Prostituzione

A Tirana crescono grattacieli ma non si estingue la tratta delle donne

Facciamo il punto della situazione in Albania
Fabrizio Floris
07.05.2022 06:00

L’Albania, nonostante la costruzione di nuovi grattacieli nella capitale Tirana, rimane una delle nazioni più povere d’Europa. Uno dei problemi che continuano ad affliggerla è la tratta delle donne avviate alla prostituzione all’estero. Facciamo il punto della situazione con suor Imelda Poole, Gazmir Memaj e Ana Stakaj, impegnati sul campo nella lotta contro il traffico di esseri umani.

L’Albania è un Paese in costruzione – case, palazzi, ville, grattacieli – eppure perde ogni anno abitanti scendendo significativamente sotto la soglia psicologica dei 3 milioni, di cui un milione vive nella capitale Tirana. Quella che gli urbanisti chiamatno città primate perché da sola assorbe più della metà della popolazione urbana dell’intero Paese. Nel centro città sono in costruzione ben sette grattacieli e in molti iniziano a chiedersi per chi sono costruiti, dato che il reddito pro capite diminuisce e soprattutto da chi.

Torri di 25, 30 piani nella centralissima piazza Skenderberg sono secondo l’opposizione del Partia Demokratike (PD) iniziative che veicolano progetti di riciclaggio di denaro. Società costruttrici che secondo la portavoce del PD, Ina Zhupa, non raggiungono i 100mila euro di utili stanno realizzando progetti il cui valore si aggira intorno ai 60 milioni di euro. Sarebbero coinvolti esponenti criminali plurisegnalati dalle Procure italiane. E forse non a caso il procuratore della Repubblica a Catanzaro Nicola Gratteri ha dichiarato che «da almeno tre anni dico che in Europa c’è una mafia emergente, quella albanese. L’Albania è un paese corrotto, dove è facile corrompere i funzionari pubblici. Se poi esco dall’Albania e ho già un potere economico riesco a rafforzarmi come mafia internazionale».

La risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2021 sottolinea che in Albania ci sono ampi problemi di riciclaggio di denaro, in particolare nei settori edilizio e immobiliare. Il riciclaggio riguarderebbe sia proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti che dalla tratta di esseri umani, un fenomeno che ha riflessi diretti con l’Italia, dove le ragazze albanesi sono tornate per le strade dopo anni in cui, come spiega un’operatrice, «erano sparite» (secondo l’ultima relazione del Numero Verde Anti tratta sono la nazionalità più presente).

Si pensava che la crescita economica del Paese, l’informazione e le azioni di advocacy avrebbero scisso la solida correlazione tra povertà, tratta e prostituzione, quindi perché c’è questa crescente presenza di donne albanesi in Italia? Lo abbiamo chiesto a Suor Imelda Poole, responsabile di Renate (Religious in Europe Networking Against Trafficking and Exploitation), una rete europea di religiose impegnate a lavorare insieme contro la tratta e lo sfruttamento di esseri umani, e fondatrice della Fondazione Mary Ward Loreto in Albania (MWL). A parlarci della situazione sono anche Gazmir Memaj e Ana Stakaj, rispettivamente project manager e direttrice della stessa MWL.

La crescita economica del Paese non ha ridotto la povertà e la precarietà delle campagne
Suor Imelda Poole

La forza è sparita, ma...

«Prima di tutto in passato , negli anni Novanta, il traffico avveniva prendendo le ragazze con la forza. Venivano rapite e poi spostate con i motoscafi, finché una legge ha cambiato, ma non fermato questo tipo di traffici», spiega suor Imelda. È sparito l’uso della forza e sono state messe in atto strategie di corteggiamento delle ragazze attraverso lover boy (corteggiatori) che le portano verso il sogno di una vita migliore. E invece trovavano la strada o forme di sfruttamento al chiuso (night club). Internet ha poi ampliato questo processo: il contatto tra il fidanzato e la vittima avviene online e anche lo sfruttamento può avvenire tramite canali, chat e siti dedicati.

«È importante notare – prosegue suor Imelda – che la crescita economica del Paese non ha ridotto la povertà e la precarietà delle campagne; l’Albania resta per questo uno dei paesi più poveri d’Europa». Ed è lì che si agisce con il reclutamento. Ci sono informatori locali che identificano situazioni di particolari fragilità, famiglie deboli, socialmente isolate, possibilmente senza figli maschi, si cercano anche testimoni che confermino, quando necessario, la solidità morale del lover boy. I trafficanti pagano delle persone del luogo per “mettere una buona parola” per il pretendente della ragazza, per dichiarare che conoscono la famiglia. Un aspetto fondamentale per una società fondata sulla parola e sul rispetto. Esiste, infatti, un codice non scritto, basato sulla besa (onore, fiducia), il rispetto della parola data. Besa è il perno di un codice d’onore che può essere riassunto dal motto «quando un albanese ti dà la sua parola, ti dà suo figlio».

