«A Mosca non ci sono più uomini»: barbieri e strip club piangono

Mosca non è un paese per uomini. La capitale russa, soprattutto nelle ultime settimane, si è svuotata e a lasciare la città è stata, perlopiù, la popolazione maschile. Non è un processo nuovo: molte famiglie, in segno di protesta, se ne erano andate all'inizio della cosiddetta "operazione speciale". Numerosi dissidenti, invece, sono fuggiti nei mesi seguenti, per evitare oppressione e incarcerazione. Ma la maggior parte degli uomini è partita nelle ultime settimane; fra chi, arruolato, si prepara a raggiungere le zone di conflitto e chi, per evitare la leva, si affretta a varcare le frontiere (per ora) aperte, emigrando in Paesi più o meno vicini. Un fuggi fuggi soprattutto maschile che ha avuto un forte impatto sulla vita nella città russa.
Una Mosca meno "maschia"
Sono passati dieci giorni da quando il presidente Vladimir Putin aveva fatto sapere che, in tutta la Federazione, la «mobilitazione parziale» era già riuscita a coscrivere oltre 222 mila uomini dei 300 mila preventivati. Un numero che fa intuire quanto la fine del processo di arruolamento forzato sia ormai prossima (il 14 ottobre si parlava del completamento «entro due settimane»). A Mosca, la quota stabilita è però già stata raggiunta. Lunedì 17, il sindaco della capitale, Sergei Sobyanin, aveva annunciato: «La mobilitazione parziale è finita, almeno e per ora soltanto nella capitale. Gli obiettivi sono stati raggiunti e chi ancora ha la cartolina (di leva, ndr) può stracciarla». Ma chi si è arruolato? Qualcuno, sicuramente, a combattere in Ucraina ci è andato volontariamente. Ma a finire, malvolentieri, nella rete della mobilitazione, sono stati, spesso, i più indifesi. Chi non aveva risorse per nascondersi o scappare, per intenderci: senzatetto e bisognosi, oltre a lavoratori migranti.
Non stupisce, dunque, che il gran numero di cittadini arruolati, sommato a quello ancora maggiore chi ha lasciato la capitale per evitare di ricevere la temuta cartolina di leva, abbia portato Mosca a divenire una città abitata principalmente da donne. Nessuno sa esattamente quanti russi abbiano deciso di partire nelle varie ondate registrate. Forbes, a inizio ottobre, stimava che tra 700 mila e un milione di persone avessero lasciato il Paese dall'annuncio di mobilitazione fatto da Putin. Ma, più concretamente, il vicino Kazakistan (che apre le frontiere anche a chi, fra i cittadini della Federazione, si presenta senza passaporto) ha annunciato la scorsa settimana l'arrivo di oltre 200 mila uomini russi. Altre decine di migliaia sarebbero invece fuggite verso Turchia o Georgia. Molti si sono spinti fino all'Europa occidentale, altri sono addirittura andati in Sudamerica.
A confermare l'impressione di una Mosca meno "maschia" non solo le parole dei locali, che al New York Times hanno raccontato di avere l'impressione di vivere «in un Paese di donne», ma anche gli improvvisi vuoti registrati in molte attività tipicamente frequentate dalla popolazione maschile.

Addio a barbieri e strip club
I primi a notare un calo del mercato sono stati, secondo il quotidiano statunitense, bar e ristoranti. Fra quelli che, a fine serata, presentavano un conto superiore ai 1.500 rubli (circa 25 franchi), il numero di ordinazioni ha subito una diminuzione del 29% nelle due settimane successive alla mobilitazione parziale ordinata da Putin. Diverse attività si sono mosse per limitare i danni: molti negozi in centro si sono svuotati. Dappertutto, il cartello "Affittasi". Nel solo mese di settembre, riportano i media locali, Sberbank (il più grande istituto di credito russo) ha chiuso 529 filiali. E persino la compagnia aerea di bandiera russa, Aeroflot, ha chiuso il suo ufficio moscovita, posizionato nella quotatissima "Petrovka Street".
Ma a subire maggiormente il colpo dell'assenza maschile, va da sé, sono servizi e attività che proprio a questa fetta di popolazione, principalmente, strizzano l'occhio. Fra i barbieri della capitale, ad esempio, si parla di un vero e proprio disastro. Intervistato dal New York Times, Aleksei Ermilov, fondatore della catena di barbieri Chop-Chop (che nel Paese conta una settantina di filiali), ha spiegato: «Mi ricorda il 2008 e la crisi finanziaria di Atene. Soprattutto a Mosca e San Pietroburgo si sente la mancanza di uomini: nelle città l'ondata di trasferimenti è più evidente proprio perché le persone hanno maggiori mezzi economici per partire». Sempre molto frequentata, la sede di Mosca avrebbe registrato un -50% nella clientela giornaliera. Peggio: ora manca anche la manodopera. I barbieri stessi avrebbero lasciato la capitale, dimezzando il personale a disposizione dell'attività.
In una situazione simile, se non peggiore, gli strip club della città. Sul suo canale Telegram, il sito di news Baza ha fatto sapere che la frequentazione dei locali di spogliarello, nella capitale, è crollata parallelamente alla mobilitazione. Dopo l'annuncio fatto da Putin un mese fa, gli strip club di Mosca avrebbero registrato un calo tangibile delle entrate: i rappresentanti dei club, intervistati da Baza, hanno raccontato che l'affluenza sarebbe calata del 60% fra la fine di settembre e l'inizio di ottobre, la fase calda della mobilitazione.
La forte emigrazione di uomini russi può essere percepita anche all'estero tramite una serie di servizi. Sulle app di incontri, ad esempio, è aumentato in modo significativo il numero di cittadini della Federazione. Su Mamba, ad esempio, il "Tinder armeno", il numero di nuove registrazioni mensili è aumentato del 135%, ha dichiarato un rappresentante dell'azienda a RBK, un'agenzia di stampa finanziaria russa. In Georgia e in Turchia il tasso di nuovi download ha superato il 110%, mentre in Kazakistan è aumentato del 32%.
In mezzo alla crisi causata dalle sanzioni occidentali, la stessa mobilitazione voluta da Putin sembra insomma aver colpito società ed economia locali.