Task force psicologica

Gli angeli custodi della nostra psiche durante la crisi del coronavirus

Hanno lavorato sotto traccia nella prima fase della pandemia, ora ci raccontano i retroscena di un aiuto costante con la hotline telefonica e gli incontri diretti
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Carlo Silini
05.05.2020 06:00

Durante la crisi non li abbiamo visti ma c’erano, eccome. I membri della Task Force psicologica Covid-19 hanno lavorato nell’ombra sulle conseguenze meno visibili della pandemia, come l’incredulità, le paure, lo stress e la rabbia della popolazione. Oggi hanno deciso di raccontarci cosa hanno fatto e cosa si preparano a fare. Le sfide sono tutt’altro che finite.

Non solo videochiamate

Occuparsi dei malati, preservare dal contagio i sani, soprattutto nelle fasce più a rischio della popolazione: sono state queste le priorità della prima fase dell’emergenza. Parallelamente, fuori dai riflettori, sono state gestite anche le emergenze psicologiche. Va chiarito che nelle scorse settimane gli studi di psicoterapia hanno continuato l’attività tramite videochiamate. Lo stesso è avvenuto per i servizi pubblici che hanno seguito le emergenze utilizzando gli stessi strumenti. Tuttavia, questo valeva per quanti erano già stati presi in carica prima della pandemia. E gli altri, tutte le persone che sono andate in difficoltà durante il contagio?

Sono stata chiamata in emergenza dalla collega Marina Lang che mi diceva che avremmo dovuto creare in poche ore un gruppo di lavoro per il sostegno psicologico alla popolazione.

Per loro è stato attivato un gruppo di comunicazione e riflessione denominato «Task Force psicologica Covid-19» che ha lavorato sottotraccia in accordo con lo Stato maggiore cantonale di condotta e con l’ufficio del medico cantonale. «C’è sempre stato qualcuno per aiutare quanti erano provati dal punto di vista psicologico», ci spiega Lorenzo Pezzoli, membro della Task Force, «anche se si è scelto un profilo discreto».

Gli inizi

Fanno parte della Task Force Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono, che rappresenta il DSS/OSC insieme a Stefano Barbero e Nicola Grignoli (psicologi OSC); il servizio di psicologia della Polizia Cantonale con Marina Lang e Raffaello Giussani che rappresentano lo Stato Maggiore di Condotta; il professor Lorenzo Pezzoli, responsabile dell’Unità di psicologia applicata della SUPSI e i due presidenti delle associazioni di Categoria Psicologi e Psichiatri: Nicholas Sacchi (ATP) e Dr. Paolo Bausch (STPP). Il gruppo, tuttavia è a conduzione femminile. Nasce nel momento in cui la capo equipe degli psicologi e psicoterapeuti dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono, viene attivata per creare il più in fretta possibile un sostegno psicologico per i sanitari e in generale per l’intera popolazione. «Sono stata chiamata in emergenza dalla collega Marina Lang che mi diceva che avremmo dovuto creare in poche ore un gruppo di lavoro per il sostegno psicologico alla popolazione. In poche ore abbiamo sottoposto alle rispettive Direzioni la nostra idea - un progetto nel quale coinvolgevamo anche la SUPSI, l’Associazione ticinese psicologi, la Società ticinese degli Psichiatri e l’Associazione Ticinese Psicoterapeuti . Sin da subito abbiamo cercato di ottimizzare le risorse e, dovendo garantire una tempistica d’intervento rapida, è diventato fondamentale creare sinergie anche con altri colleghi che non lavoravano nel pubblico e che si sono resi disponibili in forma di volontariato. Per fortuna, le associazioni di categoria si sono subito dette disponibili e mostrate solidali».

Marina Lang, Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono e Lorenzo Pezzoli.
Marina Lang, Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono e Lorenzo Pezzoli.

L’idea di partenza

L’idea di partenza era un aiuto al personale medico-sanitario, «ma ci siamo resi conto che all’inizio sarebbe stato poco praticabile perché i sanitari erano assorbiti dall’emergenza. Allora abbiamo spinto per estendere il sostengo alla popolazione. Così è nata la hotline telefonica (0800 144 144). Era il primo di aprile. In parallelo abbiamo promosso altre iniziative come i flyer informativi per la popolazione, per i genitori, per i docenti, per la gestione dell’elaborazione del lutto e dei gruppi di lavoro di persone specializzate in psicotraumatologia. Una parte della cellula si è inoltre occupata di dare sostegno ai sanitari delle case per anziani e degli istituti per l’handicap e sociali». Si è potuto contare anche sul Care Team Ticino che, temporaneamente sotto la conduzione della Task Force, ha offerto sostegno psicosociale ai familiari confrontati con la gestione dei decessi.

Le modalità di sostegno

All’inizio l’aiuto veniva dato sul piano individuale via Skype, «poi siamo passati anche al sostegno di gruppo in loco nelle strutture sanitarie e nelle case per anziani. Ci siamo spostati fisicamente dove c’era bisogno e continuiamo a farlo con le necessarie distanze e precauzioni».

Le chiamate in entrata sono prese a carico dai militi della protezione civile, che poi le smistano su un bacino di professionisti volontari attinti dalle associazioni di categoria Psicologi e Psichiatri

Marina Lang è la psicologa della Polizia cantonale. «Il mio ruolo all’interno dello SMCC, ci spiega, è di partecipare agli incontri delle cellule sanitarie. Partecipo alla riunione dello Stato maggiore, dove rappresento da un lato la Task Force e dall’altro il gruppo della Polizia che si occupa insieme al collega Raffaello Giussani di sostegno sul territorio nei corpi di polizia, nelle strutture carcerarie, tra i militi della protezione civile e le persone attive nella gestione delle salme».

