Il ritorno di Mai dire Gol e degli anni Novanta
Poche trasmissioni televisive sono rimaste nella memoria come Mai dire Gol, che nel 2023 dopo 22 anni di rimpianti, citazioni e frammenti da YouTube tornerà sulle reti Mediaset con qualcuno dei suoi vecchi protagonisti, ed ovviamente la Gialappa’s Band a tirare i fili di tutto. Ma cosa ci si può aspettare da questa ennesima operazione nostalgia della televisione italiana?
Berlusconi
L’annuncio è stato dato da Pier Silvio Berlusconi, l’amministratore delegato di Mediaset, che ha l’età giusta (è nato nel 1969) per essere stato telespettatore di una trasmissione non particolarmente apprezzata da suo padre Silvio, amante del varietà tradizionale con il presentatore e tutto il resto. Mai dire Gol tornerà nella prossima primavera: non più su Italia 1 come ai bei tempi ma su Canale 5, non più in seconda serata ma in prima (per quanto la prima serata di oggi inizi alle 21.30), non più guardando alla strettissima attualità ma al passato. Saranno infatti quattro trasmissioni di revival ed autocelebrative, con tutti i comici dell’epoca che dopo trent’anni sono ancora in pista. Se il pubblico apprezzerà, questa l’idea di Berlusconi, allora mantenendo quello spirito verrà proposto un Mai dire Gol per così dire nuovo, anche se evidentemente non potrà mai più essere una trasmissione di culto e meno che mai essere centrata sul calcio come ai suoi inizi, nel 1990.
Anime
La trasmissione nacque come versione televisiva di ciò che la Gialappa’s Band (Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci) aveva fatto su Radio Popolare, radio milanese con un pubblico di sinistra, e poi su radio nazionali, ed aveva avuto una sorta di prova generale con Mai dire Mundial, in occasione dei Mondiali del 1990 in Italia, in cui venivano proposte telecronache dissacranti di vecchie partite. Su Italia 1 il Mai dire Gol che in tanti ricordiamo iniziò domenica 18 novembre 1990, dopo le 22, e fu da subito un successo perché osò ciò che fino a quel momento era sembrato inosabile: prendere in giro il calcio italiano ed i suoi protagonisti, giornalisti compresi, con le voci fuoricampo della Gialappa’s e gli interventi di Teo Teocoli che prendevano spunto dalle trasmissioni della settimana, anche di televisioni locali, e dalle partite della serie A terminate da poco. Sì, perché nel 1990 tutte le partite (all’epoca 9 per turno) della Serie A si giocavano alla stessa ora la domenica pomeriggio. Il successo fu subito enorme, così come il fastidio degli addetti ai lavori del calcio, e questa versione calcistica di Mai dire Gol sarebbe durata per due anni, prima della nascita anche della versione del lunedì e dell’inserimento di un sempre maggior numero di comici, con temi anche lontani dal calcio, e di tanti presentatori (Simona Ventura quello di maggior impatto). Due anime che riuscirono a convivere per un po’, prima che Mai dire Gol diventasse una trasmissione basata su una sfilata di comici, come tante altre, e chiudesse, nel 2001, lasciando però ai suoi autori uno schema da usare anche per altro. Anche se nessuno si commuove ricordando Mai dire Grande Fratello.
Il giornalismo di Caccamo
Impossibile elencare tutti i personaggi ed i comici che hanno illuminato Mai dire Gol: Gene Gnocchi, Antonio Albanese, Luciana Littizzetto, Daniele Luttazzi, Claudio Bisio, Paola Cortellesi, Maurizio Crozza, Fabio De Luigi, Luca e Paolo, Dario Vergassola e tanti altri, quasi tutti arrivati come emergenti. Ma nella memoria di chi negli anni Novanta era almeno adolescente Mai dire Gol voleva dire soprattutto Teo Teocoli, con le sue geniali rielaborazioni del cialtronismo giornalistico: Felice Caccamo da Napoli e Gianduia Vettorello da Torino erano (e sono) molto più che maschere. Memorabili anche le rubriche ed i loro nomi, soprattutto quelle dell’epoca soltanto calcistica. Il gollonzo (cioè i gol più casuali e fortunosi della settimana), Vai col liscio (errori difensivi clamorosi), Le interviste possibili (le frasi sgrammaticate di dirigenti, allenatori e giornalisti), Le ultime parole famose (previsioni sballate degli addetti ai lavori), Fenomeni parastatali (giocatori, di solito stranieri, presentati come fenomeni e rivelatisi scarsissimi), e tante altre. Va da sé che pochi nel mondo del calcio gradissero e che Mediaset (ai tempi Fininvest) ricevesse più proteste che per le sue trasmissioni ‘serie’. C’era poi chi esagerava apposta per finire su Mai dire Gol, Aldo Biscardi e Maurizio Mosca lo avevano capito benissimo: il Processo del primo e l’Appello del secondo erano già in origine una parodia.
Gli svizzeri
Fra i tanti comici lanciati, per non dire inventati, dalla trasmissione un posto d’onore spetta ad Aldo, Giovanni e Giacomo. Inventori di personaggi leggendari come Tafazzi (icona dell’autolesionismo, era Giacomo che si tirava legnate sulle parti intime, entrata nell’italiano corrente anche come ideologia, appunto il tafazzismo), Rolando (simbolo dell’uomo comune ammiratore dei VIP), i sardi, i bulgari, i tre tenori e tanti altri. Con gli sketch sugli svizzeri, amatissimi in Ticino, che anche a decenni di distanza sono all’altezza dei loro film di maggior successo. Le storie del signor Rezzonico (Giovanni), dello stilista Fausto Gervasoni (Giacomo) e del polizotto Hüber (Aldo), sono tuttora divertentissime anche per chi non seguiva Mai dire Gol e qualcuna su YouTube si trova, anche se Mediaset è molto attenta nel proteggere il suo archivio. Parodia di trasmissioni italiane basate su uno scampato pericolo, le storie degli svizzeri di Aldo, Giovanni e Giacomo si basavano sull’inspiegabile odio che Gervasoni aveva nei confronti del tranquillo Rezzonico, vicino di casa al residence Stella Alpina, con piani per ucciderlo che poi in qualche modo venivano sventati dall’intervento di Hüber, quasi sempre con una violenza esagerata che causava danni collaterali e morti in mezzo Canton Ticino. Gli eventi ripresi da quanta fantomatica Tivù Svizzera spesso si svolgevano a Viganello (in realtà tutto era girato a Milano 2, in grande economia) e sempre aumentavano in Gervasoni la voglia di vendicarsi la settimana seguente, con piani sempre più elaborati.
Anni Novanta
Il revival di Mai Dire Gol, oltretutto sul Canale 5 e non su Italia 1, la dice lunga sul tipo di pubblico che nella media guarda la televisione generalista, almeno secondo i dirigenti televisivi come Pier Silvio Berlusconi. Una televisione piena di operazioni nostalgia mascherate da rivisitazioni storiche, per andare sul sicuro con gli ascolti ed intercettare chi ormai non è più giovane. Uno schema partito con gli anni Sessanta ed arrivato adesso ai Novanta, con i decenni che nella memoria collettiva si mescolano ed un culto del passato spesso degno di miglior causa. Non è il caso di Mai dire Gol, trasmissione irripetibile ed infatti mai più ripetuta. Nel 2023 l’impresa sarà quella di non rovinare il ricordo: mai tornare dove si è stati felici, anche se possono esserci eccezioni.