L'Italia e le elezioni europee del 2024

Il no di venerdì scorso della Camera dei Deputati italiana all’autorizzazione alla modifica del Mes, il cosiddetto fondo salva-Stati, ha ulteriormente richiamato in Italia l’attenzione sull’Europa.
In effetti, l’Europa, o meglio l’Unione Europea, era già al centro della cronaca politica, ma per lo più per motivi di politica interna. Il 6-9 giugno prossimi sono in programma le votazioni per il rinnovo dell’Europarlamento dove i tre partiti italiani attualmente al governo sono in gruppi diversi: Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni appartiene al gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, CRE/ECR, la Lega al gruppo Identità e Democrazia, ID, e il Forza Italia allo storico Partito Popolare Europeo, PPE, il più antico e numeroso raggruppamento dell’Europarlamento. Anche per questo i tre partiti hanno già annunciato che alle votazioni si presenteranno ciascuno per conto proprio senza dar vita a liste comuni. Fratelli d’Italia e Lega con la segreta intenzione di verificare quanti voti riusciranno a togliere a Forza Italia alle sue prime votazioni senza Silvio Berlusconi.
D’altra parte anche ieri alla Camera, dove sulla riforma del Mes si votava su iniziativa parlamentare, i tre partiti si sono comportati diversamente. Contro hanno votato Fratelli d’Italia e Lega mentre Forza Italia si è astenuta. La maggioranza si è dunque spaccata ma anche l’opposizione: il Partito Democratico di Elly Schlein ha votato a favore ma il Movimento 5 Stelle ha votato contro.
Il Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, 809 miliardi di euro, è un fondo cui i venti Paesi dell’area dell’euro possono, a precise condizioni, attingere se si trovano temporaneamente in difficoltà finanziarie. Con la modifica che l’Italia ha respinto il Mes sarebbe stato aperto anche al Fondo Europeo di Risoluzione che interviene nelle crisi delle grandi banche (come oggi è il caso di alcune grandi banche tedesche).
La questione si è aggiunta alle molte e tra loro variamente intrecciate le battaglie che in Italia, come pur altrove, si combattono o si combatteranno sullo spunto delle votazioni per il Parlamento Europeo, benché esso di per sé non sia così decisivo come molti credono. È infatti una Camera priva di iniziativa politica, chiamata ad esaminare e votare, o anche a dare dei semplici pareri non vincolanti soltanto su questioni e su atti che gli vengono sottoposti dalla Commissione e/o dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo.
Sia in Italia che quantomeno negli altri maggiori Stati non sembra invece sin qui emergere la vera grande questione che oggi dovrebbe imporsi nell’Unione: il suo non essere in effetti un’entità politica bensì una semplice alleanza tra Stati caratterizzata da un rilevante “deficit di democrazia”. Un’alleanza fondata per di più su trattati che essenzialmente risalgono a un tempo tramontato e lontano, quello della Guerra fredda e perciò dell’Europa e della Germania divise e separate da una Cortina di ferro.
All’ombra di questo assetto giuridico del tutto superato l’Unione è divenuta semplicemente un’alleanza economica asimmetrica attorno alla rinata potenza tedesca, che non riesce a fare sintesi dei diversi interessi geo-strategici che l’attraversano. Finisce perciò per essere, pericolosamente per tutti gli Stati membri, un gigante economico ma un nano politico, come le crisi ucraina e israelo-palestinese stanno ancora una volta dimostrando.
Nel tentativo di risolvere ancora il problema nel quadro dei trattati vigenti, finora nell’Unione Europea si contrappongono due schieramenti: quello dei “federalisti”, intendendo con questa parola non il federalismo propriamente detto ma il continuo rafforzamento dei poteri centrali e la trasformazione delle «direttive» ossia delle leggi varate della Commissione in fondamenti del diritto degli Stati membri; e quello dei “sovranisti” che viceversa sono per la difesa del diritto degli Stati e quindi della loro sovranità. In realtà nessuna di questa due posizioni è soddisfacente e può essere risolutiva. Occorrerebbe invece rifondare ab imis l’Unione Europea ponendo in modo inequivocabile alla sua base la sovranità popolare e distinguendo chiaramente tra i poteri degli Stati e quelli dell’Unione.