Ticino

Misure di risparmio per oltre 120 milioni e un muro davanti

Il Consiglio di Stato ha presentato il Preventivo 2026 che prevede un deficit di 97,4 milioni di franchi – Ma all’orizzonte la vera sfida riguarda però il finanziamento delle due iniziative sui premi di cassa malati – La manovra porterà un leggero beneficio per le casse comunali
©Gabriele Putzu

A delineare il contesto generale del Preventivo 2026 – con i relativi pesi e contrappesi istituzionali – è stato il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, il quale oltre a presentare le cifre nude e crude dell’esercizio contabile, da subito, ha allargato lo sguardo verso l’esito delle due votazioni popolari sui premi di cassa malati, indicando in esse il vero terreno di confronto politico sul fronte delle finanze pubbliche. L’entrata in vigore delle due proposte comporterà infatti per il Cantone un onere stimato di oltre 350 milioni di franchi all’anno. «Non sarà un compito semplice», ha chiosato Gobbi. «Obbligherà le parti a mettersi in gioco al di fuori delle proprie trincee ideologiche».

Al riguardo, la direttrice del DECS, Marina Carobbio Guscetti, ha ribadito la propria volontà a trovare, responsabilmente, «una soluzione sostenibile finanziariamente nel tempo che garantisca al contempo prestazioni dignitose ai più bisognosi». Insomma, Carobbio si è quindi detta pronta a lavorare tanto sul fronte delle entrate fiscali, quanto su quello delle uscite, «così come si è fatto per questo documento che presentiamo oggi».

«Misure strutturali»

Venendo ai numeri, il Preventivo 2026 indica un disavanzo d’esercizio di 97,4 milioni di franchi. Il disavanzo totale, invece, si attesta a 156 milioni, mentre il debito pubblico, a fine 2026, potrebbe superare i 2,9 miliardi di franchi. «Sono numeri preoccupanti che impongono serietà e visioni di lungo periodo», ha detto Gobbi, annunciando, al contempo, misure di riequilibrio finanziario per circa 120 milioni di franchi. «Sono misure che toccano tutti i settori in uno spirito di equa condivisione e che consentono di mantenere il bilancio entro i limiti imposti dalla Costituzione».

Il freno al disavanzo, del resto, non può (e non potrà) essere sospeso, ha ricordato dal canto suo il direttore del DFE, Christian Vitta, che ha parlato di «preventivo prudenziale», nella misura in cui non prevede alcuna quota sugli utili della Banca nazionale svizzera (BNS) e nessun nuovo onere, «se non compensato internamente alla luce, appunto, della difficile situazione finanziaria».

Venendo al dato politico più saliente, ossia la manovra di rientro, il Consiglio di Stato ha disposto misure sia sul fronte delle entrate, sia su quello delle uscite per un totale, come detto, di 120 milioni di franchi, alcune a carico del Parlamento (68 milioni), altre a carico del Consiglio di Stato (51 milioni).

Un buon numero di queste misure, ha evidenziato Vitta, è di natura strutturale, pensate per avere effetti duraturi negli anni successivi. Al riguardo, Vitta ha ricordato che oltre ai 120 milioni di misure previste nel 2026 occorre aggiungere quelle già adottate nei Preventivi 2024 e 2025, anch’esse strutturali, per un impatto quantificato in circa 68 milioni di franchi. «Complessivamente parliamo quindi di misure cumulative per un pacchetto di quasi 190 milioni di franchi: un pacchetto piuttosto rilevante», ha detto Vitta.

«Non è un taglio RIPAM»

Tra le principali misure sul fronte delle uscite figurano quelle sul personale (6 milioni nel 2026), sui beni e servizi (0,5 milioni) e sulle spese di trasferimento (20 milioni). Questa voce include un pacchetto di misure che interessa gli asilanti, con un impatto stimato di 10 milioni di franchi. Sul fronte ospedaliero, si prevede il blocco dell’aumento dei volumi di attività riconosciuti, pari a 2,6 milioni, e, soprattutto, l’eliminazione di un automatismo legato all’aumento delle soglie LAPS, che influenza indirettamente anche i sussidi RIPAM, generando un risparmio complessivo stimato in 6,5 milioni di franchi. «Non si tratta tuttavia di un taglio ai sussidi», ha puntualizzato il direttore del DSS, Raffaele De Rosa, intervenuto al riguardo: «Questa misura trae origine nel 2024 quanto il Governo ha deciso di adeguare le soglie LAPS in un contesto finanziario già difficile. Questo adeguamento però ha un effetto indiretto anche sui sussidi di cassa malati, che già, di anno in anno, si adeguano automaticamente per la crescita dei premi. L’adeguamento delle soglie LAPS comporta quindi un doppio effetto di rincaro sulla RIPAM che ora chiediamo al Parlamento di eliminare».

