Processo

L'imputato sparito si rifà vivo con una e-mail

Se n’era andato dopo che il procuratore pubblico aveva chiesto la sua carcerazione – «Ho pensato alle mie figlie»
©Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
16.11.2022 18:24

Che fine ha fatto l’imputato? Al Pretorio di Mendrisio non si è più visto, però ha inviato una e-mail. Un testo che il suo avvocato Romeo Mazzoleni ha letto oggi durante il secondo giorno del processo a carico di lui e altre tre persone accusate, a vario titolo, di cattiva gestione e appropriazione indebita aggravata. «Chiedo scusa per il mio comportamento, ma come potrà immaginare sono rimasto totalmente scioccato e ancora adesso traumatizzato da quanto asserito e richiesto dal procuratore pubblico». Cioè la carcerazione di sicurezza dell’uomo, un cinquantasettenne italiano domiciliato nel Mendrisiotto ma per sua stessa ammissione residente nella penisola. Il punto è proprio questo. Venuto a sapere che la vera residenza dell’imputato era in Italia e temendo una fuga, il magistrato Daniele Galliano aveva chiesto la sua carcerazione di sicurezza. Così, alla prima pausa, se n’era andato. «Può immaginare il mio stato d’animo – prosegue la lettera – che mi ha portato immediatamente a pensare che non avrei più potuto riabbracciare le mie figlie, che senza di me non avrebbero più avuto serenità». Così, da quanto si desume, è andato da loro, in provincia di Torino. «Ero pronto, essendo venuto all’udienza, a farmi carico del giudizio e a subirne le conseguenze, ma con la possibilità di far valere le nostre ragioni e non certo con la privazione della libertà ancora prima di essere giudicato».

A margine del processo, oggi, Mazzoleni ci ha confermato che il suo assistito non ha intenzione di sottrarsi alla giustizia. «In caso di condanna definitiva, che sia di primo o di secondo grado, si ripresenterà. Chiarisco che è stato oggetto di un ordine di accompagnamento coatto in aula, non di un mandato d’arresto». Toccherà al giudice Siro Quadri esprimersi sulla sua carcerazione di sicurezza: decisione che l’avvocato è pronto a impugnare. «Se oggi il mio cliente non è presente – ha aggiunto Mazzoleni durante la sua arringa – è per colpa del procuratore pubblico, che ha commesso una grave violazione del principio di proporzionalità. In nove anni – i fatti oggetto dell’inchiesta risalgono al periodo fra il 2011 e il 2013 – una misura del genere non è stata adottata. E ora non ci sono nuovi elementi che la giustifichino». Galliano la pensa diversamente. «Il fatto che il domicilio in Ticino fosse fittizio non era mai emerso prima. Ho chiesto la carcerazione in modo che rimanesse qui, non potevo fare altrimenti».

Ne mancava anche un altro

La vicenda, in estrema sintesi, vede come imputato principale un quarantaseienne italiano il quale, tramite una serie di operazioni, avrebbe danneggiato i finanziatori di un suo fondo d’investimenti. E nel farlo, secondo gli inquirenti, si sarebbe servito delle competenze di due altri imputati esperti nel ramo, mentre il quarto è la moglie di uno dei due professionisti: quello che lunedì ha lasciato l’aula. Mazzoleni ne ha chiesto la totale assoluzione sottolineando come non avesse senso, per lui, partecipare a un piano criminale. Se non altro per una questione economica. «Con la sua attività guadagnava mezzo milione l’anno. Perché avrebbe dovuto mettere in gioco tutto, la sua reputazione, il suo lavoro, la sua libertà, per un compenso annuale di gestione che ammontava a settemila euro?». L’avvocato Simone Beraldi, patrocinatore del secondo professionista, si è invece focalizzato sulla figura dell’imputato principale, «che non può essere ritenuto credibile: si è servito dei due esperti per arricchirsi, mentre loro pensavano di lavorare su un progetto d’investimento affidabile: erano in buona fede». Anche Beraldi ha chiesto il proscioglimento e così Mattia Bordignon, avvocato della donna. «Lei tra l’altro faceva parte del board di un fondo d’investimenti per le sue competenze in ambito immobiliare, mentre per le questioni finanziare si affidava al marito».

L’imputato principale, che non si è presentato al processo, non contesta i fatti. «Difendo una persona che sicuramente ha sbagliato – ha detto in aula il suo avvocato Maria Galliani – ma che non è un criminale spregiudicato, un truffatore incallito che agisce senza scrupoli». La patrocinatrice ha quindi chiesto nei suoi confronti una pena massima di tre anni, parzialmente sospesi. La lettura della sentenza è prevista per giovedì prossimo a Lugano.

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