Il destino dell'Europa nelle mani di Trump

Sarà un Ferragosto di fuoco quello che vivranno Donald Trump e Vladimir Putin nell’atteso faccia a faccia in Alaska? Difficile dirlo considerata l’imprevedibilità del presidente statunitense e l’astuzia dell’uomo forte del Cremlino. Il primo ha già messo le mani avanti, facendo sapere che nell’incontro con il leader russo si limiterà ad un «esercizio di ascolto». Sul fronte opposto Putin ha già incassato dei punti a suo favore: è riuscito a far slittare le nuove sanzioni contro Mosca annunciate nelle scorse settimane dal tycoon e ha anche ottenuto l’esclusione di Zelensky e di esponenti dell’UE dai colloqui di Anchorage con il suo omologo statunitense.
Con queste premesse è chiara l’apprensione di Kiev e dell’UE per l’esito del vertice tra i leader di due Stati che da decenni cercano di espandere sempre più la loro influenza a livello mondiale, usando tutti i mezzi a loro disposizione. In effetti appare illusorio immaginare che Donald Trump si faccia in quattro per fare solo gli interessi di Ucraina ed Europa nel faccia a faccia con Putin. Ieri, dopo la videoconferenza organizzata dal cancelliere tedesco Friedrich Merz e alla quale hanno partecipato lo stesso presidente USA, il suo omologo ucraino e i principali leader europei, l’inquilino della Casa Bianca ha affermato di condividere la maggior parte delle considerazioni dei suoi alleati europei per quanto concerne le condizioni base di un cessate il fuoco in Ucraina.
Domani, tuttavia, Trump troverà di fronte a sé un interlocutore ostico che da anni esclude in modo assoluto un ritiro di Mosca dai territori occupati in Ucraina. La scarsa considerazione che il Cremlino mostra nei confronti della via negoziale per porre fine all’invasione dell’ex Repubblica sovietica è del resto confermata dall’intensificazione dei bombardamenti, anche su obiettivi civili ucraini, avviata da Mosca negli ultimi mesi. Putin dunque si dice pronto a negoziare, ma solo alle sue condizioni.
In un tale clima il presidente statunitense cosa potrebbe offrire a Mosca per ottenere delle concessioni sul fronte ucraino? I colloqui ad Anchorage tra i due leader politici, è stato anticipato, verteranno anche su altre questioni. Tuttavia non è dato sapere se Washington abbia altri argomenti, a parte nuove possibili sanzioni contro la Russia, in grado di spingere il Cremlino verso un cessate il fuoco in Ucraina. La cosa certa è che il tycoon vorrebbe giungere a una rapida soluzione del conflitto per mantenere una delle sue promesse elettorali.
Va però detto che la reazione negativa giunta ieri da Mosca al termine della videoconferenza fra Trump, i principali leader europei e Zelensky sembrerebbe indicare che il Cremlino non intenda cedere di un centimetro sulle sue condizioni per una pace con Kiev. Nel caso di una fumata nera al termine del vertice Trump-Putin per Kiev e per l’UE si aprirebbe un periodo di ulteriore incertezza. L’Ucraina si troverebbe nella condizione di chiedere maggiori aiuti militari soprattutto all’UE, visto che Washington non intende più sobbarcarsi i costi dell’appoggio all’esercito ucraino.
Per il Club dei Ventisette, confrontato con una situazione economica difficile, resa ancora più precaria dai dazi imposti dall’amministrazione Trump alle importazioni europee, sarà sempre più complicato convincere l’opinione pubblica europea ad accettare spese militari miliardarie, pure queste imposte da Trump agli alleati della NATO, a fronte di tagli nei settori sanitario e sociale i cui servizi in alcuni Paesi sono già oggi piuttosto carenti. Paradossalmente un’Europa piegata suo malgrado dal volere del presidente USA, oggi deve sperare che sia lui a toglierla dall’impaccio della guerra in Ucraina.