«Falsi risparmi»

Anche sul fronte degli investimenti, il direttore del DFE ha annunciato la volontà di ritoccare al ribasso la dotazione a 290 milioni di franchi, un livello inferiore alla media degli ultimi anni. Una prospettiva che il direttore del DT, Claudio Zali, ha commentato con un monito: «Il freno sugli investimenti non è mai un buon segnale. In un momento di difficoltà economica, non dobbiamo correre il rischio di alimentare una fase di recessione. Spesso, si tratta oltretutto di falsi risparmi: rinviare un investimento significa realizzarlo più tardi, quando costerà di più». Il direttore del DT ha inoltre ricordato che molti progetti, proprio ora, stanno entrando nella loro fase realizzativa. Nel prossimo quadriennio la pressione sul piano degli investimenti si farà quindi sentire: «In alternativa si dovrà rinunciare a determinati interventi, con conseguenze dolorose per il Cantone e per l’economia che perderebbe l’indotto». Detto altrimenti, secondo Zali, questo esercizio di risparmio va fatto, ma «occorre sperare di non doverlo portare al suo estremo». In questo caso tutti ne pagherebbero le conseguenze.

Imposta minima

Sul fronte delle entrate, la misura più significativa riguarda l’aggiornamento straordinario dei valori di stima. «Per legge questo esercizio deve essere affrontato quest’anno», ha ricordato Vitta. La revisione generale, infatti, è stata rinviata di dieci anni e, come compensazione, è previsto un adeguamento straordinario delle stime del 15%. Un intervento che garantirà 20,5 milioni di franchi supplementari al Cantone e una cifra analoga ai Comuni.

A questa misura si aggiunge quella riguardante l’adeguamento del sistema della perequazione federale, da cui il Cantone si attende 7,5 milioni aggiuntivi. Resta da verificare – è stato sottolineato – se questa somma potrà essere incassata già nel 2026 oppure soltanto nel 2027. Su questo punto il Cantone ha sollecitato una modifica dell’ordinanza federale. Per il 2026, inoltre, Bellinzona ha chiesto un intervento specifico nell’ambito dei casi di rigore.

Tra le novità, Vitta ha citato anche l’introduzione di un’imposta minima per le persone giuridiche, «un meccanismo già applicato in altri cantoni». In concreto, si intende estendere l’obbligo a tutte le persone giuridiche, fissando un importo minimo di 450 franchi, ridotto a 300 franchi per le fondazioni senza scopo di lucro. «L’obiettivo – ha spiegato – è far contribuire anche quelle società dormienti o inattive che oggi non pagano imposte ma generano comunque costi per l’amministrazione pubblica». La misura dovrebbe garantire entrate per circa 5,5 milioni di franchi e un importo leggermente inferiore ai Comuni.

Da ultimo, promette certamente di far discutere anche la revisione dell’imposta di circolazione, aggiustata al rincaro, ossia all’inflazione, a cui si è aggiunto anche un ritocco del coefficiente «k», per un complessivo di 5 milioni di franchi.

«Saldo positivo»

Al netto delle misure, Vitta ha sottolineato che la manovra avrà complessivamente un effetto positivo per le finanze comunali. «Nei flussi tra Cantone e Comuni si registrano impatti positivi, in particolare grazie all’aggiornamento delle stime immobiliari e all’imposta minima sulle persone giuridiche. A fronte di questi maggiori introiti, vi sono tuttavia anche flussi compensativi legati alla partecipazione finanziaria dei Comuni nei settori delle assicurazioni sociali, del sostegno alle famiglie, del trasporto pubblico e del docente di sostegno». Il saldo finale per i Comuni resta comunque positivo, per circa 2 milioni di franchi, ha concluso Vitta.

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