La Svizzera spegne i suoi simboli in nome del risparmio energetico
Il mantra dei nostri tempi: ciò che non è necessario, va spento. La tendenza al risparmio d’altronde non è certo un vezzo comunitario, quanto, piuttosto, un passaggio obbligato. Ecco, ma che fare con i simboli turistici? Quelli, spesso, vengono addobbati da luci e lucette, giochi luminosi. E, specie sotto Natale, fungono da attrattori, da riferimenti, nelle nostre città. Basti pensare alla Bahnhofstrasse di Zurigo per lo shopping festivo. E il getto d’acqua di Ginevra? È notizia di pochi giorni fa: la Città romanda vuole dosare lo spruzzo. Alimentarlo continuamente, fino ai suoi 140 metri d’altezza, è troppo dispendioso. D’altronde consuma 3 gigawattora (GWh) all’anno, un millesimo degli interi consumi del Canton Ginevra. Tanto? Certo. Ma lo è anche in proporzione all’indotto generato dal suo fascino zampillante?
Renderla un’opportunità
È la domanda da porsi prima di decidere dove risparmiare. Certo, di fronte a una penuria di energia, non si può andare tanto per il sottile. Ma gli attrattori turistici non sono essenziali all’economia di una città o di una regione? Il getto d’acqua di Ginevra, tanto per rendere chiaro il concetto, è la seconda fontana più fotografata al mondo, dopo quella di Trevi. Già, ma d’altra parte si potrebbe rispondere a tale domanda con un’altra domanda: e se anche questi risparmi potessero diventare un’opportunità per rendere tali simboli ancor più attrattivi? La stessa Lucerna, per esempio, ha deciso di rinunciare alle abituali luci di Natale. Ma non del tutto. Già, perché la città sarà comunque illuminata da 500 lanterne a candela. Varrà anche per il Seebrücke e per il Reussbrücke. L’atmosfera potrebbe essere ancor più magica, allora. E per l’albero di Natale si è pensato a un sistema a motore, a motore umano. Chi vorrà infatti potrà immolarsi per il bene comune e accomodarsi su una bicicletta che genererà l’energia necessaria a illuminarlo. Insomma, un gioco ecologico e etico, che potrebbe sviluppare ulteriore curiosità.
Annunci in ordine sparso
L’aspetto della sensibilizzazione è essenziale, in questa fase, e potrebbe avere un’utilità anche pensando a una fase successiva rispetto alla crisi in corso. È d’accordo anche Christophe Clivaz, professore alla Facoltà di geoscienze e ambiente dell’Università di Losanna, esperto proprio di turismo sostenibile. «Sì, è un’occasione anche per riflettere in merito al modo in cui produciamo la nostra offerta turistica e su come ridurre il suo impatto sull’ambiente. La situazione attuale potrebbe quindi incitare gli attori del turismo a risparmiare energia il prossimo inverno, sì, ma anche a ragionare in questi termini perlomeno sul medio periodo. La necessità non si ridurrà a questa sola stagione». Insomma, alcune misure potrebbero essere perennizzate. «In fondo, se capissimo di poter risparmiare energia, e quindi denaro, sarebbe assurdo smettere di farlo, anche una volta superata questa situazione. Vale per il settore alberghiero come per gli impianti di risalita, quindi non è un discorso relativo ai soli riflettori puntati o meno sui nostri simboli».
Un circolo virtuoso, che per ora è pura teoria. Anche se qualcosa si sta muovendo, osserva lo stesso Clivaz. «Diversi attori del turismo svizzeri hanno già annunciato buone volontà e iniziato a informare in merito alle buone pratiche di risparmio sui consumi. La sensibilità c’è, anche se è vero che i Comuni, le regioni, si sono fin qui mossi in ordine sparso». Manca, sin qui, una visione davvero comune, al di là della rotta tracciata dal Consiglio federale e dagli inviti giunti quindi da Berna.
L’esempio della Tour Eiffel
L’impressione è anche che le autorità comunali, quando non cantonali, ancora non stiano osando andare fino in fondo. Uno stallo, d’altronde, in vista di una possibile crisi. Il turismo, con i suoi simboli, è lì nel mezzo di queste dinamiche. È vero che in Svizzera non abbiamo una Tour Eiffel con tutte le sue luci, bensì maggiore modestia. Già, che poi persino l’icona parigina farà la sua parte. Parigi ha confermato nelle scorse settimane la riduzione dell’illuminazione notturna della sua torre di poco più di un’ora. «Non sono sicuro che in Svizzera l’illuminazione dei nostri monumenti e dei nostri simboli sia così essenziale», aggiunge Clivaz. «Non quanto può esserlo per la Tour Eiffel. Credo che i turisti non arrivino in Svizzera per questo, soprattutto in montagna».
C’è chi, comunque, ha annunciato misure di un certo peso. Le luci delle cascate del Reno per esempio sono state spente. E a Gstaad, a proposito di montagna, le illuminazioni natalizie potranno essere accese solo per pochi giorni. Altri provvedimenti seguiranno. Da Bellinzona è giunta giovedì scorso la decisione di non illuminare i castelli dopo le 22 e di ridurre le luminarie natalizie. I Comuni ticinesi sembrano per la maggior parte temporeggiare. I sindaci dei centri più importanti del cantone, al termine del loro incontro, a inizio settimana, hanno diramato, in vista soprattutto delle festività, una lista di intenzioni, più che di precisi dettami. «Tutta l’economia è interessata da questi ragionamenti, non solo il turismo», spiega Clivaz. «Ci sono regioni però che vivono di questa attività. In questo senso, è interessante riflettere su ciò che è essenziale e su come possiamo tornare a prodotti meno dispendiosi. Non abbiamo bisogno di luci dappertutto, non abbiamo per forza bisogno di sciare di notte».
Scarsa volontà politica
Christophe Clivaz, vallesano, oltre a essere professore all’UNIL è consigliere nazionale per i Verdi. Arriva dalla sessione di settembre delle Camere. E, proprio per questo, è convinto che non ci sia un’adeguata «volontà politica di affrontare il tema del risparmio di energia». Insomma, dietro lo spegnimento dei simboli mancherebbe la sostanza, la ciccia, riflessioni futuribili. «Ci si concentra su come produrre energia in maniera sostenibile, su come accelerare tali dinamiche, ma si riflette meno sul risparmio di energia. E pensare che è proprio attraverso il risparmio che, senza stravolgere le nostre abitudini, quasi senza toccarle, otterremmo un reale risparmio economico». Per Clivaz dovrebbe essere questa «la misura numero uno» - attraverso un’accurata sensibilizzazione e consigli pratici quasi porta a porta -, perché permette un risparmio, appunto, «e non porta a conflitti tra produzione di energia e salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità». Sempre in merito al turismo, aggiunge il professore, «va ricordato che l’attrattore principale, in Svizzera, non sono i giochi di luce, bensì proprio l’ambiente».