L’analisi

Ma com’è cambiata la quotidianità dei russi?

Senza carte di credito internazionali, senza Apple e Google Pay, la popolazione «normale» si aggrappa al circuito interno Mir e all’economia informale basata sul dollaro
Marcello Pelizzari
02.03.2022 11:15

L’accordo è stato raggiunto. Sette banche russe sono state cancellate dal sistema internazionale dei pagamenti – SWIFT, proprio lui – fino a nuovo avviso. C’è il colosso VTB Bank, detenuta al 60,9% dal governo russo. Non c’è (per ora) il colosso dei colossi, Sberbank. Ci sono le altre: Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Rossiya Bank, Sovcombank, Vneseheconombank (VEB). La cosiddetta «banca del gas», Gazprombank, è invece stata risparmiata per ovvi motivi. L’Europa ne ha (ancora) bisogno.

Le parole di Mastercard e degli altri
Parallelamente, anche Mastercard, Visa e American Express – i tre principali circuiti quando parliamo di carte di credito – hanno interrotto i rapporti con queste banche. Michael Miebach, il CEO di Mastercard, nel ribadire il blocco ha chiarito: «Continueremo a lavorare con i regolatori per soddisfare pienamente i nostri obblighi». Parole che sanno di politichese, certo, ma che non lasciano spazio all’immaginazione. Visa, banalmente, ha spiegato di voler «garantire il rispetto delle sanzioni applicabili» e di essere «pronta a rispettare le sanzioni aggiuntive che potrebbero essere implementate». Sulla stessa lunghezza d’onda American Express. Sì, ha sottolineato il CEO Stephen Squeri, il business in Russia era «piccolo» rispetto ad altre regioni del mondo. Ma una sanzione è una sanzione e «dall’inizio di questa crisi abbiamo rispettato sia quelle statunitensi sia quelle internazionali». Severo, ma giusto. E logico.

Un circuito interno ma non globale
Bene, ma nel concreto come si traducono questi addii temporanei al mercato russo? Semplice: tutte le banche coinvolte non potranno assicurare la minima transazione internazionale attraverso i circuiti di Mastercard, Visa e American Express. Ahia.

Per certi versi, la Russia era pronta a una simile mazzata. Secondo Statista.com, nel 2018 circa il 10% di tutti i pagamenti tramite carta veniva effettuato con carte di credito. Una percentuale relativamente bassa, anche perché sanzioni simili erano già state applicate nel 2014 in seguito all’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa e al conflitto nel Donbass, con Visa e Mastercard che avevano temporaneamente sospeso i loro servizi nel territorio russo.

Proprio questo precedente aveva spinto la Russia a sviluppare, con una certa rapidità, un proprio circuito di carte. Un sistema che, oggi, esiste e ha un nome evocativo: Mir, «mondo». È gestito dalla Banca centrale ma, grosso problema, di fatto è valido solo per le transazioni domestiche. Da Russia a Russia, già, con qualche eccezione: Armenia, Turchia, Uzbekistan. Si era parlato di lanciarlo a Londra, vista la massiccia presenza russa (da qui il nomignolo Londongrad). Nulla di fatto.

In patria, tuttavia, Mir ha avuto una crescita importante con più di 100 milioni di carte emesse secondo i dati di ottobre 2021. Ogni salariato, generalmente, riceve una carta di questo tipo dal suo datore di lavoro. Ma anche istituti come quello pensionistico adoperano il circuito per versare i contributi.

Tutto molto bello ma, appunto, se un russo volesse effettuare un pagamento verso l’estero con una carta Mir rimarrebbe deluso. Le eccezioni, poche, esistono. Detto dei Paesi in cui è possibile pagare con Mir, vi sono altresì alcuni istituti che hanno legato Mir a circuiti secondari come Maestro o UnionPay (Cina). Impossibile, però, definirla una carta globale.

© EPA/MAXIM SHIPENKOV
© EPA/MAXIM SHIPENKOV

Le code in metropolitana
Non stupiscono, pertanto, le corse ai bancomat dei cittadini. Della serie: d’accordo che le sanzioni colpiscono soprattutto gli oligarchi, ma anche la quotidianità dei russi «normali», oggi, è pesantemente condizionata dalle sanzioni occidentali. Così, mentre il rublo crolla si sono formate pure code davanti alla metropolitana di Mosca: gli utenti, abituati com’erano ad appoggiare lo smartphone, lo smartwatch o ancora la carta di credito per pagare, sono rimasti bloccati ai tornelli. Anche Apple Pay e Google Pay, infatti, hanno interrotto le varie collaborazioni.

Gli esperti, concludendo, si interrogano. E adesso? Le importazioni, con il rublo in picchiata, inevitabilmente saranno più costose. E questo al netto di una popolazione che, da anni, è abituata ai rapporti conflittuali fra Mosca e Occidente e a una certa autarchia in termini di materie prime agricole. La Banca centrale, tuttavia, dovrà per forza di cose emettere più denaro per sostenere le spese del governo e, soprattutto, il costo della guerra in Ucraina.

Detto delle considerazioni più o meno ufficiali, la caduta del rublo (un po’ come negli anni Novanta) potrebbe favorire altresì la crescita di un sottobosco economico basato sul dollaro o sull’euro. A maggior ragione se il governo cedesse alla tentazione di introdurre un tasso di cambio forzato. Le conseguenze per l’inflazione, in questo caso, sarebbero ancora più pesanti.

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