L’inflazione in maggio corre, si torna ai livelli del 2008
L’inflazione non arresta la sua corsa: in maggio in tutta la Svizzera i prezzi al consumo sono aumentati del 2,9%, ben al di sopra delle aspettative degli analisti, che in media avevano anticipato un livello tra il 2,4% e il 2,7%. In effetti un valore così alto non si era più registrato dal settembre del 2008, in piena crisi finanziaria. tra l’altro la progressione mensile dei prezzi (risultata del +0,7% rispetto ad aprile) «è di gran lunga superiore al normale incremento stagionale», ha sottolineato Karsten Junius, capo economista della banca J. Safra Sarasin.
Come si evince dai dati pubblicati oggi dall’Ufficio ferale di statistica, il carovita è stato alimentato principalmente dai beni importati, che nell’indice pesano per un quarto, il cui costo è aumentato del 7,4% rispetto a un anno fa. Per i beni nazionali, l’inflazione annuale è stata dell’1,5%.
In particolare, in maggio i cittadini svizzeri hanno dovuto pagare di più per i prodotti alimentari, le bevande alcoliche, l’abbigliamento e naturalmente l’energia. L’aumento di alcuni prodotti di base come farina e grano (2,4%), e quindi pane (1,9%) e pasta (12%), riflettono la scarsità degli approvvigionamenti.
«Sono diventati più cari anche la verdura e alcuni tipi di frutta, senza dimenticare la nafta (82%) e gli affitti per gli appartamenti», aggiunge Daniel Kalt, capoeconomista di UBS. Gli esperti in effetti sono stati sorpresi anche dal forte aumento degli affitti delle abitazioni, saliti dell’1,4% su base annua. Secondo un’analisi di Immoscout24 e IAZI rispetto ad aprile invece i prezzi degli affitti per gli oggetti sul mercato sono aumentati dello 0,7%, con picchi a Zurigo (+1,8%) e nella Svizzera centrale (+1,2%), e un calo in Ticino (-0,8%). In generale, questa progressione è particolarmente significativa, perché il comparto pesa circa il 20% nel calcolo dell’inflazione. Altri rincari notevoli sono stati registrati per le bevande alcoliche (4,3%), per i mezzi di trasporto (10%), per alberghi e ristoranti (1%) e per le telecomunicazioni mobili (1,3%).
Il confronto
Per Kalt non bisogna perdere di vista il fatto che l’inflazione in Svizzera viaggia a livelli molto più bassi che nei Paesi circostanti. Il carovita nei Paesi OCSE in aprile è aumentato al 9,2% contro l’8,8% di marzo, con una forte accelerazione dei prezzi alimentari e dei servizi. Nell’Eurozona in maggio è schizzato all’8,1%, mentre negli USA in aprile era all’8,3%. «Non c’è da stupirsi che una buona fetta dell’inflazione svizzera sia stata importata. Con questi livelli il franco forte non basta più a compensare le differenze dei prezzi», aggiunge Kalt, sottolineando pure il fatto che buona parte dell’inflazione attuale è legata al rally dei prezzi dell’energia e ai blocchi nelle catene degli approvvigionamenti globali. Ciò contribuisce a rendere commodities e beni alimentari più scarsi e quindi più cari.
Il picco non è ancora superato
Secondo il consenso del mercato nel corso dell’anno i consumatori svizzeri potrebbero vedere il livello dei prezzi salire a sopra il 3%. «Ci aspettiamo che il picco verrà raggiunto nel corso dell’estate - chiosa Kalt - e che in seguito l’inflazione torni a diminuire. Negli Stati Uniti probabilmente è già stato così, con i rincari passati dal +8,5% di marzo all’8,3% di aprile. Ora bisogna vedere se i dati di maggio confermeranno il trend. È comunque probabile che sia l’Europa sia la Svizzera seguano la stessa dinamica, solo con qualche mese di ritardo».
In attesa della BNS
Il grosso interrogativo riguarda ora l’operato della BNS, che tuttora mantiene un tasso diriferimento bassissimo, pari al -0,75%. Mentre negli USA la Fed ha reagito alla pressione inflazionistica effettuando dei primi rialzi dei tassi, e in Europa la BCE si è detta pronta a seguirne l’esempio, la banca nazionale ha spesso affermato di non poter alzare i tassi prima della BCE per non rischiare di apprezzare ulteriormente il franco. «Ci aspettiamo ancora che la BNS aumenti il tasso di riferimento a -0,50% nel dicembre 2022, ma il rischio di un rialzo anticipato dei tassi sta aumentando», scrive Maxime Botteron di Credit Suisse. Altri esperti, come Kalt di UBS, ipotizzano invece un rialzo in settembre, sempre che la BCE agisca in luglio come anticipato dal mercato.
Le banche centrali si trovano comunque ad operare in un contesto di difficile equilibrio. Da una parte una politica monetaria restrittiva con rialzi dei tassi per sgonfiare l’inflazione, frena pure prestiti e investimenti e quindi la crescita economica con ripercussioni sul mercato del lavoro. Questo in un momento in cui le conseguenze della guerra nell’Est europeo hanno già peggiorato notevolmente le prospettive di crescita di quest’anno per l’economia globale, facendo temere sia una recessione sia una stagflazione (inflazione in assenza di crescita). Dall’altra, un’inflazione prolungata erode il potere di acquisto dei consumatori con effetti comunque negativi per l’economia. «Una recessione potrebbe essere innescata da tre fonti di rischio - spiega Kalt -. I lockdown in Cina legati al coronavirus, una guerra prolungata in Ucraina, una politica monetaria troppo restrittiva da parte della Fed. Per quest’anno ipotizziamo piuttosto un rallentamento. Certo è che il modo migliore per raffreddare il livello dei prezzi e allontanare gli spettri di una recessione sarebbe riuscire a sbloccare i flussi degli approvvigionamenti globali».