L'intervista

«La flat tax ingolosisce, ma introdurla è complesso»

Riformare la fiscalità è uno degli obiettivi prioritari del centrodestra, a partire dalla Lega di Matteo Salvini, che in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, rilancia la proposta di una flat tax al 15%,mentre Forza Italia la propone al 23% – Sulle possibilità che l’Italia adotti questo sistema contributivo si esprime il docente di Diritto tributario, Giuseppe Marino
Andrea Colandrea
25.08.2022 06:00

La Lega di Matteo Salvini è tornata a parlare di una flat tax (tassa «piatta») al 15%. Quali sono le maggiori difficoltà per introdurre questo tipo di tassazione in Italia, che ricalca il modello fiscale in vigore nell’Ungheria di Viktor Orban?

«Sicuramente la copertura finanziaria dell’immediata perdita di gettito fiscale, e di riflesso, il disallineamento dagli impegni assunti nel contesto europeo».

Cosa cambierebbe tra una flat tax al 15% rispetto alla stessa imposizione fiscale «piatta» al 23%, proposta, invece, dal partito di Silvio Berlusconi?

«Premesso che si parla solo delle persone fisiche, poiché le società sono già tassate con l’aliquota del 24%, l’elettore sprovveduto è ingolosito dall’aliquota del 15%, rispetto a quella del 23%, perché pensa che a pagare la differenza sia sempre qualcun altro».

Quali vantaggi e quali svantaggi potrebbe portare all’Italia una flat tax?

«Se fosse possibile dal punto di vista della finanza pubblica ed europea non vi sarebbero svantaggi perché una semplificazione delle aliquote dell’IRPEF (leggi: Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche - applicata secondo quattro scaglioni e in base a quanto si guadagna - nei confronti di lavoratori dipendenti e pensionati, lavoratori autonomi e soci d’impresa) sicuramente avvicinerebbe i cittadini allo Stato mettendo tutti nelle condizioni di sapere esattamente quanti euro ciascuno contribuisce per il bene comune».

È realistico, pensare ad una sostituzione dell’attuale sistema fiscale italiano, basato, appunto, su una contribuzione diretta e progressiva, in base ai redditi di ciascuno?

«Potrebbe esserlo solo se accompagnato da una parallela razionalizzazione delle deduzioni dalla base imponibile e delle detrazioni dall’imposta per salvaguardare la progressività del sistema tributario richiesta dalla Costituzione italiana. Le spese fiscali nel 2020 contavano ben 602 voci e sono il frutto di interventi lobbistici ’in deroga’ duri a debellarsi. Non dimentichiamo che è il sistema nel suo complesso che deve essere progressivo, non la singola imposta, altrimenti sarebbero incostituzionali anche la ’cedolare secca’ (pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, per la parte derivante dal reddito di un immobile, ndr.) e le imposte sostitutive sui redditi di capitale».

I critici, nel centrosinistra, sostengono che questa tassa colpirebbe soprattutto i ceti più poveri (e medio bassi) avvantaggiando quelli ricchi. Qual è la sua opinione alla luce delle esperienze di flat tax fatte da altri Stati dell’Unione europea?

«Così impostata la critica non coglie nel segno perché le fasce meno abbienti dei contribuenti sarebbero tutelate attraverso deduzioni e detrazioni mirate a rendere proporzionali i sacrifici di tutti, ma in una maniera che sia chiara e trasparente».

Come mai, in definitiva, in Italia non la si è ancora introdotta?

«Perché la politica promette per professione e non mantiene per specializzazione. Anche se, ad onore del vero, la governabilità va sempre meno a braccetto con la rappresentatività e la democrazia».

Politicamente, la flat tax è stata definita una misura populista. Eppure, Giulio Tremonti (che il 25 settembre corre con Fratelli d’Italia) ha alle sue spalle una lunga esperienza di governo come ex ministro delle Finanze quando era premier Berlusconi. Qual è il suo punto di vista?

«La riforma di Tremonti del 2003, in larga parte inattuata, è la plastica dimostrazione di quanto sia difficile semplificare il sistema tributario, anche disponendo di una maggioranza bulgara quale era quella del governo Berlusconi dell’epoca. Il professor Tremonti è molto più bravo a scrivere libri».