Lugano

Giovani che insegnano ai giovani

Siamo entrati in una classe della Scuola Penny Wirton, dove gli allievi del Liceo 1 danno lezioni d’italiano ai migranti
Fedro Fioravanti
19.10.2022 06:00

«Cosa ti piace di più di questa scuola?». «La maestra Viola». La risposta, immediata e semplice, suggerisce la presenza di amicizia e affetto. Anche su questo si basano le lezioni di italiano per giovani migranti che si tengono ogni mercoledì, da cinque anni, al Liceo 1. La chiamano Scuola Penny Wirton, viene organizzata in collaborazione con la Croce Rossa e in Ticino è presente ormai solo a Lugano, dopo che iniziative simili promosse a Locarno e a Chiasso non hanno trovato continuità. La particolarità sta nel fatto che gli insegnanti non sono professori formati, ma gli stessi allievi del liceo, che s’impegnano a titolo volontario. Gli unici docenti presenti, Sara Tognola e Annika Bough, hanno essenzialmente compiti di coordinamento e supervisione.

Un vociare fitto fitto

Quando entriamo in aula sono quasi le 15.30, l’orario d’inizio delle lezioni. Pian piano arrivano i ragazzi, che provengono dai centri di accoglienza di Cadro e Paradiso. Dopo uno scambio di saluti con i loro giovanissimi docenti, arriva in classe anche la professoressa Bough. Rispetto allo scorso anno, quando i partecipanti erano meno di una decina, la Penny Wirton ha avuto bisogno di un’aula in più. I migranti coinvolti sono una ventina: i più piccoli frequentano la prima media, mentre i più grandi sono già maggiorenni e seguono un percorso d’integrazione (un pre-tirocinio). Altrettanti sono i liceali, che dopo qualche attimo di stallo cominciano a lavorare in piccoli gruppi con i loro allievi. Così, da un silenzio generale dovuto forse a un po’ d’imbarazzo, si passa a un vociare fitto fitto. Nomi, pronomi, alfabeto, verbi, piccoli elementi di conversazione: qui ogni singolo frammento della lingua italiana viene analizzato e spiegato con attenzione. Se qualcuno alzasse la testa dai libri o dai fogli, vedrebbe solo altri volti concentrati. Non c’è la distrazione tipica di una classe «normale», come non ci sono voti o verifiche. Ognuno sta cercando di padroneggiare il suo piccolo e ostico argomento della lingua di Dante e ogni liceale docente lo segue, spiega, ripete. Non che manchi lo spazio per i sorrisi, per le battute e anche per qualche chiacchiera, che qui, comunque, si cerca di trasformare in uno strumento per apprendere ancora meglio.

Migliorano tutti

Ognuno, chiaramente, vive l’esperienza alla Penny Wirton in modo diverso. Ilya dall’Iran e Omid, Sami e Samandar dall’Afghanistan, ad esempio, riconoscono soprattutto l’importanza di imparare l’italiano. Ma c’è anche chi dice di preferire i momenti più giocosi, come Atif dall’Egitto, oppure chi apprezza le persone che incontra, come Marwa dalla Siria (l’allieva affezionata alla maestra Viola). Sono diversi anche i livelli:c’è chi impara l’italiano da zero e chi ormai può fare da interprete e tradurre dall’italiano al pashtu, al persiano o al turco, aiutando altri ragazzi. Anche le motivazioni di chi insegna cambiano da persona a persona: Samanta vorrebbe diventare docente e alla Penny Wirton può già fare esperienza, mentre Thea, convinta da un amico ad accettare questa sfida, confida di vivere una bella esperienza dando una mano a chi ne ha bisogno. Vittoria invece è stata convinta dalla professoressa Bough, mentre Elia ha cominciato per mettersi alla prova e dare un contributo al liceo. Entrambi, ora, continuano soprattutto perché «ci si affeziona ai ragazzi». Per Sofia, invece, questo progetto è un’occasione per entrare in contatto con persone culturalmente molto diverse e fare da «tramite» con il nostro mondo. Per chi impara, queste lezioni hanno probabilmente anche un sapore di futuro. Mohammad, che frequenta un pre-tirocinio d’integrazione a Trevano, vorrebbe diventare farmacista. Il liceo e lo studio sono nei piani anche di Cemre dalla Turchia e di Asrar dall’Afganistan, che un giorno vorrebbe essere un pilota d’aereo, mentre due vivaci amiche dichiarano quasi all’unisono di voler diventare dottoresse. Per nessuno di loro sarà facile, ma la voglia di provarci c’è. E l’apprendimento dell’italiano è un primo, obbligato passaggio.