L'ira di Putin davanti al no ucraino

Il leader del Cremlino: "Sul gas una proposta da partner, ma a questo punto penseremo diversamente"
Red. Online
11.06.2014 23:33

MOSCA - Continua il lungo braccio di ferro sul gas tra Ucraina e Russia. Il governo di Kiev ha rifiutato la proposta di Mosca di ridurre di 100 dollari per mille mc la tariffa salatissima del metano che la Russia ha imposto all'Ucraina da quando a Kiev si è installato un governo filo-occidentale, e ha scatenato così l'ira del leader del Cremlino Vladimir Putin, che ha accusato Kiev di voler "portare i negoziati verso un vicolo cieco".

Ma dopo le accuse il presidente russo è passato alle minacce: "Le nostre proposte - ha detto - sono da partner, o anche di più, ma se saranno rifiutate passeremo a una fase diversa, e non per nostra scelta". Lo "sconto" che il governo russo ha proposto a Kiev durante le trattative a tre (Ucraina-Russia-Ue) di questi giorni a Bruxelles ridurrebbe il prezzo del metano da 485 dollari per mille mc (la tariffa più alta d'Europa) a 385, cioè più o meno quanto pagava l'Ucraina fino all'anno scorso in base a un controverso accordo firmato nel 2009 dall'allora premier Iulia Timoshenko.

Ma Kiev punta a una tariffa più bassa, e cioè 268,5 dollari: il prezzo di favore che il Cremlino le aveva concesso nel dicembre dell'anno scorso dopo che il deposto presidente filorusso Viktor Ianukovich aveva congelato all'ultimo momento la firma di un accordo di associazione con l'Ue. In realtà entrambe le parti sono consce di doversi venire incontro per trovare una soluzione, e il governo di Kiev si è comunque detto flessibile sulla tariffa, tuonando che però deve essere "in sintonia con il mercato e non un prezzo politico", altrimenti ricorrerà all'arbitrato internazionale di Stoccolma.

La Russia dal canto suo chiede che l'Ucraina onori il suo debito per il metano, che ammonterebbe a 4,5 miliardi di dollari, minacciando altrimenti di introdurre un sistema di pagamento anticipato delle forniture; ma dopo aver ricevuto un primo versamento da 786 milioni di dollari, Mosca ha già più volte posticipato il suo ultimatum: dal 3 al 9 giugno, dal 9 al 10, e infine oggi ha dato tempo a Kiev fino a lunedì prossimo per pagare.

Le incomprensioni comunque restano profonde. Il premier di Kiev, Arseni Iatseniuk, ha annunciato di aver rifiutato la riduzione del prezzo in una seduta del Consiglio dei ministri dicendo senza mezzi termini di non fidarsi del Cremlino e di conoscere "le trappole dei russi" perché "lo sconto deciso dal governo russo" può poi essere "cancellato" dallo stesso governo russo. Al che Putin ha subito controbattuto che Mosca ha "sempre mostrato grande rispetto per gli impegni presi" e che "gli ucraini non si accontentano degli sconti, hanno maggiori pretese, ma non si capisce su quali basi".

Le trattative a tre iniziate lunedì sono proseguite anche oggi, e vi hanno partecipato il commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger, il ministro ucraino Iuri Prodan e il suo omologo russo Alexander Novak. Ma finora non hanno portato a nessun risultato concreto, e dopo questa difficile giornata si teme un rallentamento nei negoziati, anche se l'Ue ha dichiarato che le parti resteranno in contatto telefonico nelle prossime 48 ore. I dissapori tra Kiev e Mosca potrebbero infine danneggiare anche l'Unione europea, visto che metà del gas russo diretto in Europa passa proprio dall'Ucraina e se Mosca dovesse decidere di chiudere i rubinetti del metano lascerebbe al gelo mezzo continente.