Quando la «criptostrategia» diventa un boomerang

Dal picco di inizio ottobre poco sopra 126 mila dollari ha perso circa il 30% del suo valore, stabilizzandosi attorno a quota 85 mila dollari (ieri in serata quotava sul livello di 88 mila dollari), ma l’impatto forse più significativo del crollo del prezzo del bitcoin è stato avvertito da una società quotata al Nasdaq, Strategy Inc. (già MicroStrategy, MSTR), nota per la sua «strategia» di accumulo di bitcoin quale riserva di tesoreria (ne avevamo parlato giusto un anno fa).

Dopo aver raggiunto il suo massimo storico, l’estate scorsa, a 457 dollari, le quotazioni del titolo sul listino tecnologico Nasdaq 100 sono infatti crollate di oltre il 60% attorno agli attuali 155 dollari – a dimostrazione della stretta correlazione fra i due strumenti e, in un certo senso, dell’effetto leva che uno esercita sull’altro. Ma guardando alla performance degli ultimi cinque anni, che include quel +500% registrato nel solo 2024, il titolo della società americana che produce un (poco conosciuto) software aziendale mostra un guadagno del 325% – ben oltre il circa +205% che ha fatto il bitcoin nello stesso lasso di tempo.
La BNS ha ancora comprato... e perso milioni
Peccato che buona parte di questo guadagno non è (probabilmente) stato realizzato da chi ha «scoperto» Strategy Inc. solo in tempi recenti, soprattutto dopo la sua entrata nell’indice MSCI World, nel giugno 2024, che le ha dato maggiore visibilità e «legittimità». Fra questi, anche la Banca nazionale svizzera (BNS) che, anzi, ha aumentato in modo significativo la propria posizione in MSTR nel corso degli ultimi trimestri. A fine marzo 2024 la BNS deteneva in portafoglio 29 mila azioni MSTR, passando a 517 mila a fine 2024 e fino a 749 mila a fine giugno 2025, stando ai formulari «13F», i rapporti che gli investitori istituzionali con oltre 100 milioni di dollari di attività gestite devono presentare ogni trimestre alla Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti. Questo significa che la BNS avrebbe acquistato (il condizionale è d’obbligo perché l’istituto non comunica alcunché sulle sue decisioni d’investimento) azioni di Strategy Inc. durante la fase di forte rialzo in Borsa.
Stando a un nostro calcolo basato su un’approssimazione «mark to market» trimestrale, si stima una perdita (contabile) di circa 105 milioni di dollari (circa 85 milioni di franchi svizzeri) a fine giugno sulla posizione in MSTR. Un importo di poco conto, se lo si rapporta al valore complessivo dei titoli azionari statunitensi detenuti dalla BNS, che ammonta a circa 167 miliardi di dollari (132 miliardi di franchi) – di cui una quarantina di miliardi sono investiti in appena cinque titoli: Amazon, Apple, Meta, Microsoft e Nvidia. Un calo consistente del valore di questi titoli, va da se, avrebbe un impatto ben maggiore sul bilancio della nostra banca centrale.
Il Nasdaq lo tiene, il MSCI forse no
Tornando a Strategy, il crollo in Borsa registrato sull’arco degli ultimi sei mesi non è passato inosservato, come pure la notizia secondo cui l’azienda, nonostante il sell-off in Borsa, ha continuato a finanziare acquisti di bitcoin con importanti emissioni di azioni (oltre 23 milioni di titoli collocati nel quarto trimestre, pari a una raccolta di capitale di circa 4 miliardi di dollari), operazione che ha, da una parte, rafforzato il bilancio societario proteggendolo da un cosiddetto «crypto winter» (periodo prolungato di calo dei prezzi e clima negativo nel mercato delle criptovalute) e, dall’altro, «diluito» il capitale azionario della società – un’operazione, questa, che in genere non fa sempre piacere agli azionisti, va detto.
Ma Strategy, che vanta il titolo di prima «bitcoin treasury company», pare non avere alternative alla sua strategia di accumulo di bitcoin – il suo core business nel software non è mai veramente decollato e gli utili sono sostanzialmente dovuti alle valutazioni del bitcoin – e nelle scorse settimane si è parlato insistentemente della possibile esclusione del titolo MSTR dall’indice tecnologico Nasdaq 100, nel contesto dell’operazione di ribilanciamento annuale. Parte del mercato sostiene infatti che la società somigli più a un veicolo d’investimento in bitcoin che a una «tech company» tradizionale. Poi, lo scorso 12 dicembre la Borsa Nasdaq ha comunicato che MSTR resta nell’indice; allo stesso tempo, MSCI ha avviato una consultazione (la decisione è attesa per metà gennaio) su regole che potrebbero escludere dai suoi indici le società in cui gli attivi digitali superano il 50% del totale. Detto altrimenti, Strategy ha superato l’esame del Nasdaq, ma il dibattito sull’inquadramento di questo modello di «digital asset treasury company» prosegue.
Il modello di business di Strategy (e di una dozzina di altre società che l’hanno adottato la stessa strategia) dipende in modo quasi elastico dall’andamento del bitcoin che, tuttavia, non sembra voler partecipare all’attuale corsa al rialzo dei tradizionali beni rifugio come l’oro e, in generale, tutti i metalli preziosi (argento e platino quest’anno hanno visto i prezzi per oncia salire del 160% e 150% rispettivamente), tant’è che sull’anno la performance del bitcoin è in negativo (-6% circa).
