Politica

Il PS perde la battaglia dei seggi, ma il ricorso è dietro l’angolo

Il Gran Consiglio ha stabilito la nuova ripartizione dei posti nelle commissioni parlamentari: i PLR mantiene cinque poltrone, mentre i socialisti ne perdono una e annunciano: «Andremo per le vie legali a tutela dei diritti democratici»
© CdT/Gabriele Putzu

C’è chi, come Omar Balli della Lega, l’ha definito «un gran casott». E c’è chi, come Pino Sergi dell’MPS, ha invece parlato di «nebbia». Al di là delle frasi colorite ma che comunque restituiscono fedelmente la difficoltà e i tecnicismi dell’argomento trattato dal Parlamento,  la battaglia per distribuire i posti in Commissione c’è stata. Non uno scontro frontale, visto che il tutto è rimasto entro i binari della correttezza, bensì di strategie e visioni diverse. Attenzione, spoiler: a spuntarla, dopo oltre due ore di dibattito, è stato il PLR seguito da vicino dal Centro. Mentre a rimetterci è stato il Partito socialista che – rispetto a quanto chiedeva davanti al plenum – ha perso un commissario. E, non a caso, ha già annunciato che passerà alle vie legali presentando un ricorso.

Come siamo arrivati fin qui?

Doveroso, a questo punto, riavvolgere il nastro per capire l’origine della battaglia – cominciata immediatamente dopo i risultati delle elezioni del 2 aprile e proseguita per un mese esatto – e il contenuto della stessa. Ebbene, sui banchi dell’aula c’erano due proposte di distribuzione dei posti: una dei Servizi del Gran Consiglio, con il Centro che avrebbe guadagnato un posto (da 3 a 4), l’UDC pure (da 1 a 2), il PLR sarebbe rimasto stabile (5) come i Verdi (1), mentre la Lega avrebbe perso un posto (da 4 a 3), così come il PS (da 3 a 2). Questa formula proponeva un quoziente pari a sei calcolato come segue: i 90 seggi del plenum divisi per il numero dei seggi nelle Commissioni (17), il cui risultato (5,29) è stato arrotondato per eccesso al numero intero superiore. La seconda proposta era arrivata dopo il reclamo dei socialisti. L’Ufficio presidenziale aveva deciso di mettere al voto del Parlamento anche una seconda opzione, con un quoziente non arrotondato per eccesso (5,29). Questa formula avrebbe garantito tre seggi al PS, togliendone uno al PLR rispetto alla proposta dei Servizi.

 Tutto finito? No, perché la telenovela è proseguita con due emendamenti. Uno del PS, che proponeva di calcolare il quoziente in maniera diversa: non dividendo i seggi del Parlamento (90) per i seggi delle Commissioni (17), ma dividendo la somma dei voti ottenuti alle elezioni dei partiti che fanno gruppo (PLR, Centro, Lega, PS, UDC e Verdi) per il numero dei seggi delle commissioni. Con questo calcolo, a perdere un seggio rispetto alla proposta originale dei Servizi sarebbe stato il Centro. Il secondo emendamento era invece del PLR, che proponeva di permettere al plenum di esprimersi su tutte e tre le varianti, e non unicamente sulle due proposte formulate dai Servizi e dall’UP.

Punti di vista

«Il nostro partito intende applicare la legge», le parole di Alessandra Gianella, capogruppo PLR. Dunque, appoggerà la proposta originale dei Servizi. «Trovo ingiusto e scorretto arrivare a parlare di ingordigia dell’area liberista. Ma siamo seri? Conosciamo tutti molto bene il lavoro nelle Commissioni e l’importanza di avere un deputato in più o in meno. Nessuno di noi vorrebbe essere qui a litigare». Ma, ha aggiunto, «difendo l’interpretazione letterale della legge». «Siamo in uno Stato di diritto, ci sono delle leggi, eppure possono esserci delle interpretazioni», ha da parte sua sottolineato Maurizio Agustoni, capogruppo del Centro. «Non sosterremo gli emendamenti, perché contrari a quanto si fa da 40 anni a questa parte. Dobbiamo fidarci di quello che dicono i Servizi. Non trovo corretto che l’UP o altri organi politici sostituiscano valutazioni di natura tecnica e giuridica con valutazioni politiche». «Ognuno sta cercando di tirare l’acqua al proprio mulino», ha quindi commentato Boris Bignasca (Lega). «È comprensibile. Tuttavia, il nostro gruppo non è toccato dalla bega delle cadreghe, quindi ci asterremo da tutte le proposte». Secondo Ivo Durisch (PS), «l’obiettivo è quello rappresentare al meglio il sistema proporzionale – un principio sancito nella Costituzione – anche per i seggi in commissione». Inoltre, «nel corso dei decenni i partiti rappresentati in Parlamento sono aumentati a dismisura, e questo stravolge il principio proporzionale della distribuzione dei seggi». Ecco perché «la legge è chiara: bisogna partire dai voti e e non da altre interpretazioni». Sergio Morisoli (UDC), ha invece evocato «la fragilità del nostro sistema democratico, messe in luce da questa discussione». Ad ogni modo, per il capogruppo «ai cittadini interessa che l’ingranaggio funzioni: bisogna relativizzare l’importanza dei posti in Commissione. Bocceremo dunque la proposta dell’UP». «Faccio fatica a vedere tutta questa chiarezza nella proposta avanzata dai Servizi», ha invece spiegato Marco Noi (Verdi). «Sosterremo gli emendamenti e voteremo a favore della proposta che tiene conto dei voti».

