Imposta di circolazione

Il Governo aggiusta la formula, gli iniziativisti annunciano battaglia

Il Consiglio di Stato differenzia la soglia relativa alle emissioni di CO2 per evitare disparità di trattamento – Ma l'introduzione di un coefficiente di moltiplicazione, voluto per rendere l'operazione «finanziariamente neutra» per lo Stato, genera malumori
©Gabriele Putzu
Martina Salvini
16.11.2022 20:50

Dopo la votazione che il 30 ottobre scorso ha decretato la vittoria degli iniziativisti, il lungo dibattito sull’imposta di circolazione sembrava chiuso. Mancavano giusto un paio di dettagli tecnici, si era detto all’indomani del voto popolare. Dettagli che spettava al Governo chiarire. Già. Ma ora che i tecnicismi sono stati chiariti, ecco il colpo di scena: la proposta del Consiglio di Stato non piace agli iniziativisti che, «infuriati» per l’incasso stimato di 87,5 milioni, annunciano battaglia in aula.

Due cicli diversi

Ma facciamo un passo indietro. Poco più di due settimane fa, con il 60,3% dei voti favorevoli è stata approvata in votazione popolare l’iniziativa targata Centro/PPD. La nuova formula di calcolo prevede una tassa base (di 120 franchi) a cui viene sommata una componente variabile calcolata sulle emissioni di CO₂. In sostanza, chi possiede un veicolo elettrico o poco inquinante - che non supera i 95 grammi di CO₂ al chilometro - pagherà solo un’imposta fissa di 120 franchi. Le altre vetture più inquinanti, pagheranno 120 franchi più un fattore che dipende dalle emissioni di CO₂. Fin da subito, però, è stato chiarito che era necessario sistemare la questione tecnica relativa ai valori di emissione. Il problema, in sintesi, sta nel fatto che nel 2018 è cambiato il metodo di misurazione delle emissioni di CO₂ dei veicoli. Il nuovo ciclo di misurazione - chiamato WLPT - è più aderente alla realtà e, di conseguenza, più stringente di quello vecchio (chiamato NEDC). Il risultato, però, è che un veicolo identico, targato prima e dopo il 2018, possiede due valori di emissioni differenti. E, paradossalmente, i nuovi veicoli - più recenti e quindi tendenzialmente meno inquinanti - riportano un valore di emissioni superiore a quelli vecchi. Un aspetto tecnico, sì, ma che ha ripercussioni a livello pratico, creando una disparità di trattamento tra gli automobilisti. Ecco perché, all’indomani della votazione, tutti - iniziativisti e Governo - si sono detti favorevoli all’idea di adattare le soglie relative alle emissioni, proprio per non penalizzare una parte degli automobilisti. Un compito, questo, che spettava al Consiglio di Stato. E proprio il Governo, oggi, ha presentato la sua proposta.

La soluzione proposta

«A fronte di due sistemi molto distanti tra loro (il NEDC e il WLPT, ndr.), abbiamo rilevato alcune criticità», ha premesso il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi. «La formula approvata in votazione crea infatti una disparità di trattamento verso chi possiede una vettura omologata secondo il ciclo WLTP». Per sistemare la questione, quindi, il Governo ha proposto di differenziare la formula di calcolo in base al ciclo di omologazione della vettura. In pratica, per le auto con ciclo di omologazione NEDC si terrà la soglia di 95 grammi di CO2 al chilometro, per le vetture che invece hanno il ciclo WLTP la soglia verrà portata a 118 g/Km. Per i veicoli che riportano entrambi i valori - NEDC e WLTP - occorre prendere il considerazione il valore nuovo, quindi il WLTP. E questo perché, è stato spiegato, «sta sostituendo il NEDC e diventerà il valore più diffuso; è il valore ufficiale adottato dalla Confederazione, ed è il più aderente alla realtà». Differenziando la formula in base al ciclo di omologazione, però, il gettito per le casse dello Stato diminuirebbe di 7,7 milioni di franchi. «E questo a fronte di una diminuzione già molto importante del gettito relativo all’imposta di circolazione, che da 106 milioni nel 2022 calerà il prossimo anno a 87,5. Insomma, una ventina di milioni in meno», ha spiegato Gobbi. Di conseguenza, affinché la differenziazione delle soglie «abbia un impatto finanziariamente neutro», il Governo ha proposto di applicare un coefficiente di moltiplicazione del gettito - di 1,127 - a tutti i veicoli. «Si tratta di una misura equa per tutti e l’impatto è proporzionale», ha detto il consigliere di Stato. Non solo. «Anche con l’applicazione del coefficiente - ha chiarito Gobbi - l’imposta di circolazione del 2023 continuerà a essere più bassa rispetto a quella pagata nel 2022 per la maggior parte degli automobilisti». L’obiettivo di una generale diminuzione dell’imposta di circolazione «non viene quindi intaccato», ha precisato. Ad esempio, per una Tesla Model Y (elettrica) si passerà dai 418 franchi di oggi ai 135,25 del 2023; una Skoda Karoq diesel scenderà dai 682 franchi attuali a 541, mentre un’Audi RS3 da 1.340 franchi a 896. «Si tratta di una riduzione del 50% per la Tesla, del 20% per la Skoda e del 30% per l’Audi», ha evidenziato il direttore del DI.

Iniziativisti scontenti

«Il nostro auspicio - ha concluso il consigliere di Stato - è che il Gran Consiglio riprenda interamente la proposta che abbiamo formulato». L’operazione, ha però chiarito Gobbi, «deve avere un impatto neutro dal profilo finanziario. Questo per noi è essenziale, sapendo peraltro le difficoltà che il Preventivo 2023 sta affrontando nel dibattito commissionale». E proprio qui sta il nocciolo della questione, perché secondo gli iniziativisti «il Consiglio di Stato, tradendo la volontà popolare, vuole in pratica aumentare del 13% le imposte di circolazione rispetto a quanto votato a fine ottobre dal popolo», dice il deputato del Centro/PPD Marco Passalia. Trattandosi di un decreto legislativo urgente, la proposta del Governo dovrà essere approvata a breve dal Gran Consiglio e rimarrà in vigore un anno, al termine del quale occorrerà modificare le legge in maniera definitiva. Il Centro/PPD, però, promette battaglia. «Saremo sulle barricate - annuncia Passalia - e presenteremo un rapporto che possa eliminare l’aumento del 13%, ossia il coefficiente di moltiplicazione voluto dall’Esecutivo. Confidiamo di poter avere l’appoggio non solo dei partiti che hanno sostenuto l’iniziativa (Lega e UDC, ndr) ma anche di tutti gli altri, visto che si tratta del rispetto dei diritti popolari».  

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