Il caso

Le morti sospette nell’oligarchia russa

Nelle ultime sei settimane sei uomini d’affari attivi nel settore energetico sono deceduti in circostanze simili e poco chiare
Marcello Pelizzari
26.04.2022 18:00

Oligarchi russi. Morti. In circostanze quantomeno misteriose. O comunque poco chiare. Sembra la trama di un giallo internazionale, è la realtà. A parlarcene è Newsweek, che ha raccolto diverse informazioni in merito: nelle ultime settimane, diciamo dall’invasione dell’Ucraina, sei uomini d’affari russi attivi nel settore energetico sono, appunto, passati a miglior vita. 

C’è chi, subito, ha parlato di omicidi. Chi, invece, ha fatto prevalere la pista dei suicidi. La rapida successione di questi decessi, tuttavia, ha sollevato non poche domande. L’ultimo dramma riguarda Sergey Protosenya, l’ex amministratore delegato del colosso del gas Novatek: lo hanno trovato impiccato a Lloret de Mar, sulla Costa Brava, in una villa. Era il 19 aprile. Nelle vicinanze sono stati rinvenuti un coltello e un’ascia. I corpi della moglie e della figlia, all’interno della proprietà, mostravano i segni di ferite da taglio.

Per ora, la polizia spagnola non si è sbilanciata. Soprattutto, non ha escluso nessuna pista. Il 55.enne ha ucciso moglie e figlia e, in seguito, si è tolto la vita? O, ancora, i tre sono stati «eliminati» da una forza esterna? Protosenya ha lavorato per quasi vent’anni a Novatek, produttore privato di gas russo attualmente sotto sanzioni americane. L’azienda, il 21 aprile, ha rispedito al mittente le speculazioni dei media statunitensi.

Le similitudini

La morte di Protosenya, dicevamo, ha sollevato parecchi dubbi. Perché simile, molto simile a quella di Vladislav Avayev, già funzionario del Cremlino sotto Vladimir Putin nonché ex vicepresidente di Gazprombank, il braccio finanziario del gigante energetico Gazprom. Il 18 aprile, il corpo del 51.enne è stato trovato accanto a quello di sua moglie e sua figlia. Era crivellato di colpi. Diversi media hanno riferito che i colpi sono stati sparati con la pistola di Avayev. Particolare: l’appartamento di Mosca, di proprietà della famiglia, era chiuso dall’interno. Subito, però, diverse indiscrezioni sulle circostanze esatte della tragedia hanno trovato spazio sui giornali: c’è chi ha azzardato una possibile relazione extraconiugale di lei, ad esempio. Tutte le ipotesi, anche qui, restano sul tavolo. A maggior ragione ora, con la tensione a mille fra i ranghi dell’oligarchia russa complici la guerra, le sanzioni, la fedeltà al Cremlino che vacilla, le frasi nemmeno troppo velate del governo di Mosca a proposito di traditori e via discorrendo. 

L’Inghilterra

Un mese fa, il 24 marzo, a far discutere è stato il caso del miliardario Vasily Melnikov, 43 anni, trovato morto nella sua abitazione di Nizhny Novgorod, a poche ore di treno da Mosca, assieme alla moglie e ai due figli, uccisi da diverse coltellate. Secondo gli investigatori, l’oligarca avrebbe ammazzato la famiglia prima di suicidarsi. I motivi? Finanziari, va da sé. Melnikov era a capo dell’azienda farmaceutica MedStom, specializzata nella fornitura di attrezzature alle strutture sanitarie private. «La società del miliardario era sull’orlo del collasso a causa delle sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione totale dell’Ucraina» leggiamo su Galvered. Vicini e parenti, intervistati dal quotidiano Kommersant, hanno parlato di una famiglia unita, esemplare, tutto fuorché «conflittuale». Fra le ipotesi, anche un possibile litigio con un ex socio d’affari. Di nuovo, molti dubbi e pochissime certezze.

Il 28 febbraio, poco dopo l’inizio della guerra insomma, Mikhail Watford, magnate russo di origine ucraina, 66 anni, è invece stato ritrovato senza vita nel suo garage nel sud-ovest di Londra. Le autorità britanniche hanno definito il caso inspiegabile, tant’è che al momento rigettano l’ipotesi di suicidio. Watford aveva accumulato fortune importanti grazie al petrolio e al gas in seguito allo smembramento dell’Unione Sovietica. Quindi, si era dato all’immobiliare contribuendo, non poco, alla definizione di Londongrad.

L’Inghilterra, d’altronde, ha una certa familiarità con le morti russe sospette. Nel 2014, per dire, il cadavere di Boris Berezovsky venne trovato nel Berkshire, in un bagno. Gli inquirenti non furono in grado di stabilire con certezza se fossero di fronte a un suicidio o a un omicidio.

La prima morte

Altro giro, altra morte sospetta. All’indomani dell’invasione, il corpo senza vita di Alexander Tyulyakov, 61 anni, direttore generale aggiunto della tesoreria di Gazprom, è stato rinvenuto nel garage della sua casa di San Pietroburgo. Novaya Gazeta, al riguardo, ha scritto che il servizio di sicurezza del colosso energetico, mentre i medici legali erano al lavoro, sarebbe intervenuto negando l’accesso all’abitazione a giornalisti e polizia. 

La prima vittima della serie nera, concludendo, è Leonid Shulman, a capo del servizio trasporti di Gazprom. Anche lui, come Tyulyakov, viveva nel lussuoso quartiere Leninskoye di San Pietroburgo. Era un pezzo da novanta. La sua morte risale al 30 gennaio, a poco meno di un mese dall’invasione. Il sessantenne, al momento del decesso, era in congedo malattia complice un infortunio alla gamba. Si sarebbe suicidato nel bagno di casa sua. Accanto al corpo, una lettera. 

Il think tank polacco The Warsaw Institute, di fronte a tutte queste morti, in una nota non ha nascosto di nutrire qualche sospetto. Sei uomini d’affari russi, deceduti in circostanze simili, di sicuro fanno discutere. E rilanciano una domanda scomoda: il Cremlino, forse, c’entra qualcosa?

 

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