Qatar 2022

Giornalista morto durante Olanda-Argentina, il fratello: «È stato ucciso»

Inutili i soccorsi in tribuna stampa: Grant Wahl aveva 48 anni – Era stato fermato all'ingresso di USA-Galles per una maglia arcobaleno, poi la FIFA lo aveva premiato per la partecipazione alla 8. Coppa del Mondo
© Grant Wahl
Jenny Covelli
11.12.2022 21:30

Lavorava dal 2021 per CBS Sports. Grant Wahl, 48 anni, prima aveva lavorato per la rivista Sports Illustrated come esperto di calcio, dal lontano 1996. Quella in Qatar era l'ottava Coppa del mondo a cui partecipava in qualità di giornalista. Venerdì 9 dicembre è morto mentre copriva i quarti di finale tra Olanda e Argentina. È crollato, «è caduto all'indietro» nella sua postazione nella tribuna stampa del Lusail Iconic Stadium, durante i tempi supplementari della sfida, mentre la partita volgeva al termine. I colleghi statunitensi seduti al suo fianco o in prossimità hanno subito allertato i soccorsi che sono intervenuti in maniera tempestiva. Il personale medico gli ha praticato il massaggio cardiaco, tra gli sguardi attoniti dei presenti, prima di portarlo via in barella. Ma nonostante il trasporto d'urgenza in ospedale, per Wahl non c’è stato nulla da fare ed è morto all'alba.

Qualche giorno prima della sua morte, la FIFA aveva premiato il giornalista (e altri colleghi) per avere raggiunto il traguardo di otto Mondiali di calcio. Sul suo profilo Instagram, Wahl aveva condiviso uno scatto in compagnia di Ronaldo, la leggenda.

Cosa è successo

Una tragedia. Lunedì 5 dicembre, Wahl aveva scritto sul suo sito web di essere stato visitato una clinica medica in Qatar. «Il mio corpo mi ha abbandonato. Tre settimane di poco sonno, forte stress e molto lavoro possono fare questo effetto». Quello che era un raffreddore negli ultimi 10 giorni si è però trasformato in qualcosa di più grave: «La sera della partita Stati Uniti-Olanda ho sentito la parte superiore del mio petto assumere un nuovo livello di pressione e di disagio». E poi: «Non ho il COVID (qui lo controllo regolarmente), ma oggi sono andato all'ambulatorio medico del centro media principale e mi hanno detto che probabilmente ho la bronchite. Mi hanno dato un ciclo di antibiotici e uno sciroppo per la tosse, e già dopo poche ore mi sento un po' meglio. Ma comunque: no bueno».

Nel suo podcast, pubblicato il giovedì, il giornalista ha aggiunto di essersi recato di nuovo alla clinica medica. «Ho praticamente cancellato tutto quello che avevo in programma per questo giovedì, ho dormito e sto leggermente meglio, ma probabilmente dalla mia voce si capisce che non sono al 100% - ha detto -. Spero di non tossire durante il podcast. Sto tossendo molto. Tutti tossiscono qui, non solo io, ma molti giornalisti hanno una tosse pazzesca. A volte sembra un rantolo di morte».

«Una trattenuta inaspettata»

Durante la Coppa del Mondo, Wahl aveva attirato l'attenzione internazionale dopo aver raccontato - sul suo sito Internet - di essere stato fermato dalla sicurezza dell'evento per avere indossato a una t-shirt arcobaleno «a sostegno dei diritti LGBTQ in un Paese in cui le relazioni tra persone dello stesso sesso sono illegali». Era il 21 novembre. «Doha. Quando sono arrivato all'ingresso riservato ai media allo stadio per seguire la partita della Coppa del Mondo Stati Uniti-Galles indossando una maglietta con il pallone da calcio arcobaleno a sostegno della comunità LGBTQ, le guardie di sicurezza si sono rifiutate di farmi entrare - scriveva -. Mi hanno trattenuto per 25 minuti e con rabbia hanno preteso che mi togliessi la maglietta. "Devi cambiarti", mi ha detto una guardia, "non è permesso"». E ancora: «Le relazioni omosessuali sono illegali in Qatar. Ma la FIFA è stata chiara nel dire che la bandiera arcobaleno sarebbe stata ben accolta ai Mondiali. Il regime, tuttavia, non si era espresso sull'argomento, sollevando preoccupazioni sul fatto che le cose sarebbero andate diversamente sul campo». Proprio il 21 novembre, lo ricordiamo, la FIFA aveva annunciato che chiunque avesse indossato la fascia di capitano OneLove - come era stato promesso da molti, da Harry Kane dell'Inghilterra al capitano della Svizzera Granit Xhaka - sarebbe incorso in sanzioni sportive.

