Immigrati e Nanni Moretti, la bella Italia invisibile

Ci sono tracce di Italia che si muovono nei fondali della nostra coscienza e che, per convenzione e convenienza politica, non affiorano in superficie. Le ultime rilevazioni Istat segnalano l’ennesimo crollo delle nascite e l’ennesimo picco dei decessi: 25.000 contro 50.000. Vuol dire che ogni mese per due «italiani» che muoiono ne arriva uno soltanto. Vuol dire, ancora, che l’andamento demografico potrebbe cancellare in un anno l’equivalente di una città grande quasi come Firenze o Bologna. Per fortuna, e ne dobbiamo esser consapevoli di questa fortuna, l’andamento demografico, che somiglia al percorso di una comunità che va estinguendosi per vecchiaia, è compensato dagli immigrati. Regolari. Tanti giovani. Molti lavoratori. Sempre ad aprile, dunque, l’Italia nel suo complesso non ha patito oscillazioni perché lo scarto di 25.000 morti in più dei nati è stato colmato dagli immigrati che tengono in vita, è il caso di sottolinearlo, il sistema produttivo, pensionistico e pure sociale dell’Italia. Il governo Meloni, però, non ha il coraggio di informare i suoi elettori e i cittadini tutti che la salvezza della Nazione, come la chiamano, dipende in gran parte dall’immigrazione, che deve essere di più, controllata, integrata. Chiudere le porte d’ingresso significa condannare il Paese al soffocamento. Non lo farà neanche il governo Meloni, statene certi.
Un’altra traccia di Italia sommersa si palesa ogni sera, soprattutto d’estate, al Nuovo Cinema Sacher del regista Nanni Moretti a Roma. Giovedì sera, nell’arena con le sedute azzurre di ferro addolcite dai cuscini in tinta distribuiti all’entrata, Moretti ha proposto la visione di Vittoria, un film di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman presentato lo scorso anno al Festival del cinema di Venezia. Il film, co-prodotto dallo stesso Moretti, è tratto da una storia vera e recitato dai veri protagonisti, una coppia di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, che anni fa decise di adottare una bambina da un orfanotrofio in Bielorussia, nonostante avesse già tre figli maschi. La storia vera è talmente vera che si presta a mille interpretazioni sul movente/desiderio/ossessione che ha avvolto la protagonista Jasmine. Dopo i titoli di coda e le lacrime di molti, il pluridecorato e ormai settantenne Moretti, che un mese fa è stato ricoverato per un grave malore, ha trascinato con sé tre poltroncine e ha aperto il dibattito col pubblico assieme a Cassigoli e Kauffman. Alle 23 di sera con 30 gradi e un’afa sprezzante, il pubblico pagante – una manciata di euro, meno di due caffè nel centro di Roma – non aveva proprio voglia di andare a casa. Cassigoli e Kauffman hanno girato tre film e tutti e tre a Torre Annunziata e nessuno dei tre, lo hanno precisato con vigore, era ispirato agli stereotipi che vengono appiccicati a quelle zone, senz’altro, complesse. Cassigoli e Kauffman hanno posato lo sguardo dove pochi lo posano, la provincia napoletana, e l’hanno posato cercando cose diverse dagli altri e hanno trovato una storia vera di una ricchezza valoriale unica. Perché l’Italia a volte davvero è peggio di come viene descritta, ma a volte, tante volte, è molto meglio. Vale la pena indignarsi, ma soprattutto non rassegnarsi.