«In NHL ho vissuto il mio sogno, ora è tempo di tornare a casa»
Dean Kukan lascia la NHL per fare ritorno in Svizzera. La notizia del giorno ci è stata data questa mattina dal diretto interessato, durante l’intervista che ci ha concesso in hotel. Aspettando la sfida di domani pomeriggio con il Canada, ecco la storia del difensore rossocrociato.
Dean,
in sette anni oltre oceano hai lottato per ogni minuto di ghiaccio,
collezionando 172 presenze con i Columbus Blue Jackets. Hai avuto perseveranza.
«Giocare
in NHL era il mio sogno. Se non vieni draftato è più difficile trovare spazio,
ma ho tenuto duro e ce l’ho fatta. Tra alti e bassi, ho raggiunto il mio
obiettivo. Ora, però, è arrivato il momento di tornare a casa. Il contratto con
Columbus è giunto al termine, quest’estate compirò 29 anni e ormai ho chiuso
con certe dinamiche. Voglio più stabilità e meno incognite. Non sono più
disposto a giocare appena dieci minuti a partita o a finire in tribuna senza
sapere cosa sta succedendo. La prossima stagione mi vedrete in Svizzera, dove
avrò un ruolo importante».
Lo
stesso ruolo che hai ottenuto in Nazionale. Questo è il tuo quinto Mondiale, ma
mancavi dal 2018. Dopo l’argento di Copenaghen, non tutto è andato liscio tra
te e lo staff rossocrociato...
«Nel
2019, dopo aver comunicato a Fischer che non sarei andato ai Mondiali in
Slovacchia, il nostro rapporto si incrinò. All’epoca, dopo una stagione molto difficile,
volevo concentrarmi sulla preparazione estiva e sulle mie chance di giocare in
NHL. Non sentivo il fuoco sacro per andare in Nazionale, non ero abbastanza
motivato per aiutare la squadra. A Fischer non fece piacere. Mi ritrovai su una
lista nera, ma già l’anno dopo ci riappacificammo. Ero pronto a partecipare ai
Mondiali del 2020 in Svizzera, ma vennero cancellati dalla pandemia. Lo scorso
anno, invece, ero infortunato. Ora sono qui, felice. Io e l’allenatore ci siamo
messi alle spalle gli screzi del passato».
Il
tuo percorso è singolare. Hai lasciato la Svizzera molto giovane per andare a
giocare in Svezia. Cosa ricordi di quella decisione?
«A
18 anni avevo due opzioni sul tavolo. Andare in una lega juniores canadese o
nelle giovanili del Lulea. Scelsi la seconda. I miei genitori mi appoggiarono,
purché finissi la scuola. In Svezia trascorsi quattro stagioni, dal 2011 al
2015, tra Under 20 e prima squadra. Papà e mamma vennero a trovarmi spesso.
Imparai tantissimo, lavorando con allenatori eccellenti. Furono loro a farmi
capire quanto bravo potessi diventare con il giusto impegno. Lo definirei un
periodo fondamentale per il mio sviluppo personale, tecnico e tattico».
Nel
2013-14 il topscorer del Lulea era Linus Klasen. Che ricordi hai dell’ex folletto
bianconero?
«Da
allora ho avuto la fortuna di giocare ai massimi livelli, con grandi giocatori,
ma uno con le sue mani non l’ho più incontrato. Con il disco sul bastone faceva
di tutto. All’epoca era una superstar, ma immagino che a Visp si diverta ancora
con le sue magie».
I
Columbus Blue Jackets hanno un certo seguito anche tra i tifosi dell’HC Lugano
per via di Elvis Merzlikins. Che rapporto avete?
«Siamo
diversi. Anzi, Elvis è diverso da tutti (ride, ndr.). È un portiere e questo
spiega molte cose. Ogni tanto parlavamo del campionato svizzero, ma non ci
frequentavamo molto al di fuori dello spogliatoio. Lui trascorreva la maggior
parte del tempo libero con i compagni russi. Io stavo soprattutto con svedesi e
finlandesi».
Nel
2010-11, quando militavi in NLB con i GCK Lions, giocasti due partite con lo
Zurigo. Tra le stelle di quella squadra c’era Andres Ambühl, che domani
stabilirà il nuovo record di partite ad un Mondiale: 120. Che effetto ti fa?
«Ad
essere sincero non ricordavo che ci fosse anche lui negli ZSC Lions. In quelle
due partite rimasi tutto il tempo seduto in panchina senza giocare, come uno
spettatore privilegiato. Andres, però, l’ho conosciuto bene in Nazionale. Non
lo vedevo dai Mondiali del 2017 a Parigi, visto che lui nel 2018 era infortunato.
Sono impressionato, per Bühli il tempo non passa mai. È sempre lo stesso. Non
ha perso un briciolo della sua velocità. Partecipare a 17 Mondiali è una cosa
folle, per me inimmaginabile. Si è meritato questo primato».
Per
festeggiarlo al meglio dovete battere il Canada...
«Ci
proveremo, in palio c’è il primo posto. È l’avversario più forte del girone e
dovremo portare in pista la nostra versione migliore. Se saremo indisciplinati
come contro la Slovacchia, non avremo chance».
Su
Instagram hai pubblicato soltanto due foto in quattro anni...
«Non
sono un tipo da social media. Una foto l’ho condivisa nel 2018, dopo la
medaglia ai Mondiali. L’altra un mesetto fa, con mia moglie e mia figlia sul
ghiaccio. Tornare in Svizzera sarà bello anche per loro. I giocatori di NHL
viaggiano spesso e mia moglie ha fatto tanti sacrifici. Martedì mi
raggiungeranno a Helsinki. Non vedo l’ora di riabbracciarle».