«Fu un incidente causato dalla distrazione alla guida»

«Si è trattato di un incidente determinato dalla distrazione del conducente e dalla velocità alla quale procedeva il veicolo, non è stato possibile rilevare responsabilità di terze persone». In questo modo il Tribunale federale ha messo la parola fine alla lunga vicenda giudiziaria scaturita dall’incidente stradale sul Ceneri che nel 2018 era costato la vita a un uomo. Ma facciamo qualche passo indietro per ripercorrere il lungo iter giudiziario che si è snodato da quel tragico momento. Era il 10 maggio 2018, lungo l’autostrada A2. La vittima, un 48.enne cittadino tedesco, si trovava alla guida della sua Tesla poco dopo l’uscita dalla galleria del Ceneri, dove sorgeva un cantiere. Sull’asfalto erano segnalate in arancione le corsie provvisorie deviate dai lavori in corso. Invece di seguire quelle linee, la vettura aveva proceduto dritta, andando a scontrarsi prima con dei paletti segnaletici e poi con lo spartitraffico che aveva avuto l’effetto di una rampa. Il veicolo era stato quindi proiettato in aria ribaltandosi più volte prima di terminare la propria traiettoria sulla corsia autostradale opposta, a 120 metri dal primo punto di collisione. Gli urti avevano provocato la combustione delle batterie della vettura elettrica facendo scoppiare un violento incendio. Il conducente, rimasto privo di conoscenza all’interno dell’abitacolo, era morto carbonizzato.
Abbandono e reclamo
A seguito dell’incidente, il procuratore pubblico aveva aperto un procedimento penale contro ignoti, ordinando una serie di accertamenti tecnici. Terminata l'istruzione, con decisione del 30 gennaio 2019, il magistrato aveva decretato l'abbandono del procedimento, ritenendo, in sostanza, che l'incidente «era riconducibile esclusivamente alla negligenza del conducente che aveva perso la padronanza del veicolo». Una decisione che non era piaciuta alla moglie dell’uomo morto nell’incidente, la quale aveva presentato un reclamo contro il decreto d’abbandono. Reclamo poi respinto, con sentenza del 20 maggio 2019, dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello. Secondo quest'ultima, gli accertamenti «non avevano permesso di stabilire l'esistenza di circostanze imputabili a terzi quali cause del decesso della vittima». Si era così ritornati al punto di partenza.
Esaminare il contenuto
Ma il punto definitivo sulla vicenda non era ancora stato messo. Nell’ottobre 2019, infatti, la moglie della vittima aveva presentato un altro ricorso, stavolta al Tribunale federale (TF). La sentenza precedente era stata così annullata e la causa rinviata alla Corte cantonale per una nuova decisione con un giudizio «adeguatamente motivato». Secondo il TF i giudici cantonali non avevano esaminato le ulteriori richieste probatorie della ricorrente relative ai dati presenti sul telefono cellulare della vittima al momento dell'incidente, alla segnaletica stradale provvisoria presente sull'autostrada il giorno dei fatti e a domande complementari ai periti sull'idoneità alla circolazione della vettura coinvolta. «Limitandosi a richiamare genericamente le conclusioni del procuratore pubblico, la Corte cantonale ha omesso di confrontarsi con il contenuto del reclamo motivando in modo insufficiente la propria sentenza», si legge nelle motivazioni. La causa è finita quindi ancora nelle mani del procuratore pubblico.
Ai piedi della scala
Tutto questo per tornare di nuovo, dopo l’istruzione complementare, a un decreto d’abbandono del procedimento penale deciso dal procuratore pubblico il 31 marzo 2022. Questa volta a muoversi contro tale decisione sono i membri della comunione ereditaria del defunto, subentrati nella causa in qualità di accusatori privati. I quali hanno presentato un ulteriore reclamo, ma la loro contestazione è stata nuovamente respinta dalla Corte dei reclami penali con sentenza del 14 novembre 2022. La Corte cantonale ha confermato ancora una volta «l'assenza di responsabilità di terze persone» nell'incidente mortale. Contro questa sentenza gli accusatori privati decidono di ricorrere al Tribunale federale, chiedendo tra le altre cose di procedere alla raccolta di ulteriori prove, soprattutto sul funzionamento della vettura elettrica.
«Nessuna responsabilità di terzi»
Ulteriori prove che, tuttavia, secondo la sentenza del TF giunta nelle scorse settimane non sarebbero necessarie a determinare la dinamica di un incidente che appare piuttosto chiara ai giudici di Mon Repos. Alla base del tragico sinistro, in sostanza, ci sarebbe «la distrazione del conducente in seguito all’utilizzo del suo cellulare e la velocità eccessiva della vettura al momento dell’incidente». E a proposito dell’ulteriore ricerca di prove: «Contrariamente a quello che asseriscono i ricorrenti, la Corte cantonale non ha tralasciato la questione del funzionamento del veicolo implicato nell'incidente. Ha infatti riprodotto e preso in considerazione le conclusioni dei periti, i quali, nei loro rapporti complementari, hanno sostanzialmente escluso, rispettivamente non hanno confermato, l'esistenza di fattori legati a difetti di progettazione del veicolo. E ha precisato, per quanto riguarda il sistema di guida autonoma, che non era possibile, a causa della completa carbonizzazione della vettura, accertare se, al momento dell'incidente, fosse attivo e funzionante».
Sempre secondo il TF «non si può rimproverare al ministero pubblico - che aveva ottenuto nell'ambito dell'istruzione complementare ulteriori informazioni presso l'USTRA e approfondimenti tecnici e peritali che confermavano l'esclusione di responsabilità terze - di aver rifiutato di dar seguito alle richieste dei ricorrenti volte a raccogliere informazioni». Nel caso concreto, il Tribunale federale rileva quindi che «alla luce delle testimonianze e dei risultati, la Corte cantonale poteva concludere - senza cadere nell'arbitrio - per l'assenza di responsabilità di terze persone nel decesso del conducente, causato da una serie di eventi originati dalla distrazione alla guida di quest'ultimo, ciò che giustificava l'abbandono del procedimento penale».