Il giornalista ha postato uno scatto su Twitter, direttamente dalla porta d'entrata allo stadio. «Una guardia mi ha strappato con la forza il telefono dalle mani. Sono rimasto lì per quasi mezz'ora. Una guardia di sicurezza mi ha quindi detto che la mia maglietta era "politica" e non consentita. Un'altra si rifiutava continuamente di restituirmi il telefono. Un'altra ancora mi urlava che dovevo togliermi la camicia. Ho risposto di no, aggiungendo che la mia t-shirt non era affatto politica». A quel punto, è passato un altro giornalista, Andrew Das, del New York Times. «L'ho informato di quello che stava succedendo. Hanno trattenuto anche lui». Infine, «le guardie mi hanno chiesto di mostrare il volto in favore della telecamera a circuito chiuso sopra di noi. Alla fine di tutto, hanno lasciato andare Andy. E poi un comandante della sicurezza si è avvicinato a me, si è scusato, mi ha stretto la mano e mi ha lasciato passare. Una delle guardie di sicurezza mi ha detto che stavano solo cercando di proteggermi dai fan all'interno che avrebbero potuto reagire a causa della t-shirt che indossavo». In seguito, Wahl ha ricevuto le scuse anche da parte della FIFA. Ma una domanda è rimasta: «Com'è la vita quotidiana dei qatarioti che vorremmo indossare una maglietta arcobaleno, quando gli occhi del mondo non sono puntati sul Paese?».

L'appello del fratello

Perché abbiamo raccontato questo episodio? Perché la tesi del malore, e del probabile attacco di cuore, non convincono il fratello del giornalista, Eric Wahl. Che, invece, vede un nesso tra la sua morte e quanto avvenuto il 21 novembre. E, ieri, ha lanciato un disperato appello online, mettendoci la faccia: «Mi chiamo Eric Wahl. Vivo a Seattle, Washington. Sono il fratello di Grant Wahl. Sono gay. Sono la ragione per cui ha indossato la maglia arcobaleno ai Mondiali. Mio fratello era sano. Mi ha detto di aver ricevuto minacce di morte. Non credo che mio fratello sia semplicemente morto. Credo sia stato ucciso. E chiedo solo aiuto». Un video postato su Instagram, in cui prosegue: «Stiamo ancora cercando di scoprire cosa è successo. È crollato allo stadio, ha ricevuto la rianimazione cardiopolmonare, è stato portato da Uber in ospedale ed è morto. Abbiamo appena parlato con il Dipartimento di Stato e Celine (Gounder, la moglie del giornalista, nota specialista in malattie infettive apparsa più volte in TV durante la pandemia e collaboratrice di CBS News per le notizie mediche, ndr.) ha parlato con Ron Klain e la Casa Bianca». Un messaggio disperato, che accende le luci su una tragica morte avvenuta lontano da casa. «Non credo che mio fratello sia morto, credo sia stato ucciso».

Nel frattempo, Sul Times di Londra, il corrispondente Josh Glancy ha sollevato un'altra questione: «In questo stadio all'avanguardia, da miliardi di dollari, che ha una suite VIP così sontuosa da includere una camera da letto, lo stadio che ospiterà la finale della Coppa del Mondo, perché non c'era un defibrillatore a portata di mano? Sono passati molti minuti e tutti continuavamo ad aspettarci che arrivasse. Ma non è mai successo».

Ieri, la FIFA ha lasciato un omaggio alla postazione da cui Grant Wahl avrebbe dovuto seguire Francia-Inghilterra. Un mazzo di gigli bianchi e una fotografia, incorniciata, scattata in Qatar. Circa 20 minuti prima dell'inizio della partita, la fotografia di Wahl è stata proiettata su maxischermo in due angoli dello stadio. L'annuncio sulla sua morte è stato seguito da un appaluso.

Il giornalista Joe Posnanski, sul suo blog, ha dedicato un lungo articolo al collega e amico: «Ci sono sei parole che vedrete ancora e ancora nei prossimi giorni, mentre molti di noi cercano di dare un senso all'insensato: He was the best of us (era il migliore di noi). Grant ha inveito contro così tante ingiustizie dentro e intorno a questo sport, ma niente di tutto ciò è sembrato mai smorzare il suo entusiasmo e il suo amore per il gioco. Voleva che gli americani amassero il calcio come lo amava lui ed era vivo in lui il desiderio di condividere lo sport con chiunque fosse anche solo leggermente interessato allo sport».

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