Nelle altre dichiarazioni di voto, l’ex socialista Amalia Mirante (Avanti) ha abbracciato la proposta dei Servizi («sosterremo solo quanto prescrive la legge»), così come HelvEthica. L’MPS si è invece astenuto dal voto («i problemi che deve risolvere il Parlamento non sono questi», ha tagliato corto Sergi) , mentre i Comunisti hanno difeso la posizione del PS, così come Più Donne («l’arrotondamento a 6 non rispecchia la volontà del legislatore», ha detto Tamara Merlo). I Verdi Liberali hanno sostenuto tutte le proposte sul tavolo, auspicando però che la questione venga definitivamente chiarita dai tribunali o da un’iniziativa parlamentare.    

L’ago della bilancia

Nella votazione sugli emendamenti, l’ha spuntata chiaramente quello del PLR. Si è dunque andati a votare tutte le proposte con il sistema del voto eventuale (l’opzione con più voti vince, mentre viene scartata quella che ottiene meno preferenze). Nel duello finale sono giunte la proposta originale dei Servizi e la prima del PS. A spuntarla, dopo una riunione di gruppo chiesta dal Centro – vero e proprio ago della bilancia – per decidere il da farsi, è stata proprio l’opzione originale dei Servizi «grazie» all’astensione in blocco del partito di Fiorenzo Dadò. Riassumendo: nelle Commissioni ci saranno 5 membri del PLR, 4 del Centro, 3 della Lega, 2 del PS, 2 dell’UDC e uno dei Verdi. 

Ma non è finita qui. Come visto, i socialisti faranno ricorso. «Abbiamo cercato di garantire la proporzionalità all’interno delle Commissioni», ha spiegato Durisch. «La soluzione votata non garantisce questo principio. E quindi, a tutela dei diritti democratici, faremo ricorso, anche perché ci attende una legislatura difficile».

Un concreto segnale d’apertura per i piccoli partiti

Sempre in tema di Commissioni parlamentari, oggi pomeriggio la lunga discussione in aula ha riservato pure un’altra parziale sorpresa: un’apertura da parte dei partiti che fanno gruppo nei confronti dei «partitini».

Come previsto dall’articolo 29 capoverso 2 della Legge sul Gran Consiglio, infatti, il Legislativo ha la possibilità «di assegnare in una o più Commissioni tematiche o speciali un seggio supplementare a deputati non appartenenti a un gruppo parlamentare».

Una possibilità che, a questo giro, il Gran Consiglio grande maggioranza ha deciso di accordare ai «piccoli», che normalmente non siedono nelle Commissioni, lanciando così un concreto segnale d’apertura anche alla luce della maggior frammentazione nel plenum. Dalle elezioni cantonali del 2 aprile, infatti, è uscito un Gran Consiglio in cui sono rappresentate ben 12 formazioni politiche.

Concretamente, dunque, è stato deciso di assegnare un seggio in più (il 18.esimo) nelle quattro commissioni tematiche del Parlamento.

Nello specifico, tramite scrutinio segreto il plenum ha eletto Tamara Merlo (Più Donne) nella Commissione sanità e sicurezza sociale; Amalia Mirante (Avanti con Ticino & Lavoro) nella Commissione economia e lavoro; Massimiliano Ay (Partito comunista) nella Commissione formazione e cultura e Massimo Mobiglia (Verdi liberali) nella Commissione ambiente, territorio ed energia.

Sono rimasti esclusi, per contro, i deputati di HelvEthica Ticino e del Movimento per il socialismo (MPS) che si erano candidati per entrare in una delle Commissioni tematiche.

A sostenere tale apertura nei confronti dei partiti che non fanno gruppo sono stati praticamente tutti i partiti tranne l’UDC, mentre la Lega dei ticinesi si è astenuta.