Il papà in banca e la mitica berretta Credit Suisse

Parliamo della banca, quel luogo blindato e sul quale fare pieno affidamento. L’espressione «sicuro, stabile e discreto come una banca elvetica» era qualcosa che ha sempre dato forza e carattere alla nostra nazione, che ci rende(va) orgogliosi, fieri e sicuri di essere in buone mani. La banca era considerata una istituzione nonostante il suo carattere privato, la si poteva assimilare alle ex regie federali, le allora mitiche PTT (Poste, telefoni e telegrafi) e le FFS. L’impressione è che in passato fondamentalmente poteva succedere di tutto, ma la banca era lì, parte integrante della nostra fierezza rossocrociata. D’altronde a chi di noi non è capitato di trovarsi lontano da casa, in un altro continente e, una volta dichiaratosi «svizzero» si sentiva rispondere parlando di soldi, istituti di credito, cioccolato, formaggio, il Cervino e magari anche del coltellino rosso con la croce bianca. Siamo una nazione minuscola e sprovvista di materie prime, ma che è stata il forziere (nel bene e nel male) di molti ricchi e potenti, onesti e disonesti. Il segreto bancario è stato a lungo il nostro fiore all’occhiello, ma poi quella stagione è definitivamente tramontata e ci siamo trovati con qualche problema. Ma, nonostante tutto questo, la banca è rimasta la banca, anche se sparlare della Svizzera era diventato uno sport intercontinentale molto gettonato: la Svizzera aveva fatto comodo a molti, dato fastidio ad altrettanti e suscitato invidia in moltissimi. La banca è stata per tutti noi e per il nostro Stato sociale il denominatore comune della ricchezza e del benessere comune.
Di duri colpi il nostro Paese ne ha già subiti parecchi, quello più devastante e umiliante dell’ultimo ventennio è senza ombra di dubbio il grounding di Swissair, una vicenda diversa rispetto a quella di Credit Suisse, ma nello stesso tempo maledettamente simile: allora mancava il cherosene per decollare, oggi mancano i mezzi finanziari per stare a galla nel mare tempestoso della finanza, reso più insidioso da chi ha trasformato il solido transatlantico che batteva bandiera CS in una fragile barchetta ad un niente dal naufragio. Non verrà inghiottita dalle onde, ma dal numero 1, UBS. Fino a domenica avevamo due (presunti) colossi, UBS e Credit Suisse, oggi il primo ha fatto un solo boccone del secondo facendosi forte dei miliardi dello Stato e sul tavolo rimangono interrogativi lancinanti sul futuro macro, ma soprattutto su quello in carne ed ossa: i dipendenti dei due istituti. Quello che è certo è che il CS sparirà e, senza farne una questione di vita o di morte, questo passo muterà il nostro rapporto con la banca.
Tocca alla banca riconquistare la nostra fiducia, confermarsi un approdo sicuro. Tale è stato per la generazione nata tra le due grandi guerre, in particolare per quei dipendenti che sono stati talvolta assunti come apprendisti e, dopo aver fatto la gavetta e anni di esperienza, seppur sprovvisti di titoli di studio altisonanti, si sono trovati a salire senza difficoltà la scala interna, anche giungendo al vertice. Carriere professionali oggi inimmaginabili, ma che rispondevano a un periodo di grande euforia e durante il quale sembrava tutto piuttosto facile. Tra i posti più sicuri c’era il blindatissimo «impiego pubblico», seguito da quello all’interno di un istituto di credito, negli anni di boom economico con la valuta che entrava a profusione. Ed era denaro contante, fisicamente misurabile, non ancora quello effimero determinato dal saliscendi di qualche quotazione o algoritmo: situazioni che, da un momento all’altro, hanno lasciato in braghe di tela più di uno speculatore, trovatosi in un batter d’occhio dalle stelle alle stalle. La malinconia della banca dell’epoca è senz’altro ancora più concreta se pensiamo ai posti di lavoro degli anni d’oro, e alle parole di quei compagni di classe che con orgoglio, quando ci si presentava alla maestra e ai compagni, affermavano: «Mio papà lavora in banca».
Ma, in fin dei conti, il tempo andato non conta più, ci abitueremo anche a dimenticare Credit Suisse e magari a considerare la Svizzera solo con l’acronimo UBS. In tutta questa triste e vergognosa vicenda c’è un piccolo grande oggetto che ci riporterà per sempre alla memoria CS. La mitica e ambita berretta di colore bianco-rosso-azzurro in lana con lo storico logo e gli acronimi SKA-CS. Brutta come poche, ma gettonata, divenuta oggetto di culto e destinata a vedere le sue quotazioni salire in maniera vertiginosa ora che CS non c’è più. È forse il colpo di coda di una triste storia con un piccolo, insignificante, ma simbolico happy end.

