Il fantasma del blackout europeo e le conseguenze per la Svizzera
Ci sarà abbastanza energia il prossimo inverno? «Impossibile dirlo con certezza», commentava a inizio settimana il direttore dell’Ufficio federale dell’energia, Benoît Revaz, su Le Temps, mentre il consigliere federale Guy Parmelin, sull’Argauer Zeitung, metteva le mani in avanti: «La penuria energetica ci accompagnerà diversi anni». Nonostante il prezzo del gas sia diminuito, lo spettro della penuria energetica è dunque ancora presente. Del resto, faceva notare ancora Revaz, «la crisi è globale e la Svizzera, situata nel cuore dell’Europa, non fa eccezione. Non possiamo compensare in pochi mesi ciò che non è stato fatto per decenni». Ed è proprio in questo contesto energetico di grande incertezza - che vede la Svizzera inserita in un sistema di reti europee fortemente interconnesse - che si inserisce l’interrogazione parlamentare firmata dal deputato UDC, Piero Marchesi, intitolata «Un blackout elettrico in Germania si riprodurrebbe anche in Svizzera? Quali soluzioni?»

«Siamo pronti?»
«È una questione puramente tecnica», commenta al CdT il deputato democentrista. «Si tratta di capire cosa accadrebbe in Svizzera, qualora si verificasse un blackout, ossia un’interruzione improvvisa di energia elettrica, in un Paese vicino». L’obiettivo, precisa Marchesi, non è separare la Svizzera dalla rete elettrica europea. «Non vogliamo staccare la Svizzera dal contesto europeo, ma assicurare il nostro approvvigionamento in caso di estrema difficoltà». Per Marchesi si tratta, in primo luogo, di una questione pratica, i cui risvolti, tuttavia, hanno una chiara «valenza politica». «A livello federale stiamo mettendo in atto tutta una serie di misure di risparmio energetico per scongiurare un possibile blackout. Ma siamo sicuri che questo sforzo non venga vanificato da un’interruzione di corrente in un Paese vicino?». La rete elettrica svizzera è infatti parte essenziale della rete europea che fornisce elettricità a più di 530 milioni di persone in oltre 30 Paesi. Dalla Svizzera transitano 41 linee transfrontaliere che consentono di esportare o importare elettricità a seconda del momento e delle necessità. Notoriamente, nei mesi più caldi, la Svizzera esporta l’energia prodotta in esubero. Durante i mesi più freddi, invece, in corrispondenza di un calo della produzione idroelettrica, importa buona parte del suo fabbisogno elettrico. Di qui, appunto, l’interrogativo al centro dell’atto parlamentare di Marchesi. «Se cade la rete europea, o quella di un singolo Paese vicino, ipso facto, cadiamo anche noi? Oppure, siamo in grado di funzionare in modalità isola, ossia autonomamente? E, se sì, per quanto tempo?». In questi giorni il tema è rimbalzato sulla stampa federale, con l’implicito suggerimento che il Consiglio federale e Swissgrid, ossia la società che si occupa di regolare il funzionamento della rete nazionale, avrebbero sottovalutato la portata del quesito. «La mia impressione è che il Governo si sia limitato alla campagna di risparmio, tralasciando questo aspetto per il quale serve una verifica tecnica e una risposta sicura. Mi aspetto che il Consiglio federale risponda al più presto».
La posizione di Swissgrid
Tecnicamente si parla di «disaccoppiamento», ossia della possibilità di «staccarsi» dalla rete europea e funzionare in autonomia. Ma è possibile? «La rete e la sicurezza dell’approvvigionamento dei Paesi limitrofi dipendono l’una dall’altra», spiega al CdT Alessandro Cameroni, portavoce di Swissgrid. «La rete di trasmissione è europea, e non solo svizzera. È quindi necessario adottare misure adeguate per evitare che le interruzioni tecniche in una parte della rete si propaghino ad altre regioni con effetti a cascata. Se, ad esempio, si verifica una grave interruzione in Germania, l’intera rete europea ne risente». Di conseguenza, Swissgrid lavora a stretto contatto con i gestori dei sistemi di trasmissione europei. I gestori delle reti, spiega Cameroni, sono preparati ad affrontare le interruzioni. «Esistono procedure ben collaudate per minimizzare gli effetti dei disturbi del sistema e, in particolare, per compensare le grandi deviazioni di frequenza». In definitiva: se cade la rete in Germania, esistono procedure ben codificate per gestire l’emergenza, minimizzando per quanto possibile le ripercussioni che, comunque, non si possono escludere. «Ad ogni modo, la stretta interconnessione della rete svizzera con le 41 linee transfrontaliere è un fattore decisivo per l’approvvigionamento elettrico sicuro della Svizzera», osserva Cameroni. Quanto alla possibilità di un funzionamento temporaneo in isola, ossia che la Svizzera si stacchi dalla rete europea in caso di blackout, Cameroni è perentorio: «Un esercizio in isola metterebbe a rischio sia il funzionamento sicuro della rete, sia la sicurezza dell’approvvigionamento. Il legislatore ha tenuto conto dell’importanza dell’interconnessione con l’Europa nella legge sull’approvvigionamento elettrico». Del resto, fa notare ancora Cameroni, Swissgrid ha ricevuto l’esplicito mandato legale di garantire «una sufficiente interconnessione internazionale della rete» attraverso la cooperazione con i gestori europei. «Dal punto di vista tecnico - rincara Cameroni - un esercizio in isola della Svizzera non è tecnicamente possibile. Non si possono impedire completamente i flussi transfrontalieri, neppure attraverso l’uso di sfasatori utilizzati per controllare il flusso di carico. Inoltre - continua Cameroni - questi strumenti andrebbero installati su tutte le linee di confine. Questo sarebbe molto costoso e potrebbe richiedere 15-20 anni». Senza contare, conclude l’esperto, che non si potrebbero escludere misure di ritorsione da parte dei Paesi vicini. Misure che limiterebbero notevolmente i benefici. Ma - insistiamo - nel caso più estremo in cui la rete europea collassasse, la Svizzera è attrezzata per ricostruire la rete nazionale in modo autonomo? E per quanto tempo sarebbe in grado di funzionare? «Come a livello europeo, anche a livello svizzero esistono delle procedure per il ripristino della rete. Alcune centrali idroelettriche, in diverse regioni svizzere, tra cui anche il Ticino, sono predisposte per far ripartire la rete nazionale. Per la sicurezza dell’approvvigionamento è tuttavia necessario, a medio termine, riallacciarsi alla rete continentale», conclude Cameroni. La Svizzera insomma è attrezzata, ma i rischi legati al funzionamento in isola sono troppo elevati. Basterebbe un guasto a una centrale nazionale per produrre un abbassamento della frequenza, causando un’interruzione della rete. Il risultato sarebbe un blackout parziale o addirittura completo della rete.