L'intervista

Filippo Lombardi: «Il gruppo non ha percepito il valore della posta in palio»

Il presidente dell'Hockey Club Ambrì Piotta traccia un bilancio dell'avventura alla Coppa Spengler, iniziata nel 2019 e conclusa con la triste uscita di scena contro il Frölunda
© KEYSTONE / URS FLUEELER
Nicola Martinetti
29.12.2023 21:00

Dopo cinque anni e tre edizioni, l’Ambrì Piotta ha ufficialmente posto la parola fine su quella che Filippo Lombardi definisce l’«era Spengler». Con il numero uno dei biancoblù tracciamo allora un bilancio dell’avventura iniziata nel 2019, partendo dalla triste uscita di scena contro gli svedesi del Frölunda.

Presidente, quanta amarezza prova per questo finale anticlimatico?
«Parecchia. La provo per il nostro pubblico, i nostri tifosi, che sono stati meravigliosi come sempre. E ai quali avrei voluto - insieme allo staff - offrire un finale dell’“era Spengler” migliore di questo. Evidentemente i giocatori non hanno percepito l’importanza della posta in palio, e credo che abbiano sottovalutato il quarto di finale contro il Frölunda. Lo si è visto in diversi atteggiamenti, in occasione di alcuni gol incassati e di qualche rete non segnata. Penso in particolare alle leggerezze individuali accumulate durante il confronto».

A farle più male è il fatto che la vostra ultima edizione sia stata anche la peggiore?
«In tre presenze alla Coppa Spengler abbiamo disputato diverse partite, vincendole quasi tutte. Ogni tanto la legge dello sport prevede che vi siano anche delle sconfitte, e ci sta. A darmi dispiacere allora è piuttosto il modo in cui abbiamo perso il quarto contro gli svedesi. Ribadisco: ho l’impressione che non tutti abbiano capito l’importanza di un successo per la maglia e per il popolo biancoblù. O quantomeno di un’uscita di scena onorevole, che non c’è stata».

Alla luce di questa sua sensazione, ritiene sbagliato pensare che forse avete disputato una Spengler di troppo?
«Come sempre nella vita, si va avanti finché si può. Non è possibile determinare che si tratta di un’edizione di troppo, prima ancora di averci provato (sorride, ndr).Dopo la bella vittoria dello scorso anno era giusto tornare. Se non lo avessimo fatto, nessuno avrebbe capito la nostra scelta. Ricordo bene la felicità che tutti abbiamo condiviso per quel trionfo. Sarebbe stato imperdonabile privare la squadra e il pubblico di questa nuova chance. E la dirigenza avrebbe incassato diverse critiche. Bisognava farlo ed è stato fatto, dunque non abbiamo molto da rimproverarci. Penso invece che i giocatori nei loro debriefing con lo staff un piccolo ragionamento se lo dovranno fare».

Dalle sue parole mi sembra comunque evidente che questa, almeno per quanto concerne il futuro più prossimo, sia stata l’ultima presenza dell’Ambrì alla kermesse grigionese...
«Beh, ne parlavo in queste ore con gli amici di Davos. Negli ultimi anni l’Ambrì ha fatto bene sia dal punto di vista del club gialloblù, sia dell’organizzazione del torneo. Nel 2024 evidentemente non toccherà a noi, ma non vuol dire che non accadrà più. Anzi, le persone con cui ho parlato ritengono che tornerà presto il momento per invitare la nostra società. E qualora dovesse accadere, mi auspico che la squadra si presenti con la grinta necessaria».

Direi di sì, c’è la forte sensazione di aver chiuso un capitolo. Un capitolo che peraltro ci ha permesso di mettere in bacheca una coppa che alcuni - nelle altre società - reputano poco rilevante, ma che tutti coloro che partecipano alla manifestazione ritengono molto importante

Al netto di due edizioni annullate a causa della pandemia di coronavirus, ufficialmente l’Ambrì ha fatto parte dell’universo Spengler per cinque anni consecutivi. Ha già realizzato che ora questa avventura si è conclusa?
«Direi di sì, c’è la forte sensazione di aver chiuso un capitolo. Un capitolo che peraltro ci ha permesso di mettere in bacheca una coppa che alcuni - nelle altre società - reputano poco rilevante, ma che tutti coloro che partecipano alla manifestazione ritengono molto importante (altro sorriso, ndr). Vedremo se il futuro ci riserverà altre partecipazioni a questo torneo, che tra l’altro io ho sempre apprezzato, già ben prima che l’Ambrì vi prendesse parte. Qualora quel giorno dovesse arrivare, sono convinto che il popolo biancoblù si ripresenterebbe a Davos con il medesimo entusiasmo, perché si vede che ha il piacere di venire a un torneo di buon livello a sostenere i propri beniamini».

Al di là del trofeo messo in bacheca nel 2022, c’è altro che questa avventura ha lasciato alla vostra società?
«Credo che soprattutto l’anno scorso l’immagine dell’Ambrì sia tornata a crescere, non solo entro le frontiere svizzere, ma anche all’estero. Sappiamo ad esempio che in Canada quattro milioni di spettatori guardano la competizione in televisione. Essendo trascorso oltre un ventennio dalle famose coppe continentali a ridosso del nuovo millennio, ritengo che aver vinto la Spengler lo scorso anno ci abbia sicuramente rilanciato sotto quest’ottica. Il che, ovviamente, ha generato e continuerà a generare dei benefici a cascata. Penso ad esempio al lavoro del direttore sportivo, che quando tratta l’ingaggio di un nuovo giocatore ora può avvalersi di un argomento in più, e via dicendo. Questo, va da sé, è molto apprezzabile. Quindi in conclusione sì, ritengo che l’Ambrì abbia sicuramente beneficiato delle sue avventure nei Grigioni. In tutte e tre le edizioni a cui ha preso parte, compresa quest’ultima».

Ma è altresì riuscito a trarne il massimo?
«Farlo avrebbe voluto dire vincerne tre, ma sarebbe stato un po’ pretenzioso ambire a tale traguardo (ride, ndr). Ci ricordiamo sempre chi siamo e da dove veniamo, e quindi siamo contenti di averne vinta bene una, e di aver fatto comunque il nostro lavoro nelle altre due».

E ora cosa farà Filippo Lombardi nell’ultima settimana dell’anno?
«Avevo promesso agli organizzatori che sarei rimasto a Davos sino al 31 dicembre, a prescindere dal cammino biancoblù. Dunque quest’anno proseguirò il mio soggiorno qui. Per quanto concerne il 2024 invece, ho ancora una dozzina di mesi per pensarci (sorride, ndr)».

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