economie.
Il rapporto con il dollaro
L’euro è nato nel 1999 come unità di conto ed è diventato moneta circolante nel 2002. Per entrare nell’area euro bisogna far parte dell’Unione europea e rispettare alcuni criteri economici, tra i quali un deficit pubblico/PIL non superiore al 3% e un debito pubblico/PIL non superiore al 60%. Peraltro, ci sono state deroghe a questi criteri. Già all’inizio, a Paesi a forte debito come Belgio e Italia fu concessa l’entrata, in cambio di impegni per la riduzione dell’indebitamento. Controverso fu l’ingresso nel 2001 della Grecia, i cui conti pubblici anni dopo risultarono un po’ diversi. Con la crisi pandemica, poi, i criteri sui conti pubblici sono stati sospesi; ma non cancellati, quindi i parametri relativi in un modo o nell’altro dovranno rientrare in vigore. Considerando scambi e riserve, l’euro è la seconda moneta mondiale, alle spalle del dollaro USA. Quando nasce, nel 1999, l’euro è prezzato a circa 1,18 dollari. Nell’ottobre del 2000 l’euro tocca il minimo storico, a 0,82 dollari. Poi una lunga risalita, sino a quando l’euro tocca, nel luglio 2008, il suo massimo a 1,59 dollari. Quindi molti anni di saliscendi, sino agli 1,05 dollari di venerdì scorso. L’andamento più che ventennale del cambio con il dollaro ci mostra che l’euro non è una moneta forte ma nemmeno una moneta debole. È una moneta che è stata sin qui tendenzialmente stabile, al di là delle oscillazioni di fase, tende cioè a riallinearsi nel lungo periodo attorno ai valori iniziali del rapporto con il dollaro.
Il cambio con il franco
Un altro ragionamento va fatto per il cambio con il franco. La Svizzera è un caso diverso e il franco ne è un riflesso, è un bene rifugio che ha guadagnato parecchio terreno sull’euro ma anche su altre monete principali. Nel 1999 il cambio iniziale dell’euro era di circa 1,60 franchi. Il massimo toccato dall’euro è stato di 1,68 franchi, nell’ottobre 2007; il minimo è stato attorno a 0,98, nel gennaio 2015. Il cambio di quest’ultimo venerdì è di 1,03 franchi. Ma anche il dollaro, al di là della sua recente ripresa, è sceso non poco sul franco nei passati due decenni: ad inizio 2000 era a 1,65 franchi, ha poi toccato il massimo a 1,82 nell’ottobre del 2000 e il minimo a 0,70 nell’agosto 2011. Il cambio di quest’ultimo venerdì è di 0,98 franchi. Ma non è appunto solo nel rapporto con un super franco che si può misurare la tenuta o meno delle due valute mondiali più diffuse.
