«Gaza: è importante non cadere nella trappola delle fake news diffuse»

Importante che il Corriere del Ticino come il principale giornale svizzero di lingua italiana non cada nella trappola delle fake news diffuse, come ormai consuetudine consolidata, inoltrate senza controllo adeguato da agenzie internazionali quali Amnesty International, Save the Children, UNRWA e così via, palesemente schierate contro Israele, notizie non confermate da fonti giornalistiche credibili. Mi riferisco in particolare all’articolo dal titolo Morire di fame a Gaza: «Ci nutriamo di mangime e resti di cibo lasciati dai topi», apparso nei giorni scorsi.
«Stando ai dati raccolti da Amnesty, dopo la sentenza del Tribunale internazionale dell'Aia – scrive il Corriere del Ticino – il numero di camion che entrano a Gaza è diminuito di circa un terzo, passando da una media di 146 al giorno nelle tre settimane precedenti a una media di 105 al giorno nelle tre successive. Prima del 7 ottobre, in media circa 500 camion entravano a Gaza ogni giorno, trasportando aiuti e beni commerciali, tra cui cibo, acqua, foraggio per animali, forniture mediche e carburante».
Si parla, dunque di centinaia di camion, ogni giorno (con aiuti arrivati anche dal cielo, paracadutati da aerei della Giordania), ma la popolazione, secondo Amnesty, mangia il cibo per animali (questo non manca: evidentemente, la popolazione ha cani, gatti, uccellini, e a Gaza ci sono numerosi negozi di cibo per animali) o addirittura degli avanzi lasciati dai topi... Chi ha avuto a fare con i topi, sa bene che non lasciano nulla, ma a Gaza evidentemente i topi sono ben nutriti e si permettono di lasciare avanzi… Ironia a parte, è chiaro che si tratti di fake news. Che il Corriere del Ticino considerato un giornale serio avrebbe dovuto verificare prima di pubblicare a titoli cubitali, che contribuiscono a un’ondata di odio contro Israele.
Del resto giornali di alta diffusione come Corriere della Sera e La Repubblica hanno evidenziato con foto e reportage il sequestro da parte dei miliziani di Hamas di qualsiasi aiuto umanitario in arrivo a Gaza anche sparando alla popolazione civile.
La narrazione degli eventi è essenziale per un giornale/giornalista. Vi porto un esempio della narrazione ipocrita e falsa dei palestinesi. Qualcuno ricorda l’assalto alla Basilica della Natività, a Betlemme, anno 2002, in piena Seconda Intifada. Oltre duecento teroristi palestinesi, inseguiti da soldati israeliani, sfondano a suon di colpi di mitra, la porta della Basilica, si rifugiano all’interno, tenendo in ostaggio una quarantina di religiosi. Israele circonda la Basilica e, ovviamente, tutti contro Israele che attacca un sito religioso, quando, al contrario, sono i miliziani palestinesi ad averlo violato a suon di mitragliate. L’esercito israeliano prosegue l’assedio, volendo catturare i terroristi, tagliando le forniture di acqua e luce, e dall’interno arrivano gli accorati appelli dei frati: «Non abbiamo più acqua né cibo, non c’è elettricità, siamo al buio, siamo costretti a mangiare l’erba del prato. Siamo condannati a morire». Titoli a tutta pagina sui giornali e attacchi a Israele per la sua disumanità. Ebbene, passano 39 giorni, ma nessuno muore di fame o di sete e i telefonini delle persone all’interno continuano a funzionare anche senza la possibilità di ricariche. Miracoli, si dirà, del resto siamo nella Basilica della Natività. Ma una volta risolta la questione, appunto dopo 39 giorni di assedio, con il rilascio dei terroristi (i 12 più pericolosi espulsi a Cipro, 26 portati a Gaza), i giornalisti entrano nella Basilica e trovano: cibo in quantità nelle dispense dei frati, scatolette di tonno, di fagioli, farina, zucchero, caffè, con scatolette aperte e buttate in terra mezze piene, un pozzo che forniva acqua in quantità, gruppi elettrogeni che fornivano energia elettrica. Dunque gli appelli lanciati erano tutti falsi. Ma ormai il danno di immagine contro Israele era fatto. E solo alcuni giornali hanno rivelato l’abbondanza di cibo, mentre altri hanno parlato di avanzi qua e là. Anche qui grande onestà di certi giornalisti! I quali hanno anche evitato di scrivere, per la maggior parte, del ritrovamento della scritta «oggi quelli del sabato, domani quelli della domenica» con chiare minacce ai cristiani, evitando altresì di rilevare la profanazione di altari, rovesciati e utilizzati come tavoli per mangiare, o il ritrovamento di escrementi sui muri della Basilica e anche il fatto che dovendo passare attraverso metal detector, alcuni terroristi hanno dovuto lasciare calici e altri oggetti religiosi che avevano tranquillamente trafugato. Ma per loro, naturalmente, non c’era profanazione di cose sacre…
Spero che questo esempio sia stato sufficiente a chiarire la consueta narrazione palestinese. E mi meraviglio che quando si lanciano appelli a Israele affinché cessi i bombardamenti, nessun appello viene lanciato nei confronti di Hamas, affinché liberi gli oltre cento ostaggi israeliani (donne, neonati, bambini, anziani, malati) tenuti prigionieri da oltre cinque mesi in condizioni disumane (al buio e sdraiati per terra, donne stuprate e incinte come raccontato dai primi ostaggi liberati) e non visitati da nessuna delle associazioni umanitari sopracitati. E nessuno si sforza di capire che se Hamas restituisse gli ostaggi e smettesse di lanciare centinaia di razzi contro Israele (cosa che fa tuttora, ogni giorno), vedrebbe finire immediatamente la controffensiva israeliana a Gaza, dando respiro alla popolazione palestinese. E la guerra sarebbe un ricordo. Ma la colpa, si sa, per molta stampa, per le organizzazioni governative e non governative, è sempre e solo di Israele!
Giuseppe Giannotti, portavoce Associazione Svizzera-Israele, sezione Ticino