USA 2024

Kamala Harris è avanti nei sondaggi, ma rivendica il ruolo da «underdog»

Il primo obiettivo della convention per i democratici è stato di tenere alti morale ed entusiasmo ma basse le aspettative – La sfida, ora, è convincere indecisi e indipendenti che i successi dell’amministrazione Biden fossero suoi e i fallimenti da imputare solo a Biden
© KEYSTONE (Gabrielle Lurie/San Francisco Chronicle via AP)
Davide Mamone
23.08.2024 22:31

Quando Donald Trump si era preso la scena dal palco del Fiserv Forum di Milwaukee per chiudere la convention del partito repubblicano, si era trovato di fronte una tavola apparecchiata alla perfezione dai suoi fedelissimi. La sua immagine alle stelle, dopo aver evitato la morte per una frazione di secondo a seguito del terribile tentato assassinio ai suoi danni di qualche giorno prima. Il suo staff impegnato a regalare alla stampa mainstream materiale per dipingerlo, ora, come figura empatica, finalmente presidenziale, pronta a pensare agli elettori e non a sé stessa. Un articolo pubblicato dalla testata Politico qualche ora prima del suo discorso lo aveva persino definito un uomo nuovo, pacato, gentile, quasi religioso. Poi, però, Trump aveva aperto bocca. E nel giro di 95 minuti intrisi di attacchi, odio e fake news aveva rovinato l’immagine perfetta cucitagli addosso nelle ore precedenti con tanta cautela dalla sua campagna per convincere l’ala più moderata dei repubblicani orfani dei Bush, dei Romney e di Nikki Haley. Giovedì, a Chicago, la vicepresidente Kamala Harris ha affrontato la stessa sfida politica ed elettorale, seppur in un contesto diverso, quando ha iniziato il suo discorso allo United Center a chiusura della convention democratica. Ma al contrario di Trump, lei più disciplinata di lui, ha lasciato quel palco salvaguardando la stessa immagine che il partito ha saputo cucirle addosso nel corso della settimana. Che questo basti per vincere un’elezione ancora apertissima, con un alto numero di indecisi e una significativa quantità di elettori che non la conoscono bene, però, è ancora tutto da vedere.

Underdog?

L’immagine di Kamala Harris che lascia il microfono della convention ed entra in campagna elettorale è quella di una candidata dura su crimine e criminali, equilibrata su immigrazione, ultra-progressista su diritti civili e aborto, atlantista su NATO e politica estera, a favore dei sindacati e dei diritti dei lavoratori della classe media (i blue collars che costarono l’elezione a Hillary Clinton nel 2016 e abbandonarono in parte Trump nel 2020), ma incerta su tutto ciò che riguarda l’economia. Incerta perché non è ancora chiaro come Harris la pensi su una lunga serie di questioni: riforma delle tasse (si torna al 28% per le imprese o si tiene il regime imposto da Trump al 21% che è in procinto di scadere tra 2025 e 2026?), riforma del codice bancario, regolamentazione di Wall Street, regolamentazioni su competizione e antitrust - queste ultime due, gioielli dell’amministrazione Biden. Una promessa di Harris, ribadita pubblicamente in questi giorni, di lavorare per porre un tetto ai prezzi dei prodotti saliti alle stelle durante gli ultimi tre anni di inflazione, è stata accolta con timidezza dai consumatori e con grande freddezza dal mondo di Wall Street che della sua campagna è diventato primo sostenitore in termini di finanziamenti. Tra coloro che si sono schierati con Harris ci sono infatti Jonathan Gray di Blackstone, Peter Orszag di Lazard, Roger Altman di Evercore e il miliardario finanziere Marc Lasry, alla guida di Avenue Capital.

Ma soprattutto, al netto dei singoli temi, l’immagine che Harris sta cercando di tenere salda, è quella della «underdog», della candidata che parte da sfavorita, che permise a Trump di vincere nel 2016. Nonostante i sondaggi stiano indicando la direzione opposta in questo momento (Harris è davanti a livello nazionale, 47,2% a 43,7% secondo la media FiveThirtyEight e leggermente favorita in parecchi Stati chiave), il primo obiettivo di questa convention per i democratici è stato di tenere alti morale ed entusiasmo ma basse (quanto più basse possibili) le aspettative. Lo ha detto la stessa Harris nel suo discorso di giovedì. Lo ha ribadito la sera prima Tim Walz, il governatore del Minnesota e candidato vicepresidente, usando una metafora da allenatore di football - lui che allenatore di football lo è stato. «È l’ultimo quarto», ha detto. «Siamo sotto di tre punti, ma siamo in attacco e abbiamo la palla noi: Kamala Harris è pronta e noi dobbiamo proteggerla mentre procede per fare touchdown e vincerla». Una prova del fatto che i democratici sembrino continuare a soffrire di una sorta di disturbo da stress post-traumatico dopo lo shock elettorale di otto anni fa.

Ma gli indipendenti?

La domanda ora è questa: ma l’elettorato indipendente che deciderà le elezioni in Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, North Carolina, Arizona, Nevada e Georgia le ha seguite o no queste convention? La risposta è tendenzialmente no - e se l’ha fatto, solo con un orecchio. In politica americana si dice che il periodo tra marzo e agosto serva a consolidare la base mentre quello da settembre a novembre serva a convincere gli indecisi e gli indipendenti. Trump, a luglio, ha tentato di compattare la sua base incassando l’endorsement pubblico di Haley - anche se non è detto che gli elettori di Haley ne siano pienamente convinti dopo quel discorso di chiusura di convention. Harris ha dovuto fare in tre settimane il lavoro che un candidato generalmente deve concludere in sei mesi e sembrerebbe esserci riuscita, nonostante rimanga viva la frattura con il mondo dei palestinesi-americani progressisti, feriti dalle politiche sul conflitto Israele-Hamas dell’amministrazione di cui la vicepresidente fa parte.

I prossimi 73 giorni saranno tutti focalizzati su quegli indecisi e quegli indipendenti, che hanno espresso da mesi la loro sofferenza nel rivedere gli stessi volti al potere - e in particolare un re-match Biden vs. Trump. Per Harris la sfida è convincere questo elettorato che i successi dell’amministrazione Biden fossero suoi e che i fallimenti (tra cui la gestione dell’inflazione, il caro del carrello della spesa e l’attuale calo dell’occupazione) siano da imputare solo a Biden. Per Trump, che una seconda amministrazione possa essere diversa da come la prima è finita, con l’insurrezione in Campidoglio del 6 gennaio dei suoi sostenitori da lui incitati, a rovinare nella violenza e nel sangue la sua legacy politica.