«Indennizzi? Non è la pandemia, le aziende possono prepararsi»
La situazione legata all’energia è complessa, mondialmente intricata e con prospettive difficilmente prevedibili, il Governo è quindi sotto pressione. Una pressione politica ed economica, che tocca il tema dell’approvvigionamento ma anche quello degli eventuali indennizzi in caso di contingentamenti o divieti, oltre - guardando al lungo periodo - quello della strategia energetica.
Signor Parmelin, il Consiglio federale per ora si è limitato agli appelli al risparmio energetico volontario. Con quali frutti?
«Sono convinto che la popolazione risponderà positivamente agli appelli per il risparmio energetico. Altrimenti non avremmo mai neppure lanciato la campagna attuale. Ma è ancora presto per parlare di risultati misurabili».
In caso di penuria concreta, il Consiglio federale introdurrà misure coercitive, come per esempio il contingentamento di energia. Come verranno definiti questi contingentamenti?
«Se ci fosse davvero una penuria di elettricità o di gas, innanzitutto verrebbero lanciati nuovi appelli al risparmio energetico ed eventualmente scatterebbero alcune restrizioni, sì, per limitare leggermente l’uso. Per il gas potremmo inoltre commutare gli impianti bicombustibili all’olio da riscaldamento. I contingenti verrebbero introdotti solo e soltanto se questi o altri provvedimenti, come i divieti, si rivelassero inefficaci. Per quanto riguarda il contingentamento del gas, distinguiamo il caso dei cosiddetti “consumatori protetti”: si tratta delle abitazioni private e dei servizi sociali di base, come gli ospedali e le organizzazioni di pronto intervento. Questi consumatori sarebbero esclusi dai contingenti. Il mondo economico ha poi la possibilità di allestire una borsa di scambio dei contingenti, nel senso che chi non ha bisogno di tutto il gas assegnato può offrirlo ad altri. Per l’elettricità, invece, il sistema dei contingenti si applicherebbe soltanto ai grandi consumatori, che utilizzano cioè almeno 100.000 kWh all’anno e che vantano un diritto di accesso alla rete. Non ci sarà nessuna scala di priorità in base ai settori economici».
Anche in caso di contingentamenti, il Consiglio federale non sembra intenzionato a indennizzare le imprese. Ma non è possibile individuare un’analogia rispetto a quanto accaduto nell’era COVID?
«Il Consiglio federale non si è ancora pronunciato su eventuali indennizzi per le imprese. In linea di principio, i contingenti servono a evitare le interruzioni di corrente, ossia a preservare le attività economiche, facendo così gli interessi del mondo economico. La situazione, tuttavia, è chiaramente diversa da quella della pandemia di coronavirus. Le aziende possono prepararsi, e un contingentamento non è paragonabile a una chiusura».
Quali attività invece saranno toccate dai divieti d’uso? Anche in questo caso non ci sarebbero indennizzi?
«Attualmente stiamo svolgendo delle consultazioni sui divieti da introdurre qualora il gas dovesse scarseggiare (consultazioni chiuse ieri, ndr). Per il momento quindi non posso dire nulla di definitivo. Ad esempio, proponiamo una serie di divieti d’uso per gli edifici inutilizzati, le piscine, gli impianti di wellness o i tendoni riscaldati. Le restrizioni o i divieti verrebbero imposti anche in caso di mancanza di energia, ad esempio per l’illuminazione. Ma tutto ciò dipenderebbe fortemente dalla situazione generale. Il Consiglio federale stabilirebbe delle priorità e deciderebbe in base alle circostanze. In una crisi di questo tipo, però, il margine di azione sarebbe certamente limitato, anche perché si tratterebbe di tutelare il buon funzionamento della società e dell’economia. Primi tra tutti saranno vietati gli usi diciamo di “comfort”, per i quali non è certamente necessario un indennizzo. Oltretutto, quando un’azienda o un nucleo familiare scaldano di meno, a conti fatti risparmiano».
Le aziende hanno più volte manifestato la propria contrarietà di fronte a un piano di divieti e contingentamenti, proponendo una soluzione intermedia basata su obiettivi di risparmio volontario. Il Consiglio federale è pronto a prendere in considerazione questa proposta?
