Guerra

«A Rafah si rischia un massacro: la storia non sarà gentile con Israele»

Mentre la popolazione si sente in trappola, si moltiplicano le richieste a Israele di non condurre l'operazione di terra nel sud della Striscia di Gaza
©SALEH SALEM
Red. Online
14.02.2024 17:30

Mentre si moltiplicano le voci contrarie all’invasione di Rafah da parte dell’esercito israeliano, nella città meridionale della Striscia di Gaza regna il panico. I palestinesi, riporta la CNN, sono disperati perché non sanno se fuggire dall’ultimo rifugio rimasto nell’enclave, mentre Israele non sembra voler far retromarcia sull’offensiva di terra. Un numero crescente di Paesi e organizzazioni internazionali – tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Unione europea, Cina, Russia e ONU - stanno prendendo posizione contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che sembra non voler fermare l’offensiva pianificata a Rafah. Il primo ministro irlandese Leo Varadkar, nelle scorse ore, ha accusato lo Stato ebraico di essere ormai «accecato dalla rabbia», mentre ieri il governo sudafricano ha presentato una «richiesta urgente» alla Corte internazionale di giustizia. Di fatto, si chiede di valutare se le operazioni militari di Israele nella città meridionale di Gaza richiedano un intervento della giustizia per «prevenire un’ulteriore imminente violazione dei diritti dei palestinesi a Gaza».

«La storia non sarà gentile»

Durissime le parole di Martin Griffiths, capo degli aiuti delle Nazioni Unite, che in uno statement pubblicato sui social e sul sito dell’ONU ha lanciato l’allarme: «Lo scenario che temevamo da tempo si sta palesando a una velocità allarmante. Più della metà della popolazione di Gaza – ben oltre un milione di persone – è stipata a Rafah e guarda la morte in faccia: hanno poco da mangiare, quasi nessun accesso alle cure mediche, nessun posto dove dormire, nessun posto sicuro dove andare». Il diplomatico britannico aggiunge: «Loro, come l’intera popolazione di Gaza, sono vittime di un attacco che non ha eguali per intensità, brutalità e portata. Secondo il Ministero della Salute, più di 28.000 persone – soprattutto donne e bambini – sono state uccise in tutta Gaza. Per più di quattro mesi, gli operatori umanitari hanno fatto quasi l’impossibile per assistere le persone bisognose, nonostante i rischi che loro stessi stavano affrontando e i traumi che stavano sopportando. Ma la loro dedizione e buona volontà non è sufficiente a mantenere milioni di persone in vita, nutrite e protette, mentre le bombe cadono e gli aiuti vengono soffocati». E prosegue: «A ciò si aggiunge la disperazione diffusa, il crollo della legge e dell’ordine e il taglio dei fondi all’UNRWA. Le conseguenze sono che gli operatori umanitari vengono colpiti, tenuti sotto tiro, attaccati e uccisi. Sono settimane ormai che dico che la nostra risposta umanitaria è a pezzi. Oggi lancio nuovamente l'allarme: le operazioni militari a Rafah potrebbero portare a un massacro a Gaza. Potrebbero anche dare il colpo di grazia alle operazioni umanitarie già deboli».  Martin Griffiths conclude: «Ci mancano le garanzie di sicurezza, gli aiuti e la capacità del personale di condurre le operazione (umanitarie). La comunità internazionale sta lanciando l'allarme sulle pericolose conseguenze di qualsiasi invasione di terra a Rafah. Il governo israeliano non può continuare a ignorare gli appelli. La storia non sarà gentile. Questa guerra deve finire».

Dove fuggire?

Israele, da settimane, sta colpendo Rafah con raid aerei e bombardamenti d'artiglieria. Nell’ultima operazione, l’esercito è riuscito a liberare due ostaggi, provocando numerose vittime palestinesi. Il portavoce militare israeliano Peter Lerner ha riferito alla CNN che l’unica alternativa alla operazione di terra è la resa di Hamas, con il rilascio di tutte le persone catturate dall'organizzazione islamista durante il terribile attacco del 7 ottobre. La scorsa settimana Netanyahu ha ordinato all’esercito di pianificare «l’evacuazione della popolazione» da Rafah dopo aver sottolineato che le forze armate israeliane «presto entreranno nella città, l’ultimo bastione di Hamas». Israele non ha ancora presentato il suo piano di evacuazione, spingendo il presidente USA Joe Biden a prendere le distanze dall’operazione militare. A Rafah, oggi, sono presenti più di 1,3 milioni di persone, in gran parte stipate in una vasta tendopoli al confine con l’Egitto, dove hanno trovato rifugio tutti gli sfollati della Striscia di Gaza. Queste persone si trovano di fronte a una scelta impossibile: restare in città, rischiando di rimanere intrappolate in una sanguinosa offensiva di terra, o tentare di fuggire da Rafah, cercando rifugio nelle città devastate dai bombardamenti israeliani. La popolazione rimasta tra i fantasmi di edifici e le macerie delle case racconta di essere costretta a bere l'acqua del gabinetto e a mangiare erba per sopravvivere. Una scelta quasi impossibile.