Il commento

Lo spread e i conti italiani

La situazione dei conti pubblici in Italia non è rosea come viene da molti oggi dipinta
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
10.09.2025 06:00

La situazione dei conti pubblici in Italia non è rosea come viene da molti oggi dipinta. C’è una diffusa narrazione su un netto miglioramento, ma i dati reali dicono altro. Lo spread, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli pubblici tedeschi e degli altri Paesi europei, per l’Italia è sceso, ma è diminuito anche in molti altri casi. I titoli tedeschi fanno da riferimento in Europa e quando lo spread è più basso in genere le cose vanno meglio, viceversa quando è più alto. Ma questa è una considerazione generale che non può riguardare tutti i casi, ogni volta bisogna vedere il contesto in cui la discesa avviene e le ragioni del movimento.

Lo spread si può ridurre perché i tassi di interesse di un Paese europeo diminuiscono più di quelli tedeschi, ma anche perché questi ultimi salgono. E in effetti la scarsa crescita economica tedesca e l’allentamento, seppur parziale, del rigore germanico nei conti pubblici hanno fatto sì che i tassi di mercato di Berlino salissero; gli investitori infatti quando i rischi aumentano vogliono tassi più alti. A inizio 2024 il rendimento dei titoli pubblici decennali tedeschi era attorno al 2%, ora è di circa il 2,6%. I titoli pubblici italiani a inizio 2024 erano a un rendimento di circa il 3,7% e ora sono attorno al 3,5%. Dunque in quest’ultima fase lo spread di Roma non è diminuito tanto per il contenuto miglioramento italiano quanto, anche e soprattutto, per il chiaro peggioramento tedesco.

C’è inoltre da dire che l’Italia, che in effetti ha visto appunto ridursi il suo spread, è preceduta in questo campo da altri Paesi che hanno un Prodotto interno lordo meno ampio e che però hanno fatto qualche progresso sul piano dei conti pubblici. Lo spread dell’Italia nei titoli pubblici decennali è ora attorno a 85 (cioè 0,85 punti percentuali sui tassi), quello della Grecia è tra 65 e 70 (riduzione abbastanza clamorosa per Atene), quello dello Spagna tra 55 e 60, quello del Portogallo tra 40 e 45. Il quasi pareggio di Roma con la Francia, che è a 70-80, sta entusiasmando molti in Italia, ma bisognerebbe sempre ricordare che l’avvicinamento anche in questo capitolo è dovuto non poco al peggioramento dei conti pubblici francesi e dunque dello spread di Parigi, dove ora c’è anche una dichiarata crisi politica.

I conti pubblici italiani non stanno realmente migliorando. La stabilità politica fornita dal Governo Meloni piace anche ai mercati, ma da sola non basta. La stabilità governativa, favorita a Roma anche dalle molte divisioni delle opposizioni, dovrebbe servire anche ad affrontare i nodi strutturali del Paese. Sul versante economico ci vorrebbero riforme economiche ampie, che però sin qui non sono emerse. Il Fondo monetario internazionale (FMI) nella sua ultima analisi sull’Italia, resa nota a fine luglio, indica che il rapporto debito pubblico/PIL, già molto alto, sta ancora salendo, dal 135,3 % del 2024 al 136,9 % del 2025; il deficit pubblico/PIL cala, ma molto leggermente, dal 3,4% dell’anno scorso al 3,3% di quest’anno.

La crescita economica italiana, già inferiore alla media dell’Eurozona, rallenta dallo 0,7% del 2024 allo 0,5% previsto dall’FMI per il 2025. Con le tensioni geopolitiche e con i dazi USA la situazione è difficile per tutti, ciò è vero, ma l’aumento del PIL italiano resta tra i più bassi. Con i circa 200 miliardi di euro iniettati gradualmente in Italia con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), finanziato dall’UE con agio per il Governo Meloni, era ed è lecito aspettarsi una crescita ben maggiore. Non ci sono dunque per ora tanti motivi per festeggiare. D’altronde, tornando ai conti pubblici, ridurre un maxi indebitamento pubblico solo con l’incremento del PIL è un’illusione già in tempi normali, figuriamoci quando la crescita economica è a scartamento ridotto. Occorrerebbero tagli molto consistenti alla spesa pubblica improduttiva, riduzioni molto forti delle burocrazie e delle inefficienze negli apparati pubblici. Tutte cose che sin qui si sono viste troppo poco.