Le chiamate allo 0800 144 144

Lo strumento principale grazie al quale la Task Force ha intercettato i bisogni psicologici della popolazione è la hotline telefonica. «C’è stata una ottima collaborazione con il 144», osserva Lang, «una linea già esistente a cui ci siamo appoggiati per non creare confusione nel cittadino istituendo un nuovo numero da chiamare. Le chiamate in entrata sono prese a carico dai militi della protezione civile, che poi le smistano su un bacino di professionisti volontari attinti dalle associazioni di categoria Psicologi e Psichiatri». Professionisti «che hanno dato disponibilità ad essere presenti su varie fasce orarie per una copertura dalle 7 alle 23. A un certo punto abbiamo avuto fino a un’ottantina di volontari». Una risposta importante e generosa da parte della categoria.

La casistica

Chi telefona - ci viene spiegato - ha un’età media di 56 anni. L’80% delle chiamate è arrivata dalla popolazione e il 20% dai settori sanitari. Sette chiamate su 10 vengono da donne. Le prese a carico hanno una durata fino a 30 minuti per il 60% dei casi e dai 30 minuti in su per il restante 40%. Le problematiche emerse si sono modificate nel corso del tempo. «Agli inizi dominava l’ansia: il timore di essere contagiati o di contagiare gli altri. Lentamente, nel corso delle settimane, si sono aggiunte le problematiche della chiusura: le frustrazioni, le tensioni, il patire i limiti, i disagi relazionati nei vari contesti di vita». Trovate alcuni esempi significativi dei disagi espressi dalla popolazione in questo articolo.

La gestione delle salme

Un caso particolare di assistenza riguarda l’intervento per sostenere militi della protezione civile, militari, agenti di polizia e personale civile chiamati ad allestire le aree e le operazioni di gestione delle salme. «Operatori», ci spiega Marina Lang, «che hanno prestato la loro professionalità nella fase post decesso e si sono trovate coinvolte nella dimensione dell’emergenza» (sopra: Uno scorcio sulle tombe del cimitero di Lugano. © CdT/Gabriele Putzu). Per loro c’è stato un sovraccarico pratico nella riorganizzazione dei processi di gestione delle salme, ma anche emotivo per l’esposizione a un numero di decessi giornalieri mai visto prima. «Siamo rimasti colpiti dal grande spirito di collegialità tra i vari addetti coinvolti. In particolare, ci è rimasta impressa la testimonianza di un collaboratore tecnico-amministrativo che si è prestato con grande spirito di squadra a dare il suo contributo concreto in un crematorio, dove il sovraccarico lavorativo ed emotivo era enorme. Il nostro intervento ha potuto intercettare un bisogno di accoglienza, riconoscimento e sfogo emotivo dei vari operatori che da giorni lavoravano incessantemente ed erano esposti al confronto con la morte in maniera soverchiante».

I messaggi da dare

Le telefonate raccolte e le testimonianze dal fronte hanno permesso «di orientare meglio il nostro intervento», osserva Pezzoli, «anche aprendo collaborazioni con la cellula di comunicazione di crisi e nella scelta dei messaggi da dare. Ci è stato chiesto di intervenire sulla stampa e stendere messaggi mirati. Le chiamate sono state un importante indicatore del termometro emotivo della popolazione». Le osservazioni della Task Force, ci dice Marina Lang, «sono sempre state prese in serissima considerazione prima di decisioni trasversali. Sono state considerate un po’ come il polso della situazione».

Ci aspettiamo un aumento delle prese in carico. Le conseguenze di questa pandemia le vedremo a breve-medio termine (3 -6 mesi)

Il punto della situazione

La gamma di sentimenti registrati sul «termometro emotivo», secondo Pezzoli è vasta. «Siamo partiti da una situazione di incredulità, all’inizio anche un po’ di banalizzazione (“è solo un’influenza”) e piano piano ci siamo resi conto che la situazione non era banale, ma implicava il confronto con le nostre paure e la rabbia perché questa situazione ci ha limitato. Abbiamo attraversato varie fasi (vedi articolo a sinistra)». Cosa dobbiamo aspettarci ora? Per Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono «nei prossimi mesi saremo esposti a sofferenze psicologiche che porteranno le persone a negoziare una nuova forma di adattamento e bilancio. Già si riscontrano difficoltà nel sonno, nell’alimentazione, ansia con attacchi di panico, vissuti depressivi, fobici, difficoltà nell’ambiente di lavoro e conflittualità relazionali».

La parte più difficile

La parte più difficile arriva adesso: «Ci aspettiamo un aumento delle prese in carico. Le conseguenze di questa pandemia le vedremo a breve-medio termine (3 -6 mesi), accoglieremo tutte le persone che fino ad oggi non si sono manifestate. Pensiamo alle questioni legate alle violenze famigliari o al tema delle malattie pregresse. Per esempio le depressioni, i disturbi del comportamento alimentare e le dipendenze». Perché in periodo di pandemia «chi ha tendenza ad essere dipendente lo è ancora di più e chi non lo è potrebbe diventarlo perché di solito si controlla, ma ora non ci riesce. Emergono tutte le fragilità e di conseguenza ci aspettiamo un aumento di una popolazione fragilizzata. Durante la crisi l’adrenalina aumenta la capacità di resilienza, che permette di affrontare la situazione, ma in un secondo momento dovremmo essere attenti a mettere parole per elaborare i vissuti, gestire le emozioni e per prevenire l’insorgenza di una sintomatologia post traumatica da stress».

La hotline cantonale per informazioni generali, sanitarie e psicologiche risponde allo 0800 144 144 tutti i giorni dalle 7.00 alle 22.00. Il supporto psicologico alla popolazione è raggiungibile anche per email: [email protected].