«Vogliamo utilizzare i mezzi appropriati per evitare l’insorgere di una penuria. Ecco perché il Consiglio federale ha varato una serie di provvedimenti e lanciato la campagna di risparmio energetico. Se malgrado tutto ciò si verificasse una penuria, allora bisognerà fare molto di più. Al riguardo stiamo anche valutando come ottenere una riduzione dei consumi con il minor danno economico possibile, attraverso piani di risparmio settoriali. Si tratterebbe comunque di un complemento agli strumenti previsti in caso di penuria. In ogni caso, l’obiettivo sarebbe quello di evitare un contingentamento».
Molte aziende in queste settimane si trovano a dover rinegoziare contratti di fornitura di energia con proposte insostenibili dal profilo finanziario. Il Consiglio federale non teme che il tessuto economico possa risentirne, portando a una vera e propria crisi, anche in termini di posti di lavoro?
«In effetti, ciò può pesare molto su alcune imprese. Penso soprattutto alle aziende attive sul libero mercato e che non si sono tutelate. Il fatto di anticipare i rischi aziendali fa parte del “Business Continuity Management”. Tuttavia, per molte aziende i costi energetici rappresentano una percentuale piuttosto piccola dei costi d’esercizio. In confronto ad altri Paesi l’economia svizzera vanta una “intensità energetica” relativamente bassa e beneficia dell’apprezzamento nominale del franco».
Come valuta la richiesta di USAM di concedere alle aziende la possibilità di tornare alla fornitura di base dopo aver aderito al mercato libero?
«Incontro spesso dirigenti economici e mi rendo conto di quanto la situazione attuale sia complessa per tante imprese. Ma secondo la legge in vigore, i consumatori finali che sono passati al libero mercato non possono semplicemente tornare indietro. Il fatto è anche che hanno beneficiato per anni di prezzi di mercato significativamente più bassi, mentre un loro ritorno alla fornitura di base potrebbe avere un impatto negativo sulle bollette delle economie domestiche e di altri clienti protetti. Comunque un gruppo di lavoro interdipartimentale sta esaminando quali misure siano possibili per mitigare i casi di rigore. Il Consiglio federale deciderà in ottobre quali misure attuare».
Le richieste politiche di una revisione della strategia energetica 2050 in queste settimane sono diventate pressanti. In particolare sull’opportunità di non abbandonare il vettore nucleare. Oggi, alla luce della crisi energetica, il Consiglio federale come si pone sul tema?
«La Strategia energetica 2050 promuove le misure di efficienza energetica e mira a produrre più energia locale. La direzione è giusta, ma si tratta ora di concretizzarla. Il Consiglio federale ha adottato la legge sull’approvvigionamento elettrico - all’esame del Parlamento da oltre un anno - che contiene tutte le misure essenziali per la sicurezza del nostro approvvigionamento: più elettricità in inverno e un rapido potenziamento delle energie rinnovabili. Vogliamo anche accelerare le procedure di autorizzazione per le centrali eoliche e idroelettriche di grandi dimensioni. Per quanto riguarda il nucleare, contrariamente alla Germania, la Svizzera non ha fissato una data di disattivazione per le centrali esistenti. Si stima che alcuni dei nostri impianti possano funzionare fino alla metà del 2040. L’abbandono progressivo del nucleare ci dà il tempo di sviluppare la produzione di energia rinnovabile».
Il suo partito è tra i motori di questa richiesta. Qual è la sua posizione personale in merito?
«In qualità di consigliere federale mi esprimo sempre a nome del collegio».
Se l’Unione europea dovesse mettere un tetto al prezzo del gas, la Svizzera sarebbe obbligata a muoversi nella stessa direzione?
«Le assicuro che seguiamo da vicino le discussioni energetiche a livello europeo. Analizzeremo ogni decisione definitiva dell’UE per valutarne l’impatto sulla Svizzera. Comunque, guardando un po’ alle variazioni dei prezzi del gas in Svizzera, negli ultimi giorni si nota anche una diminuzione. I prezzi sono volatili, ma non sempre tutto aumenta. Se l’offerta boccheggia e i prezzi aumentano c’è uno stimolo in più per trovare alternative. L’impennata dei prezzi aiuta a risparmiare energia elettrica. Se invece i segnali di penuria vengono sopravvalutati, ad esempio con l’introduzione di un tetto massimo sui prezzi, c’è il rischio che queste misure siano poi difficilmente reversibili: un consumo più elevato, a costi più bassi, vanificherebbe immediatamente l’effetto risparmio».