L’ondata di caldo torrido riempie i pronto soccorso

Oltre 800 accessi nei pronto soccorso dell’Ente ospedaliero cantonale nel solo fine settimana. L’arrivo della prima ondata di caldo intenso in Ticino, com’era prevedibile, ha causato un’impennata dei malori. «Addirittura, abbiamo accolto 102 persone nel PS di Lugano nella sola giornata di domenica. Un numero decisamente alto, anche perché siamo solo all’inizio dell’estate», spiega la dottoressa Roberta Petrino, primaria di Medicina di urgenza all’EOC, che non nasconde una certa preoccupazione. Del resto, i numeri parlano chiaro: «Nell’ultimo fine settimana, nelle quattro sedi dell’EOC gli ingressi, rispetto allo scorso anno e alla media degli ultimi anni, sono aumentati». La colpa? Il troppo caldo. Temperature elevate che, nonostante il temporale di lunedì sera, hanno conosciuto una tregua soltanto provvisoria. Non a caso, MeteoSvizzera ha esteso l’allerta di grado 3 fino a venerdì. «È chiaro che, da qui ai prossimi anni, la situazione andrà peggiorando», dice la dottoressa Petrino. «La mia impressione è che le molte guerre in corso nel mondo abbiamo spostato l’attenzione da un problema altrettanto grave e urgente, come quello del riscaldamento globale». E se prima l’emergenza caldo toccava solo marginalmente la Svizzera, oggi anche qui si possono toccare con mano gli effetti devastanti delle temperature elevate sull’organismo. E chi lavora in prima linea nei pronto soccorso lo sa bene. «Nel fine settimana, come detto, abbiamo registrato in totale 825 accessi ai PS: 257 a Lugano, 230 a Bellinzona, 144 a Mendrisio e 194 a Locarno. Il 40% dei pazienti visitati ha necessitato un ricovero», dice Petrino. Anche il mese di giugno, nel suo complesso, è stato peggiore rispetto a quello dello scorso anno. «Rispetto al giugno dell’anno passato, abbiamo visto circa il 10% di pazienti in più». Nel giugno del 2024, al pronto soccorso erano arrivati in 6.820, nel mese che si è chiuso due giorni fa ne sono stati conteggiati invece 7.632 (+812). In particolare, l’incremento è legato a malessere, nausea/vomito, ipotensione, cefalea. Ma anche ai traumi. «Per quanto riguarda i traumi, parliamo di un vero e proprio picco. Cadute e fratture che hanno visto coinvolti sia gli anziani che i più giovani». Senza dimenticare il più classico malessere a causa del caldo eccessivo.
A questo proposito, dice Petrino, insieme al Gruppo operativo salute e ambiente (GOSA) e a MeteoSvizzera, da quest’anno l’EOC sta portando avanti un lavoro di monitoraggio molto più approfondito. «Oggi, sappiamo soltanto che circa la metà dei malori riconducibili al caldo avviene in casa, il resto fuori. Ora, invece, stiamo tenendo traccia del luogo preciso in cui il paziente si è sentito male. In questo modo, insieme alle competenze di MeteoSvizzera, il Cantone potrà tracciare una mappatura delle diverse aree e capire se ci siano zone da considerare più a rischio per il caldo». E, di riflesso, riuscire a intervenire per aiutare maggiormente la popolazione, soprattutto quella più vulnerabile.
