Guerra in Ucraina

Legge marziale nelle Repubbliche, Vladimir Putin alza di nuovo il tiro

Mentre continuano gli attacchi missilistici a tappeto sulle città e sulle strutture energetiche ucraine, Mosca impone restrizioni agli abitanti dei territori occupati – A Kherson è cominciata l’evacuazione dei civili, Kiev ora teme un attacco ancora più violento
Marta Ottaviani
20.10.2022 06:00

Vladimir Putin non si ferma. Il presidente russo è ancora convinto di poter vincere la guerra e per conseguire questo risultato è disposto a tutto, anche a mandare il suo Paese al massacro. Gli attacchi missilistici a tappeto iniziati lunedì scorso, e che, ancora ieri, hanno visto colpire Kiev e altre località dell’Ucraina, segnano l’avvio di una nuova strategia che, nelle speranze di Mosca, dovrebbe cambiare le sorti della guerra.

L'escalation continua

L’escalation, insomma, continua e ieri il capo del Cremlino ha firmato l’inizio della legge marziale (previsto per oggi) nelle Repubbliche di Donetsk, Lugansk e nei territori di Zaporizhzhia e Kherson, le zone parzialmente occupate dalle forze di Mosca e dichiarate soggetti della Federazione Russa lo scorso 29 settembre, dopo referendum per la loro indipendenza considerati una farsa da tutta la comunità internazionale. I governatori di queste regioni avranno poteri supplementari, potranno imporre coprifuoco, restrizioni di viaggio e soggiorno e censura militare. Il decreto presidenziale prevede anche divieti, seppure più blandi, nelle regioni al confine con l’Ucraina, ossia Krasnodar, Belgorod, Bryansk, Voronezh, Kursk e Rostov, nonché nella penisola di Crimea. In questi territori verrà limitato l’accesso e l’uscita di veicoli e il movimento al loro interno.

L'accusa di terrorismo

Putin, nel motivare il provvedimento, ha dato la colpa a Kiev, rea di «rifiutare di riconoscere il volere e la scelta del popolo e di aver rifiutato ogni proposta di negoziato». «L’Ucraina sta inviando squadre di sabotatori nel nostro territorio – ha spiegato -. Dopo l’attentato al ponte di Crimea ne abbiamo sventati altri, incluso uno a un nostro impianto nucleare. Stanno usando metodi terroristici». Parole che sembrano più improntate a fare accettare la legge marziale e la sua «versione light», che, insieme, interessano il 15% del territorio nazionale.

La guerra dei droni

Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che la Russia non prevede di chiudere i suoi confini, ma si è guardato molto bene da fornire dettagli su cosa potrebbe succedere ora e se davvero il codice di guerra potrebbe essere esteso a tutto il Paese. Stando alla Costituzione russa, quando è in vigore un provvedimento del genere, possono essere prese diverse decisioni dettate dall’emergenza, alle quali devono adeguarsi tutti, inclusi cittadini stranieri e apolidi. Fra queste, oltre alle limitazioni dei diritti fondamentali, che in Russia non mancano anche in tempi di pace, c’è la mobilitazione generale.

Il presidente sembra sempre più vivere in un mondo parallelo, incurante dei quasi 70 mila caduti in battaglia e dei 2.000 mobilitati a forza e morti in meno di dieci giorni alla loro chiamata al fronte. In una riunione che si è tenuta a inizio settimana con la sua cerchia più ristretta è emersa quella che sarà la nuova strategia di questa ennesima fase della guerra. Attaccare Kiev dalla Bielorussia e Kharkiv dalla regione di Belgorod mentre la contro offensiva è impegnata nella penetrazione in Donbass. Vitale, per la riuscita, l’impiego dei droni iraniani, che hanno un costo contenuto per la Russia e che possono infliggere danni alle infrastrutture strategiche più importanti. Proprio ieri, le Forze Armate Ucraine hanno reso noto di aver abbattuto 223 droni Shahed-136 negli ultimi 36 giorni, segno che Mosca compie attacchi su scala sempre più larga, con i relativi rischi per i civili.

Una mossa sospetta

C’è poi il nodo Kherson, che è quello che preoccupa di più Kiev. Nelle ultime ore la Russia ha iniziato l’evacuazione della città, che ha una grande importanza simbolica e strategica. Stando alla versione del vice governatore filorusso Kirill Stremusov, si tratta di una mossa in vista della battaglia per il controllo della città, che potrebbe iniziare a breve e che potrebbe essere la più sanguinosa dall’inizio del conflitto. Gli ucraini, al contrario, temono che Mosca stia facendo uscire 60mila persone dal territorio perché starebbero preparando un attacco ancora più violento verso Kiev, forse pure un test nucleare.

Ormai è una guerra anche di nervi, dove i russi sembrano averli persi già da un pezzo. Le notizie dei soldati reclutati durante la mobilitazione parziale e mandati al fronte senza l’equipaggiamento e l’addestramento idonei hanno fatto il giro della Russia nonostante la censura sui media, così come la sparatoria nella caserma nella regione di Belgorod, costata la vita a 11 persone e che ha messo in luce le grandi tensioni sociali all’interno del Paese. Aver mandato in guerra prima le minoranze etniche che abitano nelle regioni più povere della Russia e poi i migranti arruolati in modo irregolare, attraverso ricatti e sotterfugi, sta creando una vera e propria spaccatura e rabbia nei confronti dei russi di etnia slava e religione cristiana, considerati destinatari di un trattamento di favore nei primi otto mesi di guerra. Ma Putin vuole un milione di persone al fronte entro marzo 2023 e se il conflitto non finirà prima rischiano di ritrovarsi tutti sulla stessa, mortale barca.

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