L'editoriale

L'Europa e il nuovo ordine mondiale

Che dire di questo 2023 giunto ormai agli sgoccioli?
Osvaldo Migotto
30.12.2023 06:00

Che dire di questo 2023 giunto ormai agli sgoccioli? Secondo alcuni analisti di politica internazionale l'anno che sta per concludersi verrà ricordato soprattutto per due guerre: quella scatenata quasi due anni fa dalla Russia in Ucraina e quella tra israeliani e palestinesi innescata lo scorso 7 ottobre dalla spaventosa azione terroristica lanciata dagli estremisti di Hamas dentro i confini dello Stato ebraico. Uno scontro armato, quest'ultimo, che sta causando la morte di migliaia di civili e che rischia di incendiare tutto il Medio Oriente, vista la solidarietà armata dimostrata nei confronti dei palestinesi dai fondamentalisti islamici di Hezbollah in Libano e dai miliziani houthi dello Yemen, a loro volta armati dal regime iraniano.

Si tratta di due conflitti, quelli combattuti in Ucraina e in Palestina, che in un mondo sempre più globalizzato stanno avendo ripercussioni negative anche nel resto del pianeta. Lo abbiamo visto con l'ascesa del prezzo degli idrocarburi e con le migliaia di profughi ucraini che hanno bussato alle porte della Svizzera e di altri Stati europei a seguito della brutale invasione russa del loro Paese. Ne stanno pagando le conseguenze anche tutti quei Paesi che importavano dall'Ucraina tonnellate di cereali a prezzi abbordabili e ora devono fare i conti con la carenza di queste importanti derrate alimentari.

Anche le tensioni in Medio Oriente rischiano di avere pesanti ripercussioni economiche, considerato che sulle navi che attraversano il Mar Rosso e il Canale di Suez transita oltre il 12 per cento del commercio mondiale, incluso il gas metano tanto importante per il Vecchio continente dopo il taglio delle forniture dalla Russia. Gli attacchi degli estremisti houthi contro le navi che attraversano il Mar Rosso hanno già spinto alcune compagnie di navigazione a rinunciare a tale rotta, spingendo così verso l'alto il prezzo delle merci trasportate.

Ma a ben guardare vi è anche un altro scenario che il 2023 ha messo bene in luce sullo scacchiere internazionale. Stiamo parlando di quel «nuovo ordine mondiale» su cui Cina e Russia stanno sempre più puntando per abbattere l'egemonia economica e militare americana. A tale proposito va notato che lo scorso mese d'agosto nel vertice tenutosi a Johannesburg tra i Paesi emergenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) è stato deciso che dal primo gennaio 2024 altri sei Stati aderiranno al club: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Il presidente brasiliano Lula da Silva ha fatto notare che con questo allargamento i BRICS rappresentano il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione del pianeta. E l'allargamento dei BRICS è destinato a proseguire. Se a ciò aggiungiamo che in questi ultimi anni Cina e Russia hanno investito cifre record nel settore degli armamenti possiamo facilmente comprendere che la volontà di Pechino e Mosca di assumere un peso crescente in ambito internazionale, sia a livello economico, sia a livello militare, è da prendere più che mai sul serio. Le mire egemoniche della Cina in Asia sono ormai note da anni e Washington sta cercando di ridimensionarle con una serie di accordi con i Paesi della regione e con i suoi più fedeli alleati quali Regno Unito e Australia. 

Mentre la Russia di Putin, oltre a sfidare gli USA e l'UE in Ucraina, nel corso del 2023 ha proseguito la sua penetrazione in Africa, a spese della Francia che ha dovuto ritirarsi da Paesi tradizionalmente alleati di Parigi, ultimo in ordine di tempo il Niger. Il nuovo ordine mondiale che Cina e Russia stanno cercando di disegnare non va dunque inteso come una più giusta ridistribuzione delle risorse tra i Paesi del pianeta, ma piuttosto come il tentativo di cambiare le attuali egemonie a beneficio di alcuni dittatori. L’Europa è avvisata e per il futuro dovrebbe scegliere con più attenzione dove investire.