Il punto

L’internet ucraino, per ora, regge

La rete, nonostante alcuni blackout locali dovuti ai bombardamenti, nell’insieme non sta subendo l’effetto dell’invasione russa – E per il Cremlino impossessarsene potrebbe essere più difficile del previsto, anche grazie a Elon Musk
Marcello Pelizzari
02.03.2022 20:07

Controllo di internet nel territorio della Federazione, fra limitazioni ai social e ai media stranieri: fatto. Prossima, possibile mossa: indebolire la rete delle reti in Ucraina, visto l’uso che ne fanno i suoi leader politici e la popolazione. Il Cremlino, quantomeno, ci sta pensando. Seriamente. Ne riferisce, fra gli altri, il Guardian. Chiarendo che, in effetti, il web non solo sta supportando la quotidianità e il sistema finanziario del Paese. Ma è divenuto, con il passare dei giorni, vitale sia per organizzare la resistenza sia, soprattutto, per far sapere al mondo che cosa sta succedendo. Prendete i video messaggi di Volodymyr Zelensky, il presidente, o quelli del sindaco di Kiev Vitali Klitschko.

L’infrastruttura regge
Mentre scriviamo queste righe, beh, internet non risulta disturbato in Ucraina. Quantomeno considerando il contesto. Diversi media, fra cui l’Economist, hanno riportato blackout qua e là, complici i bombardamenti. Anche le reti per cellulari hanno sofferto. Le organizzazioni esterne deputate a monitorare la rete, tuttavia, riferiscono che internet è ampiamente disponibile e, nuovamente, non è stato toccato dall’invasione russa.

L’Ucraina, in questo senso, ha un vantaggio inaspettato come ha sottolineato, sempre al Guardian, Alp Toker di NetBlocks. L’infrastruttura è diversificata e decentralizzata. Tradotto: non esiste un pulsante unico per spegnere l’intero web.

«Se una nazione volesse spegnere l’internet ucraino dovrebbe entrare fisicamente nei punti di scambio e nei centri dati, prendendo il controllo di questa infrastruttura». Un colpo che, certamente, «non può essere fatto a distanza tagliando una connessione con, diciamo, la Russia».

In piena emergenza, nella speranza di aumentarne la connettività, il regolatore ucraino delle telecomunicazioni ha pure rilasciato delle frequenze temporanee di riserva per consentire alle reti di telefonia mobile di alleviare possibili congestioni.

Alcune aree tagliate fuori
Detto che il sistema, preso nell’insieme, sta reggendo l’onda d’urto russa va sottolineato, e ribadito, come in alcune aree del Paese le cose si siano messe male presto, se non subito. Lanet, uno degli operatori più forti, si è scusato con i suoi clienti a Sievierodonetsk, a est, perché nell’area non «c’era più campo» volendo usare un’espressione gergale. Il motivo? Le operazioni militari.

Il fatto che la città sia assediata dai russi e sia bersagliata dal fuoco di artiglieria, ovviamente, complica le cose. E questo perché i tecnici della compagnia, al momento, non possono effettuare riparazioni proprio a causa dell’attività militare.

I fratelli Klitschko alle prese con un video messaggio da postare sui social. © AP/Efrem Lukatsky
I fratelli Klitschko alle prese con un video messaggio da postare sui social. © AP/Efrem Lukatsky

Il blackout intenzionale
Negli anni, i cosiddetti regimi autocratici hanno consapevolmente provocato blackout della rete per, mettiamola così, ripristinare l’ordine o, se preferite, evitare la circolazione di idee giudicate pericolose. Secondo Access Now, un’organizzazione no profit con cui avevamo approfondito l’argomento mesi fa, dal 2016 a oggi se ne sono verificati addirittura 768. «Misure così drastiche – ci diceva Felicia Anthonio – di solito servono per difendere una precisa narrazione, evitando che la gente critichi un governo o le sue azioni. O ancora per frustrare le aspirazioni politiche dell’opposizione durante le elezioni, o più in generale per impedire al mondo esterno di vedere cosa sta succedendo in uno specifico Paese o luogo durante le crisi. Pensiamo alle proteste di massa, ai conflitti o alle comuni violenze».

A gennaio, per dire, il Kazakistan aveva spento internet di fronte alle rivolte. Molte nazioni africane hanno perfino imposto la chiusura totale del web in seguito a conflitti interni o in ottica elezioni.

Il punto, tuttavia, è un altro. Se per un governo in carica, a maggior ragione quando è autoritario, è facilissimo ordinare lo spegnimento ai fornitori di servizi e ai gestori delle infrastrutture, il discorso cambia se a compiere una simile mossa dovesse essere un Paese invasore. Come, nel caso specifico, la Russia.

Secondo Toker un attacco mirato potrebbe mettere fuori uso alcune parti del sistema. Ma il risultato sarebbe di breve durata e, secondo gli esperti, Kiev riuscirebbe a mettere in campo le contromosse necessarie.

L’unico scenario possibile, quindi, rimane la distruzione fisica e sistematica delle varie infrastrutture. La distruzione della torre tv a Kiev, a detta di alcuni, rappresenta un possibile indizio.

L’ingresso di Musk
La Russia, soprattutto, ha un nemico in più. Elon Musk, il visionario patron di Tesla, ha reagito all’invasione russa schierando la sua creatura più tattica: Starlink, il sistema che garantisce una connessione a banda larga a internet sfruttando migliaia e migliaia di satelliti.

L’esercito o gli hacker russi difficilmente riuscirebbero a mettere le mani su una tecnologia simile – diciamolo: è pressoché impossibile – ma per funzionare Starlink ha bisogno di equipaggiamento speciale a terra. Musk, è lapalissiano, ha fornito tutto il necessario a Kiev affinché più persone possano collegarsi alla rete indipendentemente dallo stato di salute dell’infrastruttura “classica”.

Certo, Starlink non darà un’alternativa all’intera popolazione ma, quantomeno, permetterà a Zelensky e agli uomini chiave del Paese di continuare a comunicare verso l’esterno. Procurando e provocando, così, danni importanti alla propaganda russa.

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