Il «Walterone» non perde colpi

L’ultimo Capodanno lo ha passato mettendo musica ai mercatini di Lugano. Poi su un battello della Navigazione. Alle due di notte si è trasferito a Campione: ha fatto ballare i dipendenti del casinò fino all’alba e oltre. «Alle otto di mattina ho detto ragazzi, è stato bello ma mettetemi a letto: ho sessantatrè anni», ci scherza su Walter Arpino, per gli amici Walterone, disk-jockey vecchia scuola. È stato per una vita «il» deejay della discoteca Morandi a Lugano ma viene dalla Riviera Romagnola dove il divertimento - nelle decine di sale da ballo - non ha età e difatti lui, a due passi dalla pensione, continua a saltare da una festa all’altra anche se la pista ticinese, nel frattempo, si è svuotata.
«La gente va sempre meno in discoteca, è inutile negarlo», ammette un po’ sconsolato mentre prepara l’armamentario per un evento danzante alla fondazione Otaf di Sorengo. «La voglia di divertirsi c’è ancora, per carità. Ma per chi come me ha vissuto la movida di una volta, è inevitabile un po’ di nostalgia».
Il tempio del «cuccaggio»
Dalla sua console Arpino ha visto ballare generazioni di nottambuli ticinesi, ha visto cambiare mode, abbigliamento, abitudini. «Quando ho iniziato a mettere dischi non c’era il sabato sera, c’era tutta la settimana» ricorda il veterano che ha mosso i primi passi nei locali di culto della Romagna «da bere»: Paradiso, Peter Pan, Pascià, Prince, Villa delle Rose. Nel rievocarli quasi gli scende la lacrimuccia. «Parlo di migliaia di persone in una pista, cose inimmaginabili oggi». Erano gli anni ‘70-’80 e la Riviera romagnola era l’Ibiza di oggi. «I turisti e soprattutto le turiste arrivavano in treno da mezza Europa, anche dalla Svizzera, e noi là come dei galletti ad aspettarle», scherza Arpino. «Eravamo invasati della vita ma soprattutto del ballo».
Internet era da venire. La discoteca, erede diretta della «balera» post-bellica, era il tempio consacrato ai riti sociali - «cuccare» si diceva allora - e i disck-jockey erano divi come i calciatori o gli influencer oggi. «Per avvicinarli dovevi metterti in coda, solo pochi eletti potevano imparare il mestiere», ricorda Walterone. Oggi la fila dei giovani si è ridotta. Ma fino ai primi anni Duemila il Ticino era ancora una terra di valenti deejay, che arrivavano anche da lontano: magari nella stagione invernale, per cominciare - «quando la Romagna si svuotava di turisti e artisti» - e poi alcuni, come Arpino, ci sono rimasti tutto l’anno e tutta la vita, mettendo su famiglia.
Il Ticino che ballava
Arpino è approdato sulle piste ticinesi nel 1989, alla Discomania di Stabio, che oggi non c’è più. «All’epoca andava fortissimo. Arrivava gente dall’Italia e da tutto il Sottoceneri, pienissimo», rammenta. «Ma tutto il Ticino era cosparso di locali e lavoravano tutti alla grande». L’anno dopo un provino al Morandi di Lugano, allora di proprietà della mitica «signora Wanda» che abitava al piano di sopra: «Era il non plus ultra nella regione. Mi scelsero. Quasi non ci credevo».
Il primo contratto è per pochi mesi, alla fine in via Trevano Arpino ci rimane 17 anni e quando esce nel 2006 (il Morandi viene venduto) fuori trova un mondo diverso. «Per dirne una, fino alla fine del secolo scorso le discoteche ticinesi non avevano personale di security. C’era al massimo un selezionatore, che scremava la coda all’ingresso. Oggi sarebbe impensabile». Il motivo - riflette - ha a che fare con il comportamento della clientela. Anziché per ballare, in discoteca si va sempre più per sballarsi. Non tutti chiaramente».
«I giovani prima sono diventati più nervosi, più aggressivi. Poi hanno iniziato a cercare altri passatempi» ricorda Arpino. Mentre sopravvivono i locali più piccoli - pub, disco-pub da poche decine di posti - e i bar restano aperti fino a notte fonda, le grandi discoteche arrancano sotto il peso di costi «mastodontici» per la sicurezza e il personale (ospiti in primis). Iniziano a cambiare nomi, a chiudere e riaprire, poi a non riaprire più. «Dei posti che conoscevo ne sono rimasti ben pochi. Ma non è un problema solo ticinese. Oltre confine è successo lo stesso» lamenta Arpino. Detto questo si rimette le cuffie e sintonizza le casse per il prossimo ballo. Feste aziendali, matrimoni, eventi privati: la sua agenda è comunque piena per il weekend. «Quando uno ama questo mestiere non può lasciarlo», assicura: «Dispiace per i giovani di oggi. Non sanno cosa si perdono».