Il raddoppio del San Gottardo? «Il cantiere è un'opportunità per la regione»

Sessantasei pagine. Il raddoppio del tunnel autostradale del San Gottardo raccontato in sessantasei pagine, tra presente e futuro, tra necessità quindi e potenziale economico. Perché una grande opera - dovremmo saperlo ormai, noi e la nostra terra di passaggio, una terra di mezzo, di strade e autostrade e binari e gallerie - porta con sé, inevitabilmente, una serie di opportunità, anche (se non soprattutto) di collocamento. Ed è quindi il caso di prepararsi a coglierle, almeno quando si presentano. Un po’ come fatto con AlpTransit. È la raccomandazione che emerge dallo studio finalizzato proprio all’analisi delle opportunità di collocamento e dei bisogni formativi generati dalla realizzazione del raddoppio, realizzato dalla fondazione ECAP - attraverso il team coordinato da Furio Bednarz - e presentato stasera ad Airolo. Non è un caso se l’ente è lo stesso che si occupò dello studio preliminare relativo ad AlpTransit. Molti sono, in questo senso, i punti in comune tra le due opere, ripercussioni comprese.
Tutti i lavori coinvolti
Lo scavo vero e proprio, in questo caso, durerà tre anni e mezzo, a partire dalla fine del 2024. Seguirà il risanamento dell’attuale galleria, per il quale si stimano necessari dai tre ai quattro anni di lavori. In tutto, si calcola che, per almeno una quindicina d’anni, «il territorio della Leventina e, in particolare, il comprensorio di Airolo, oltre a quello di Göschenen a nord delle Alpi - come leggiamo nel rapporto -, saranno interessati da lavori destinati ad avere impatti significativi sia a livello economico locale nella fase di costruzione, sia poi a livello di traffico nazionale e internazionale e indotto locale nella fase di esercizio». In tutti i casi, lo studio si occupa principalmente di ciò che concerne il collocamento, perché il fabbisogno di manodopera riguarderà una grande varietà di professionisti. Operatori qualificati di genio civile, ma non solo. Basti pensare alla sicura attivazione di lavori nel campo dell’alloggio e della ristorazione, così «come nel campo dei lavori ausiliari di controllo e gestione degli accessi e del traffico di cantiere». Queste prospettive dovrebbero anche consentire, alla popolazione locale, quindi ai leventinesi, di vivere con trasparenza e «consenso» - si parla di consenso anche perché lo scopo dell’opera, in fondo, porta con sé alcune controversie, quelle emerse in particolare nell’avvicinamento alla votazione del febbraio 2016 - la realizzazione dello scavo.
La crisi demografica
L’opera coinvolgerà un’area, quella della Leventina - e più in generale delle valli -, che vive una situazione alquanto delicata. Le difficoltà a livello demografico sono ben descritte nello studio, che prende in considerazione i quattro distretti del Sopraceneri e che si concentra poi sul bacino di Faido, il quale appare caratterizzato da alcuni fenomeni: «più forte declino demografico», un «ridimensionamento dell’occupazione in assenza di una strategia di sviluppo locale ben definita» e «la più bassa densità in assoluto di posti di lavoro per cento abitanti». E viene quindi sottolineato: «L’evoluzione della disoccupazione si ricollega a una tendenza più generale allo spopolamento e al declino economico dei territori montani, e fornisce ulteriore testimonianza di come si stia assistendo a un fenomeno di involuzione negativa delle risorse locali». Un quadro insomma non idilliaco. Il rilancio è complesso. Il raddoppio della galleria autostradale è quindi, sì, una chiara opportunità.
Fabbisogno ingente
Anche perché il fabbisogno di manodopera sarà ingente. La stima dell’impiego complessivo generato dal cantiere è stata effettuata da USTRA sulla base della pianificazione dei lavori. Il picco verrà verosimilmente raggiunto tra il 2024 - ci siamo - e il 2026, con uno slittamento di circa sei mesi rispetto al piano originario, «e una forza lavoro impegnata sui due versanti di 450/500 persone, suddivise in quote più o meno uguali tra fronte nord e sud. Nel comprensorio di Airolo l’impiego potrebbe tuttavia essere maggiore, in relazione alla possibile assegnazione da parte delle imprese consorziate di appalti a imprese locali». Nello studio è stato citato, in qualità di esperto in tunnelling, anche Daniele Peila, docente al Politecnico di Torino. Osserva: «Le aziende scontano difficoltà nel reperire sul mercato il personale qualificato da inserire in squadre di avanzamento meccanico». Il segmento è ipertecnico ed estremamente ingegnerizzato, e richiede quindi che le maestranze posseggano «qualifiche e addestramenti molto speciali». Qualifiche che non sono facilmente intercettabili sul mercato. Basti pensare ai piloti delle cosiddette talpe meccaniche, le TBM (Tunnel Boring Machine). Le imprese - già in contatto, intanto, con gli URC - hanno ribadito «la volontà di rivolgersi prioritariamente al mercato locale del lavoro per completare gli organici, potendo contare su misure di sostegno all’inserimento e di formazione al ruolo delle persone da inserire». Qui entra in gioco il Cantone.
Le possibilità formative
Leggiamo: «Sono state immaginate prime ipotesi per la messa in atto di un dispositivo formativo di accompagnamento al cantiere, finalizzato ad adeguare le professionalità del personale occupato e a inserire nuove figure ove necessario, dando risposta alle persone in cerca di impiego». Le possibilità citate, in questo senso, appaiono molte e diversificate. Si parla di «attivare formazioni e moduli ad hoc negli ambiti in cui emerge una domanda puntuale di competenze legata al cantiere», ma anche di «attivare, ove possibile, percorsi di qualificazione degli occupati, che in molti casi operano in impresa con mansioni generiche, ma potrebbero avviare un percorso nei settori della meccanica, elettromeccanica, elettricità, impiantistica o anche nel genio civile, consolidando le loro competenze». Non ci si ferma qui, con le possibilità citate. Il documento prosegue: «Individuare gli spazi per inserimenti di persone in cerca di impiego, attivando anche percorsi individualizzati di formazione e inserimento lavorativo sostenuti con fondi LADI». E infine: «Immaginare la formazione di classi specifiche per la qualificazione degli adulti negli ambiti a maggior richiesta di manodopera». Gli interventi citati richiedono però l’impegno congiunto del Cantone, quindi della Divisione della formazione professionale, certo, ma anche delle organizzazioni del mondo del lavoro.
L’esempio di AlpTransit
Abbiamo inizialmente citato l’esempio positivo di AlpTransit. Ecco, è il caso di ricordare come, allora, il territorio riuscì a offrire risorse umane e imprenditoriali che si integrarono con quelle messe a disposizione dalle aziende appaltatrici. Un modello vincente che, oggi, si vuole ripetere, partendo proprio da formazione e collocamento, per rispondere alle esigenze articolate prodotte dal cantiere. Nel rapporto si parla di AlpTransit come di «un grande, naturale laboratorio di innovazione nell’esercizio di politiche attive dell’impiego e della formazione». Visto il punto di partenza, alquanto cupo, con l’economia della valle in ginocchio, ripetere quell’esperienza, guardando anche più in là, sembra doveroso.