L'intervista

«La strategia logistica è un traguardo, ma incompiuto senza Lugano-Stazione»

Con Alberto Petruzzella, presidente uscente della SUPSI, tracciamo un bilancio del suo decennale incarico
©Chiara Zocchetti
Paolo Galli
28.12.2023 06:00

Alberto Petruzzella è presidente dell’Associazione bancaria ticinese, ma per dieci anni è stato anche presidente del Consiglio della SUPSI. Ora si prepara a lasciare, a fine anno, questo incarico a Giovanni Merlini. È quindi un buon momento per provare a fare un bilancio.

Dieci anni da presidente della SUPSI: quale il bilancio personale?
«È stata un’esperienza fantastica. SUPSI e USI, di cui sono stato membro del Consiglio, sono attive in tantissimi ambiti, anche molto differenti fra loro. Ho imparato ogni giorno qualcosa di nuovo. La parte più arricchente è stata certamente il rapporto umano creatosi con una moltitudine di persone che vengono da settori molto diversi da quelli che professionalmente frequento tutti i giorni. Ho imparato molto da loro e spero di aver lasciato qualcosa a mia volta».

Come descriverebbe il ruolo di presidente della SUPSI e quali sono i margini per incidere con una propria impronta?
«Il primo compito è quello di dirigere i lavori del Consiglio: far funzionare questo gremio come una squadra in cui si lavora in modo serio ma in un ambiente positivo. Si tratta di riuscire a sfruttare le enormi competenze che ogni membro porta nel gruppo a favore della Scuola. Il presidente interagisce anche con la direzione della Scuola e anche qui - se mi passa la metafora - l’allenatore può dare qualche indicazione, ma poi in campo ci vanno i giocatori e il merito della vittoria è soprattutto loro. Infine, vi sono le interazioni con la politica, le istituzioni, le aziende e i media. È forse la parte più facile, perché rappresenti un’istituzione che in fondo tutti rispettano e apprezzano molto».

Dobbiamo continuare a lavorare per offrire opportunità alla comunità accademica di aprirsi oltre i confini

Come ha visto crescere la SUPSI in questi anni? In che cosa si riconosce, in particolare?
«Sono diventato presidente del Consiglio SUPSI quando il processo di integrazione delle scuole di specializzazione e degli istituti di ricerca era già ben consolidato. Da allora, abbiamo lavorato al fianco di aziende e attori del mercato del lavoro per rafforzare l’intera filiera professionale, mentre in alcuni ambiti di ricerca siamo oggi un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. Ho avuto quindi l’onore di contribuire alla crescita della SUPSI in tutti i suoi settori, dallo sviluppo dell’offerta formativa di base e continua, alle attività di ricerca, fino agli aspetti organizzativi e infrastrutturali. Un traguardo importante è stato senza dubbio la strategia logistica della SUPSI, culminata nel 2021 con l’inaugurazione dei Campus di Mendrisio e Lugano-Viganello. Attraverso studi di fattibilità, varianti di piano regolatore, concorsi di progettazione, approvazioni di crediti pubblici e progetti di massima, abbiamo unito le forze per realizzare due delle opere edili più significative del nostro Cantone degli ultimi decenni».

Che cosa, invece, non è riuscito a raggiungere? Insomma, qual è il suo più grande rimpianto legato alla SUPSI?
«Resto nel campo della strategia logistica, che senza la realizzazione del Campus di Lugano-Stazione rimane di fatto incompiuta. Confido in una ripresa in tempi ragionevoli dei lavori di pianificazione, perché si tratta di un progetto di cruciale importanza per lo sviluppo della Scuola. La posizione strategica vicino alla stazione assicurerà un’eccellente visibilità. Il progetto si inserisce peraltro in un contesto urbano già interessato dalla futura Città della Musica: la presenza di un’importante sede della SUPSI nello stesso comparto aggiungerebbe un elemento di sinergia al nostro impegno per lo sviluppo del polo universitario cantonale.

Avvocato o manager poco importa: non ho nessun dubbio che Giovanni Merlini farà un eccellente lavoro

Al suo posto è stato scelto Giovanni Merlini, che arriva da un percorso diverso rispetto al suo. Quanto conta il percorso rispetto al ruolo?
«Avvocato e notaio o manager, poco importa. Quel che conta è la capacità di relazionarsi con le persone e mettere il Consiglio e la direzione della Scuola nelle condizioni ideali per operare. Non ho nessun dubbio che Giovanni Merlini farà un eccellente lavoro».

Tra gli obiettivi dichiarati, vi è anche quello di una maggiore apertura internazionale. Come si può pensare di raggiungerlo?
«L’apertura internazionale è importante per attrarre figure accademiche di alto livello e per contribuire a creare reti relazionali e scambi di cui il Ticino ha bisogno. Sul piano formativo offriamo alcuni programmi già fortemente orientati all’internazionalità, come i master in ingegneria, musica, interaction design, conservazione e restauro, teatro. Nella ricerca, partecipiamo a tanti progetti europei, posizionandoci tra le università svizzere più attive. Dobbiamo però continuare a trovare soluzioni per garantire ai membri della comunità accademica le giuste opportunità per aprirsi oltre i confini cantonali e nazionali».

Ecco, quali sono i limiti della SUPSI, oltre i quali è difficile arrivare?
«La SUPSI opera in ambiti in cui si ritiene possa apportare un valore aggiunto alla comunità accademica e alle aziende del territorio, che hanno esigenze e priorità che cambiano con il tempo. Il nostro compito è riflettere costantemente su come possiamo essere utili nei nostri settori di competenza, ben consapevoli che anticipare tutte le sfide nei vari settori in cui siamo impegnati è un compito impegnativo e complesso».

Nella sua prima intervista da presidente, il 13 dicembre del 2013, sottolineava l’importanza di insistere sulla pratica professionale «senza scimmiottare l’USI». Mi dà tre parole tre per descrivere l’identità della SUPSI? Tre concetti che la contraddistinguono.
«Abbiamo sempre sottolineato l’aspetto pratico che contraddistingue le attività di formazione e di ricerca della SUPSI e delle altre SUP svizzere. Con il tempo si è lavorato per costruire un’identità precisa e oggi riconosciuta, quella di un’istituzione orientata ai bisogni del territorio ma aperta, come si diceva, all’internazionalità. Potrei dire che le attività istituzionali e le diverse progettualità settoriali sono senz’altro contraddistinte da un approccio pratico, interdisciplinare e da un’attenzione particolare a tutte le dimensioni della sostenibilità».