Il progetto di monitoraggio sanitario, spiega da parte sua il dottor Federico Peter, medico capo del Servizio di promozione e di valutazione sanitaria dell’Ufficio del medico cantonale del DSS e presidente del GOSA, ha preso avvio già dal 2015. «Ma da quest’anno, oltre a una migliore qualità e completezza dei dati raccolti sugli accessi nei PS, viene registrato anche il luogo in cui è avvenuto il malore, nel rispetto dell’anonimato e della sfera privata». Infatti, spiega, ci si è resi conto che tra i fattori che aumentano il rischio ci sono anche l’utilizzo di medicamenti. «C’è una vasta categoria di farmaci (tra cui quelli per l’ipertensione, i betabloccanti e i diuretici) il cui dosaggio deve spesso essere adattato con l’arrivo del caldo. Non a caso, qualche settimana fa il medico e il farmacista cantonale hanno inviato una comunicazione a tutti i medici di famiglia e ai farmacisti per sensibilizzarli sulla problematica. Un altro punto a cui prestare attenzione, poi, sono le cosiddette isole di calore, ossia ambienti cittadini in cui l’escursione termica rispetto alle zone circostanti rurali o periferiche può essere di 5-10 gradi maggiori». Uno degli obiettivi del Programma di legislatura del Governo, spiega Peter, è proprio quello di promuovere spazi pubblici adatti a ridurre lo stress termico durante i periodi di caldo intenso, anche con l’obiettivo di dedicarsi al movimento in sicurezza. Il problema, dice, non è infatti solo correlato al malessere fisico. «Il caldo intenso ha anche un importante impatto sulla qualità di vita e sulla salute mentale. Pensiamo, ad esempio, alle persone della terza e quarta età che limitando i contatti e le attività all’aria aperta, possono essere a rischio isolamento sociale. Ma anche a tutti noi che, quando per il caldo dormiamo male o siamo impossibilitati a fare attività fisica, ne risentiamo».
Per questo, da qui ai prossimi anni, si cercherà di intervenire anche sulle città. «In collaborazione con i Comuni e con il Dipartimento del territorio, intendiamo agire a livello pianificatorio e urbanistico per avviare una serie di misure strutturali sulle isole di calore. Anche perché, con il cambiamento climatico, in futuro i periodi di canicola saranno sempre più intensi e frequenti. Quindi occorre non solo monitorare il fenomeno ma agire con piani mirati a livello strutturale». In maniera complementare, rimangono però imprescindibili le campagne informative e di sensibilizzazione a livello cantonale. Che negli ultimi anni sono state estese all’intera popolazione, e non solo alle persone più fragili. «Ci siamo accorti, infatti, che spesso sono anche i più giovani a sottovalutare i pericoli della canicola e quindi a correre seri rischi per la salute. È bene, quindi, che tutti siano correttamente informati». La sensibilizzazione, assicura Peter, sta producendo gli effetti sperati. Ma da sola non può essere sufficiente. Specialmente pensando a cosa ci attende nei prossimi anni. «Per questo è imprescindibile svolgere un’azione sul campo. Nelle città e nei Comuni per renderli più vivibili, anche e soprattutto nei periodi di caldo prolungato».
Le case anziani boccheggiano: «Molte strutture vetuste»
Gli anziani sono osservati speciali, in questi giorni di caldo anomalo. E anche le case per anziani. Il Gruppo operativo salute e ambiente del Dipartimento sanità e socialità ha inoltrato a più riprese gli avvisi di allerta (e relativi prolungamenti) alle 76 residenze per la terza età sparse sul territorio. A loro volta, poi, le singole strutture hanno fatto scattare i protocolli interni concordati con il DSS. Qualcuno ha giocato anche d’anticipo, accendendo i condizionatori già a metà giugno. «Ogni struttura ha i propri regolamenti» sottolinea John Gaffuri, presidente dell’Associazione delle case anziani ADICASI. «L’applicazione delle linee guida può variare in base alle caratteristiche di ciascuna casa anziani».
Il tasto climatizzazione è delicato: «Nelle strutture più vetuste, dove si sono fatti interventi per così dire di rattoppo, è chiaro che non si avranno le stesse condizioni di quelle più moderne concepite secondo gli ultimi standard di efficientamento energetico e refrigerazione». Gaffuri dirige la casa anziani di Coldrerio, costruita nel 2022, e anche quella di Morbio Inferiore che risale a metà anni ‘80 («in questi periodi sempre un po’ sofferente») e conosce bene la differenza. Il problema è che solo il 10 per cento circa delle case anziani in Ticino hanno meno di vent’anni. «La stragrande maggioranza delle strutture risale al secolo scorso» conferma Gabriele Fattorini della Divisione dell’Azione sociale e delle famiglie. «La questione è delicata. Ci sono delle preoccupazioni sanitarie, perché gli impianti di condizionamento possono favorire la circolazione di virus» conclude Fattorini. «In generale ogni struttura è invitata a fare delle valutazioni sulla qualità di vita degli ospiti in periodi come questo, che non sono ormai più un’eccezione». E magari a pensarci prima che faccia troppo caldo.