L'analisi

Il punto di vista dell'America sulla guerra di Vladimir Putin

Da quando Mosca ha attaccato l'Ucraina, qualcosa è cambiato nell'opinione pubblica e nel mondo politico degli Stati Uniti - I cittadini sembrano aver accettato il previsto rincaro di benzina e materie prime ma la recente visita in Europa ha fatto perdere consensi a Biden
Davide Mamone
04.04.2022 06:00

E se l’invasione russa in Ucraina avesse fatto il miracolo di unire un’America mai, almeno nella sua storia recente, così divisa? Da quando Vladimir Putin ha lanciato la propria offensiva contro Kiev, massacrando centinaia di civili e distruggendo le città ucraine, nell’opinione pubblica e nel mondo della politica statunitensi qualcosa è cambiato. Il Senato si è seduto attorno a un tavolo e ha legiferato come non faceva da tempo. Democratici e repubblicani si sono ritrovati in piedi, fianco a fianco, ad applaudire Joe Biden durante il discorso sullo stato dell’Unione del 1. marzo, mentre il presidente annunciava nuove sanzioni ai danni degli oligarchi russi. E il popolo americano, tendenzialmente allergico a ogni genere di aumento su benzina, bollette e materie prime, sembra aver accettato, per una volta, che il costo della vita possa diventare più salato.

I sondaggi non premiano Joe
«Difendere la democrazia ha un costo». È stato questo il mantra della Casa Bianca, il messaggio che sia il presidente Biden che la vice Kamala Harris hanno ripetuto in tutti i discorsi pubblici dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Il taglio delle forniture russe di gas e petrolio da parte degli Stati Uniti, e la sospensione delle attività imprenditoriali da parte delle multinazionali americane in Russia hanno provocato un’ondata di rincari in tutto il Paese. Ma quel mantra ha funzionato: Biden, in crisi nei sondaggi da agosto, ha visto un piccolo «bump», come lo definiscono a Washington, una spinta in su nelle rilevazioni: secondo NPR/PBS NewsHour/Marist Poll, l’indice di approvazione era balzato al 47% a inizio marzo, mai così in alto da mesi. La luna di miele, però, è durata poco. Secondo un nuovo sondaggio NBC News, domenica scorsa appena il 40% approvava l’operato del presidente Biden. Il motivo? Forse legato al suo viaggio in Europa. Invece di solidificare il proprio operato, Biden ha aggiunto confusione, condividendo posizioni diverse da quelle del suo entourage, tra cui la celebre frase «Putin non può più stare al potere», facendo credere che la Casa Bianca cercasse un cambio di regime a Mosca che in realtà non sembra essere nei piani di Washington.

E i cittadini americani?
Il popolo americano è un popolo cocciuto, rivoluzionario, spesso in cerca di un avversario contro cui unirsi per fare squadra. Quando Putin ha dato il via al massacro di Mariupol e di decine altre città d’Ucraina, molte comunità d’America hanno reagito. Da una parte si sono racchiuse in un caloroso abbraccio attorno alle minoranze ucraine che vivono in varie parti d’America e che negli USA ci sono arrivati da immigrati o rifugiati dagli anni ’70 in poi. Dall’altra hanno trovato l’avversario spesso cercato. Anzi, in questo caso ritrovato: Vladimir Putin. Se nel 2016, il 22% degli americani (incluso il 37% dei repubblicani) vedeva Putin di buon occhio, i bombardamenti contro i civili a opera dell’esercito russo in Ucraina hanno strapazzato i valori percentuali. Un sondaggio del Wall Street Journal dell’11 marzo, ad esempio, ha evidenziato che il 90% degli americani ha ora una visione non favorevole di Putin, con appena il 4% favorevole. Un cambio di passo che ha peraltro messo in difficoltà l’ala più fedele a Donald Trump, che di Putin non è mai stato avversario e la cui corrente rappresenta ancora oggi la maggioranza all’interno del partito repubblicano.

A fine febbraio, a invasione appena iniziata, l’ex presidente definì Putin un genio (Biden ha definito il capo del Cremlino «un macellaio»). Martedì lo ha persino invocato, chiedendogli in un’intervista TV di pubblicare «documenti compromettenti su Hunter Biden» di cui la Russia sarebbe in possesso, lasciando molti dei rappresentanti a lui fedeli in Congresso di fronte a un bivio.

Cosa succede al Congresso
Già, il Congresso. Per capire come la crisi ucraina abbia riavvicinato democratici e repubblicani, basta menzionare due esempi. Da una parte i democratici che hanno chiesto scusa, in questi giorni, al repubblicano Mitt Romney, l’ex candidato presidente che venne ridicolizzato da Barack Obama, durante la campagna elettorale del 2012, per essere «fuori dai tempi» e per aver detto di considerare il Cremlino prima minaccia alla sicurezza nazionale USA. Dall’altra, c’è Victoria Spartz. Il nome smuove poco, forse, ma la sua storia dice tutto. Deputata repubblicana di uno Stato conservatore, l’Indiana, nata in Ucraina e immigrata negli Stati Uniti nel 2000, Spartz ha applaudito Biden nel discorso dello Stato dell’Unione, una dei tanti colleghi della sua fazione a farlo. Le critiche più rilevanti all’amministrazione dem sono arrivate solo perché Biden, a suo dire, avrebbe potuto fare un pochino di più. «Questo è un genocidio del popolo ucraino», ha detto in un discorso, quasi in lacrime, alla Camera lo scorso 2 marzo.

C’era anche il voto favorevole di Spartz sul mega-pacchetto di spesa approvato dal Congresso in tempi-record a inizio marzo, che ha evitato lo shutdown governativo fino a settembre e dedicato più di 13,6 miliardi alla gestione della crisi ucraina. In Senato quella manovra finanziaria è stata votata con 68 Sì e 31 No: una maggioranza rara da vedere in America, tutta made in Putin.  

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