L'opinione

«Il raddoppio del San Gottardo? Un vero toccasana, ma ora serve coraggio»

Mauro Chinotti è stato sindaco di Airolo per 28 anni e riconosce una regione in difficoltà – Michele Beffa, CEO di Tenconi, parla dei vantaggi delle ditte della regione
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Paolo Galli
16.01.2024 06:00

Mauro Chinotti è stato sindaco di Airolo per quasi trent’anni (28, per la precisione). Ha vissuto da vicino molti fatti relativi al tunnel del San Gottardo, compresa la tragedia del 2001. È stato tunnel manager e ha a cuore, come pochi altri, la sicurezza del traffico e la salute della regione. «Sono ad Airolo dal 1971, partecipai alla direzione lavori per la galleria autostradale del San Gottardo». La prima, come sottolinea. «Ho visto quindi il cantiere di allora e, ora, osservo quello di oggi, che arriva dopo quello di AlpTransit. Gli approcci sono molto diversi. Negli anni Settanta c’erano 400-500 operai che lavoravano a questo traforo e che vivevano la vita del paese. Alcuni si sono poi sposati ad Airolo e qui hanno messo su famiglia. C’era un autentico coinvolgimento nella comunità». Ora non è più così, secondo Chinotti. «Le premesse sono diverse. Gli operai arrivano, lavorano qui per alcuni giorni, tornano a casa e poi, semmai, ritornano per altri periodi di lavoro. C’è meno coinvolgimento. Se penso alle feste di carnevale di allora, ricordo le sale stracolme di gente. Non sarà più così, non lo è stato neppure per AlpTransit».

«Abituati ai sacrifici»

Detto questo, la presenza delle attuali e future maestranze legate al nuovo cantiere, al nuovo tunnel, è comunque da osservare con ottimismo. Lo stesso ex sindaco di Airolo lo riconosce. «Eccome. Nella regione si stanno concentrando grandi investimenti, che offrono una possibilità di un ritorno importante per molte realtà, anche per gli artigiani, per le piccole imprese. Oggi come oggi, tutti possono accedere a questi cantieri, tutti possono trovare modo di collaborare, con subappalti, offrendo un sostegno, un aiuto alle imprese, per risolvere quei problemi che quotidianamente possono emergere da un’opera come questa. Per l’economia in generale è un bel toccasana. Anche per la cittadinanza, anche se in questo momento sembra prevalere altro». Chinotti si riferisce «al disturbo, alla polvere, al rumore, alla concentrazione di cantieri». Ma aggiunge: «La comunità leventinese, in particolare quella airolese, è abituata da decenni a questo genere di sacrifici, ma è pure abituata a guardare avanti. A nord sento che ci sono forti contrasti con la popolazione, per questo stesso genere di problemi, ma in Leventina la presenza dei cantieri è sempre vissuta con dignità, e il sacrificio è suddiviso tra tutti. Tutti percepiscono l’importanza di questi lavori».

«Fare qualcosa su quel tetto»

Questi sono gli aspetti positivi di una valle che si prepara ad accogliere il grosso dei lavori. Ma lo stesso Chinotti sa che la predisposizione non è abbastanza. Bisogna andare oltre, specie guardando al futuro della regione. «È così, tutta l’economia dell’alta valle deve darsi una mossa, ma deve farlo ora. Occorre il coraggio, oggi, per guardare avanti, oltre i lavori. In questo momento, abbiamo la presenza di imprese, operai, ingegneri, che arrivano da tutto il mondo per vedere il cantiere. Ma dobbiamo saper cogliere l’opportunità di queste presenze, traducendole in investimenti puntuali sul futuro. Altrimenti, il rischio è di tornare, nel giro di pochi anni, a lavori conclusi, a essere emarginati. Le premesse, è sicuro, non sono incoraggianti, se pensiamo a un’economia che fatica a girare, alle guerre che ci circondano, a un turismo in difficoltà, compreso quello invernale a causa della mancanza di neve». Ma nonostante questo, sottolinea ancora l’ex sindaco di Airolo, occorre coraggio, «occorrono segnali». Segnali che già intravede. «C’è già chi guarda avanti, ma bisogna fare di più. Nel nucleo dobbiamo mettere mano ai vecchi edifici, per esempio. E non possiamo sempre aspettare l’ente pubblico o singoli alla Artioli o alla Sawiris. È una sfida che dobbiamo cogliere dal basso. Pensiamo alla copertura dell’autostrada: una vittoria per tutta la comunità, ma poi dovremo essere bravi a costruire qualcosa su quel tetto, qualcosa che rimanga. Un esempio? Un centro wellness. Dobbiamo fare in modo di trattenere in valle i turisti, perché non bastano più una sciata e una partita di hockey». Insomma, secondo Chinotti bisogna puntare a «un futuro più umano e ambientale, al di là dei campanili, rimanendo uniti, forti, con uno stesso ideale».

«Ci sono grandi aspettative»

Nello studio presentato ieri, si fa cenno al coinvolgimento di aziende della regione. Viene citata, in particolare, la Tenconi. Si sottolinea il suo ruolo di «player chiave nella meccanica». Ma il suo esempio viene fatto per sottolineare come il coinvolgimento sia possibile, ma non certo. Chiediamo a Michele Beffa, CEO di Tenconi, quali siano le aspettative. «Be’, c’è l’aspettativa di ricadute economiche sulle ditte della regione. Alcune stanno già approfittando di commissioni relative al trasporto, alle costruzioni, al genio civile. Noi, come metalcostruttori, copriamo una nicchia di mercato che potrebbe essere utile nei lavori di raddoppio. Abbiamo d’altronde già cominciato a lavorare con la Marti Tunnel per lavori di carpenteria metallica. Noi abbiamo le competenze, per fare un esempio, per predisporre le strutture portanti in acciaio per i cantieri». I grossi consorzi hanno spesso fornitori internazionali, «ma ci aspettiamo che alcuni dei lavori possano essere concessi alle aziende locali, con un minimo di sovrapprezzo. Il nostro vantaggio è che siamo presenti, qui a due passi dal cantiere, ed è un vantaggio che dovrebbe essere apprezzato anche dalle imprese che lavorano al traforo». Nel rapporto si cita il precedente di AlpTransit, quindi l’esperienza già vissuta da Tenconi. «Un’esperienza positiva», sottolinea Beffa. Allora la ditta si era occupata della manutenzione dei dischi della TBM. «Una bella cifra d’affari. Un appalto grosso. In questo caso non si è ripresentata la stessa opportunità», anche perché il sistema di trasporto del materiale è diverso rispetto a quello per AlpTransit. «Ma speriamo di poter fornire altre prestazioni». A Michele Beffa chiediamo anche che cosa resti, dopo grandi opere e collaborazioni come queste. «Una volta finito il lavoro, non resta nulla, di fatto. Ciò che resta, semmai, sono i rapporti, sono le referenze, che sono importantissime per noi. Dopo opere simili, restano le evidenze di lavori eseguiti con grossi partner. Sono legami fondamentali, che restano nel tempo, anche al di là della parentesi del singolo lavoro». E aggiunge un fattore. «Dopo questi lavori, avremo un fondovalle coperto, un enorme giardino. Sarà bello averlo».

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