Era sano l'ex pm suicida in Svizzera

VIBO VALENTIA - L'11 aprile scorso l'ex magistrato italiano Pietro D'Amico si recò in auto, da solo, a Basilea, con l'intenzione di usufruire del suicidio assistito. Esibì certificati comprovanti un male incurabile ad alcuni medici svizzeri e alla dottoressa Erika Preisig, dell'associazione Eternal Spirit Lifecircle, e fu dunque aiutato a morire (vedi Suggeriti).
Ora si è scoperto che quei certificati riportavano diagnosi sbagliate o falsificate. "Pietro D'Amico stava bene, non aveva alcuna patologia degenerativa né altre malattie" è la notizia diffusa giovedì da Michele Roccisano, legale di Tina Russo, moglie del magistrato. Lo riportano diversi media italiani, tra cui Repubblica e Corriere.
Alla luce dell'autopsia, infatti, risulta chiaro che l'ex magistrato non aveva malattie terminali. "Avrebbe dovuto essere sottoposto a verifiche strumentali specifiche - aggiunge Roccisano. La magistratura italiana dovrà stabilire se i sanitari autori della diagnosi siano responsabili di un errore medico, e se l'errore fu dovuto a negligenza o imperizia". Anche gli inquirenti svizzeri saranno chiamati a verificare eventuali colpe dei medici basilesi. Tanto più che, spiega sempre l'avvocato, "in precedenti tentativi, non ancora provvisto di quelle errate certificazioni, il dottor D'Amico non aveva ottenuto dai medici svizzeri il suicidio assistito".
Rimane anche il giallo delle diagnosi: si tratta di una sequela di errori medici oppure di una falsificazione? In quest'ultimo caso, fatta da chi?