Il corteggiatore – spiega Ana Stakaj – si presenta bene, educatamente, vestito bene, promette felicità, amore infinito, fa regali e promette un futuro migliore». In questi anni c’è stata la direttrice europea, ma è cresciuta molto anche la tratta verso oriente, in particolare Dubai.

Una volta oltre confine scatta il ricatto. Anche in questo caso può essere proposto in vari modi, non necessariamente violenti nella forma (ma nella sostanza sì), e spinge la ragazza a prostituirsi. E a questo punto non può tornare perché il fidanzato lo direbbe alla famiglia che per la vergogna non potrebbe accoglierla. Per la comunità sarebbe una prostituta, non una vittima di tratta. È vero che le informazioni circolano, che si sentono storie di ragazze finite sulla strada, ma ci sono tantissime storie positive di ragazzi che rientrano dall’estero per sposarsi veramente. Inoltre, l’informazione in sé non è sufficiente, perché si può pensare, per fare un paragone, al motivo per il quale una persona in Italia accetta le proposte di un usuraio.

Un ambiente favorevole

Secondo Gazmir Memaj, «la cultura tradizionale, il ruolo della donna, il senso della vergogna continuano a creare un ambiente favorevole ai trafficanti. Nelle campagne è rimasto il desiderio di scappare, le famiglie sentono che una figlia non sposata in casa è come un peso e una vergogna. Le ragazze dopo i 14 anni smettono di andare a scuola, le zone si stanno spopolando. Andare a scuola è un costo troppo impegnativo, le scuole chiudono bisognerebbe andare verso le città, così le ragazze iniziato a stare in casa, isolate e con gli anni cresce il desiderio di andare via».

A facilitare il traffico è stata la possibilità per i cittadini albanesi di muoversi liberamente in Europa: il confine non c’è più, quindi non servono più scafisti o documenti falsi, basta solo il reclutamento (c’è anche un traffico interno non solo verso l’estero che segue la direzione campagna-città).

«Per i trafficanti – spiega ancora suor Imelda – i rischi sono bassi, mi pare che il numero di arrestati si aggiri intorno all’1 percento, quindi ci sono più persone interessate ad entrare in questo tipo di mercato. Come si dice, puoi vendere una pistola solo una volta, ma puoi vendere una ragazza ancora, ancora e ancora».

«C’è poca informazione , il governo non nega, ma tende a sminuire la portata del fenomeno. Sono cambiati, potrei dire, i valori. Se chiedi a un trafficante perché sta vendendo una ragazza come un pezzo di carne, si arrabbia e ti risponde “perché non dovrei diventare ricco?”, come abbiamo sentito dire», sottolinea Ana Stakaj. Secondo suor Imelda, oltre agli effetti della pandemia di COVID-19, a favorire il traffico è stato il terremoto del 2019 che ha lasciato senza casa migliaia di persone e il crescente divario tra ricchi e poveri. E i giovani se ne vanno: l’anno scorso sono partiti in 35.000.

«È cresciuta la collaborazione tra enti locali, forze di polizia e associazioni, ma la strada da fare è ancora tanta
Gazmir Memaj

L’impegno continua e per Gazmir Memaj negli ultimi anni ci sono stati diversi fattori di progresso: «È cresciuta la collaborazione tra enti locali, forze di polizia e associazioni, ma la strada da fare è ancora tanta». Rimane l’inconsapevolezza delle vittime, la facilità di attrarre sempre nuove ragazze, restano debolezze a livello legislativo e la capacità di perseguire crimini, che anche quando individuati, sono facilmente derubricati in reati minori. E soprattutto è debole la capacità di agire sui sequestri. Inoltre, il fatto che in Albania prostituirsi è già un reato indebolisce la possibilità di denuncia delle vittime che a loro volta sarebbero soggette a conseguenze penali.

