Il fenomeno

L’aborto, la privacy e il ruolo di Facebook

La piattaforma di Mark Zuckerberg, sotto accusa per aver fornito alla giustizia le conversazioni di una diciassettenne che stava pianificando di abortire, ha detto di voler introdurre la crittografia end-to-end di default anche su Messenger
Marcello Pelizzari
15.08.2022 07:20

C’è una differenza (c’era, diciamo) fra Facebook Messenger e WhatsApp. Entrambi appartengono alla stessa azienda e, va da sé, entrambi sono servizi di messaggistica istantanea. Il primo, però, a differenza del secondo non dispone della crittografia end-to-end, un sistema di comunicazione cifrata – citiamo Wikipedia – nel quale solo le persone che stanno comunicando possono leggere i messaggi. Tradotto: idealmente, nessuna terza parte potrebbe leggere il contenuto di un messaggio qualora lo intercettasse. 

Un caso emblematico

E Messenger? Lo scorso 11 agosto, sul blog aziendale, Facebook ha spiegato di aver lanciato dei test affinché la crittografia end-to-end diventi lo standard anche per questo servizio di messaggistica. Se i vertici e gli sviluppatori ci avessero pensato prima, beh, Meta avrebbe evitato critiche, polemiche e richieste di boicottaggio nell’ambito di un’inchiesta su un aborto clandestino negli Stati Uniti. Provate a cercare l’hashtag #DeleteFacebook sui social. 

Nei giorni scorsi, la stampa statunitense ha riferito della collaborazione di Facebook con la polizia del Nebraska. Al centro, appunto, un caso di aborto. Un tema, questo, particolarmente sentito nel Paese dopo il rovesciamento della Roe v. Wade da parte della Corte Suprema. Di fronte a un mandato di perquisizione, emesso in giugno, Facebook nello specifico ha fornito i dati delle conversazioni che un’adolescente di 17 anni, Celeste, ha tenuto con sua madre su Messenger. La ragazza, leggiamo, è accusata di aver abortito al di fuori di una struttura ospedaliera dopo la ventottesima settimana di gravidanza. Contravvenendo, dunque, alle leggi dello Stato che, fra le altre cose, impediscono di abortire oltre la ventesima settimana salvo eccezioni. Rischia, come sua madre, diversi anni di carcere. 

Queste leggi, va detto, esistevano prima che la Corte Suprema si pronunciasse su Roe v. Wade. Il caso, tuttavia, rimane emblematico. E getta un’ombra sinistra sul ruolo che i social potrebbero avere in una società anti-aborto. 

Il ruolo di Facebook

Facebook, a ben vedere, ha giocato un ruolo chiave. E questo perché, dopo aver visionato le discussioni su Messenger fra madre e figlia, la giustizia americana ha autorizzato una perquisizione presso i domicili delle due accusate. Sono stati confiscati diversi smartphone e, ancora, estratti diversi giga di dati. Madre e figlia, su Messenger, hanno discusso l’acquisto di un medicinale necessario all’aborto, quindi che cosa fare in seguito. 

Sul proprio sito, Facebook non ha mai nascosto la possibilità di collaborare con le forze dell’ordine nel quadro di procedure di giustizia. Lo richiede la legge statunitense, d’altronde. Lo stesso dicasi per altri Paesi. La domanda, tuttavia, sorge spontanea: le due donne avevano consapevolezza della natura «aperta» di Messenger? Conoscevano, insomma, il rischio potenziale? Sapevano che, a differenza di WhatsApp, quelle conversazioni non erano protette dalla crittografia?

Quali sono i rischi?

La crittografia end-to-end, su Messenger, esiste già al di là dei test promessi da Facebook. Ma va attivata manualmente. E l’opzione finora non è stata pubblicizzata granché. Detto altrimenti, se Facebook decidesse che le conversazioni su Messenger fossero crittografate di default, la misura toccherebbe circa un miliardo di utenti attivi. Proteggendo i meno informati. Se ne potrebbe parlare, stando all’ultimo comunicato, nel 2023. 

Il dibattito, concludendo, è aperto. Anche perché la giustizia, non solo in America, spinge per avere accesso, alla bisogna, anche a dati crittografati attraverso la creazione di speciali porte d’accesso. Una misura giustificata, anche sul fronte Unione Europea, dalla lotta al crimine organizzato e al terrorismo. Ma che pone questioni etiche ed esistenziali non indifferenti: a quel punto, le democrazie non lascerebbero spazio a sistemi totalitari?