Il personaggio

«Io, soldatessa, scatto foto alle donne in divisa»

La storia della ragazza bernese che, ispirata dalla scuola reclute svolta ad Airolo, dà il via a un progetto dedicato alla vita dietro le quinte dell'esercito
Alexandra Meister e, sullo sfondo, uno dei suoi scatti realizzati durante la scuola reclute, al comando scuole sanitarie 42 di Airolo
Jona Mantovan
19.01.2023 09:59

Alta, sorridente, dal passo veloce. L'appuntamento è a Locarno. Lei è Alexandra Meister, bernese di 25 anni, ma con importanti trascorsi in Ticino. Come, ad esempio, la scuola reclute. Sì, perché questa giovane ha voluto capire da vicino cosa voleva dire entrare a far parte dell'esercito. Un po' per curiosità, un po' perché convinta sostenitrice della parità di genere, ha voluto buttarsi in quell'esperienza che per gli svizzeri maschi è obbligatoria. E così, una volta terminati gli studi (una laurea in produzione multimediale), aveva già in mente dove sarebbe andata: il comando scuole sanitarie 42 di Airolo, per formarsi come sanitario di truppa. Da sempre affascinata dal mondo delle immagini, anche in quest'occasione non poteva tirarsi indietro dall'immortalare con il suo fedele apparecchio la quotidianità della compagnia nella quale ha vissuto le canoniche 18 settimane di istruzione, primo passo di chi, in Svizzera, mette piede nelle forze armate.

«Come ogni giorno della mia vita, ho preso la macchina fotografica. E l'ho portata anche alla scuola reclute», dice al Corriere del Ticino la ragazza, che lavora nel mondo della comunicazione a tempo parziale. Ricevuti i permessi di rito, ecco che inizia a documentare le varie esercitazioni. Questo compito, però, non la sottrae dal seguire ogni aspetto della formazione, al pari dei suoi colleghi. 

La scelta, parlando da un punto di vista tecnico-fotografico, è caduta su un tipo di dotazione professionale ma comunque leggero e compatto. «Ho sempre utilizzato un obiettivo da 35 millimetri. Molti potrebbero considerarlo un limite creativo. A me piace, da un lato perché non occorre riflettere troppo sulle impostazioni tecniche e quindi ci si può concentrare su quel che sta succedendo in quel momento, dall'altro perché rappresenta una sfida nell'essere creativi, nel riuscire a capire come catturare al meglio il centro dell'azione. Credo di aver scelto gli strumenti corretti per rappresentare al meglio le emozioni».

Nella prima tappa del progetto non avevo un obiettivo particolare, ma ben presto mi mi son resa conto che il mio scopo era mostrare le donne in uniforme

Via dagli stereotipi

Finora le foto di Alexandra sono rimaste private, man mano che il suo progetto andava avanti, tuttavia, ha preso coscienza di un problema di fondo. Mettendo a fuoco il nocciolo della questione: «Ho capito che, nel mondo dei media, tutte le notizie che parlano o mostrano donne nell'esercito affrontano il tema in una maniera stereotipata. Alcuni servizi sono anche confezionati da giornaliste donne che, per ragioni comprensibili, sono molto lontane da questo mondo. Ecco perché ho pensato di realizzare delle storie fotografiche con un profilo più normale, più organico». 

L'aspirante inviata afferma di voler «ritrarre i momenti dietro le quinte, quelli più silenziosi o invisibili agli occhi del grande pubblico. Nella prima tappa del progetto non avevo un obiettivo particolare, ma ben presto mi mi son resa conto che il mio scopo era mostrare le donne in uniforme».

Ero sicura che formarmi come sanitario di truppa mi avrebbe dato l'occasione di imparare cose molto utili nella vita

Documentare la carriera militare delle donne

«Ci sono stati molti motivi che mi hanno spinta ad arruolarmi. Inoltre, ero sicura del fatto che formarmi come sanitario di truppa mi avrebbe dato l'occasione di imparare cose molto utili nella vita», dice correndo con la mente ai numerosi ricordi e ai colleghi conosciuti ad Airolo. «Nel nostro percorso, impariamo a prestare i primi soccorsi, a somministrare infusioni, a costruire un ospedale da campo... E occorre saper fare queste cose in tutte le situazioni: di notte, con la pioggia, con la neve. Ecco perché a volte è impegnativo. Inevitabile, d'altronde, per una scuola reclute», esclama con una risata.

La compagnia nella quale è incorporata conta un centinaio di reclute, con una buona (10-20%) quota di donne. «La scorsa estate ho fotografato la vita nella mia truppa, ma questo inverno tornerò, da civile, per concentrarmi sulla documentazione di un gruppo di ragazze che ho conosciuto ad Airolo e che nel frattempo sono andate avanti nella loro carriera militare e, oggi, hanno il grado di sergente. In particolare, il mio nuovo lavoro sarà dedicato a una di loro, Céline. Lei vive nel canton Berna, nella regione dell'Emmental. Ha 23 anni e ha lavorato come infermiera. Céline, che in realtà sono abituata a chiamare per cognome, Gerber, intende proseguire la carriera nell'esercito».

La caserma in cui soggiornavo è alla vecchia maniera ma di tutto il complesso di strutture militari che c'è nell'alta Leventina, è quella che offre il panorama più bello

Panorami mozzafiato

Alexandra sfoglia alcune immagini della sua raccolta. Le istantanee scorrono veloci sul grande schermo lucido del suo portatile. «Abbiamo svolto attività in molti posti diversi in Ticino, non eravamo solo ad Airolo. Quando mi capita di tornare qui, da Berna, ricordo questi momenti. Momenti molto belli, coinvolgenti. La nostra caserma non era particolarmente recente, a livello costruttivo. Un po' alla vecchia maniera, diciamo, ma in tutto il complesso di strutture militari che c'è nell'alta Leventina, è quella che offre il panorama più bello».

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