Mary Ward Loreto dispone di due centri di accoglienza e ha sei centri di consulenza e assistenza psicologica e materiale per le vittime del traffico. C’è anche un rifugio per i bambini. MWL agisce in rete con altri enti e istituzioni sia locali che internazionali. Sostenere queste reti è fondamentale perché quando la persona arriva in Italia è già vittima, il danno si è manifestato. È quindi importante agire e rafforzare un’azione capillare preventiva tra enti anti-tratta – come Caritas, parrocchie – e poi seguire il denaro dei trafficanti e procedere con i sequestri. «È giunto il momento di colpire i trafficanti dove fa loro più male», ha d’altronde dichiarato Valiant Richey, rappresentante speciale per la lotta al traffico di esseri umani dell’OSCE, l’Organizzazione pr la sicurezza e la cooperazione in Europa. Forse a Tirana ci sarà qualche grattacielo in meno, ma più vita. 

Tirana. © Shutterstock
Tirana. © Shutterstock

La guerra in Ucraina e gli appetiti dei trafficanti

La guerra in Ucraina ha generato in Europa una grande azione di solidarietà fatta da governi, agenzie, ma anche da moltissimi cittadini che in modo spontaneo si sono recati alle frontiere per accogliere donne e bambini in fuga. Ma fin dai primi giorni della guerra suor Imelda Poole ha dichiarato di essere molto preoccupata per la situazione: «Abbiamo coinvolto tutta una rete di persone che si è diretta lungo le vie di fuga dei rifugiati perché sappiamo che è lì che saranno i trafficanti».

Anche l’IOM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) ha espresso preoccupazione per il rischio di tratta di persone, sfruttamento e abusi sessuali. I rapporti iniziali dall’interno e dall’esterno dell’Ucraina hanno indicato la possibilità che i trafficanti avrebbero potuto sfruttare le vulnerabilità di coloro che fuggivano dalla guerra. Sono stati segnalati casi di violenza sessuale perpetrati da persone che hanno promesso la possibilità di un viaggio verso l’Europa e ci sono state indicazioni di un potenziale sfruttamento. «In base ai nostri rapporti - ha affermato il direttore generale dell’OIM António Vitorino - sappiamo che i gruppi di persone che lasciano l’Ucraina possono essere particolarmente vulnerabili al rischio della tratta». La coordinatrice dell’associazione polacca Homo Faber, Karolina Wierzbińska, ha dichiarato di aver «registrato i primi casi sospetti di donne e uomini che cercano di agganciare donne ucraine vicino ai centri di accoglienza per rifugiati con il pretesto di offrire trasporto, lavoro o alloggio». Anche Charel Krieps di Caritas Europa ha dichiarato che in Romania gli operatori dell’organizzazione «hanno incontrato diversi individui sospetti, per lo più uomini che hanno offerto alloggio o trasporto a giovani donne o giovani madri con figli».

Nel 2021 l’OIM in Ucraina ha identificato e assistito oltre 1.000 vittime della tratta. In risposta alla guerra in Ucraina, l’organizzazione ha intensificato i propri sforzi per stabilire risorse e interventi per prevenire la tratta di persone sia nel Paese attaccato dalla Russia sia tra coloro che si spostano nella regione. L’OIM collabora con le agenzie di frontiera e i partner governativi per implementare meccanismi di prevenzione della tratta attraverso la diffusione di messaggi e informazioni verificate e sicure e sensibilizzando i rifugiati e per permettere loro di prendere decisioni informate ed essere consapevoli dei rischi.

L’OIM in Ucraina, Romania e Moldavia ha sviluppato materiali online relativi alla migrazione sicura e alla lotta alla tratta, che collegano le persone in fuga con le reti di accoglienza. Inoltre ha invitato i cittadini che forniscono assistenza - sia per il trasporto sia per l’alloggio delle persone provenienti dall’Ucraina - ad agire coordinandosi con le agenzie di protezione locali per consentire un’adeguata supervisione e salvaguardia.

I trafficanti avrebbero anche preso di mira i bambini provenienti da orfanotrofi quando passavano il confine tra Ucraina e Polonia, ha affermato un gruppo che li stava evacuando nella zona di guerra. Secondo quanto rilevato dalla BBC, in Ucraina vi sarebbero 200.000 bambini negli orfanotrofi, «prede facili di persone che indossano giubbotti catarifrangenti e fingono di appartenere a organizzazioni umanitarie». Anche il commissario dell’Unione europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha espresso preoccupazione: «Abbiamo ricevuto segnalazioni di criminali che prelevano bambini dagli orfanotrofi in Ucraina e attraversano il confine fingendo di essere parenti del bambino e poi li usano a fini di tratta». Tuttavia la crescente presenza di ONG e volontari avrebbe garantito procedure accurate e sicure.