Aviazione

Airbus, Boeing e le sanzioni: a che punto siamo?

Mentre il costruttore europeo continua a importare titanio dalla Russia, il rivale americano rischia di perdere 90 ordini a causa della guerra in Ucraina
Marcello Pelizzari
13.04.2022 15:00

La guerra in Ucraina ha scombussolato i cieli. Lo abbiamo già detto. A più riprese. Soprattutto, ha scombussolato i piani dei principali costruttori di aerei civili. Ovvero, Airbus e Boeing. Il motivo? Sempre quello, le sanzioni occidentali imposte alla Russia. Ma andiamo con ordine.

Perché il titanio?

Per costruire un aeroplano, fra le altre cose, serve il titanio. È un metallo particolarmente resistente alla corrosione e viene utilizzato nelle leghe leggere. Airbus e Boeing, per ovvi motivi, ne fanno largo uso. Ma se i secondi hanno subito fermato le importazioni dalla Russia, i primi si sono trovati nella scomoda posizione di difendere un altro punto di vista. Riassumibile nell’assioma business is business.

Il costruttore europeo, in particolare, ha spiegato che le sanzioni da un lato avrebbero danneggiato i produttori aerospaziali che dipendono dal titanio, come Airbus, mentre dall’altro – di fatto – non avrebbero scoraggiato Vladimir Putin. Detto in altri termini, l’impatto sulla Russia e sul conflitto sarebbe stato minimo laddove le conseguenze per l’industria europea sarebbero state pesanti, se non pesantissime.

Airbus, in realtà, ha accumulato titanio per anni. Dal 2014, per la precisione, quando la Crimea venne occupata dalla Russia. Una scelta strategica precisa, che garantisce ossigeno e spazio di manovra all’azienda in queste settimane turbolente. E che potrebbe fare la differenza qualora arrivasse un embargo.

Airbus, da tempo oramai, è fra i principali clienti di VSMPO-AVISMA, il più grande produttore di titanio al mondo, specializzato altresì in alluminio e magnesio. Finora, il produttore di aerei ha potuto continuare a importare il materiale-chiave dalla Russia poiché il titanio – leggiamo – non figura nell’elenco (crescente) di sanzioni dell’Unione Europea.

La Russia garantisce circa metà del fabbisogno di Airbus a livello di titanio. Vista la situazione, l’azienda sta cercando alternative sul medio-lungo periodo. Ma, per ora, continua a importare da Mosca.

Il titanio è adoperato perché forte, leggero e, come detto, resistente alla corrosione. È ideale, ad esempio, per i carrelli di atterraggio ma nei modelli come l’A350 viene utilizzato anche per fissare il guscio esterno in fibra di carbonio.

4.300 aerei da costruire

Boeing, dicevamo, ha rinunciato al titanio russo anche perché, già prima dell’invasione dell’Ucraina e della guerra, non ne era così dipendente. Non quanto Airbus. Eppure, anche il gigante americano sta vivendo giornate complicate.

L’azienda, in questo caso, rischia di perdere qualcosa come 90 ordini per questioni geopolitiche. Lo ha indicato la stessa Boeing, specificando che questi ordini – per il momento – non sono stati cancellati. Sono stati ricacciati, se vogliamo, in una sorta di limbo contabile. Qualcosa di simile a «in sospeso». Il totale degli ordini in sospeso, per il solo mese di marzo, era di 141 aeroplani. Di questi, 90 sono appunto legati al conflitto ucraino e riguardano un solo modello, il 737 Max.   

Si tratta, invero, di un’ulteriore mazzata per Boeing che già aveva sofferto su questo fronte durante la pandemia. Per tacere dei problemi che hanno caratterizzato sin dal principio proprio il 737 Max, protagonista di due terribili incidenti e di un cortocircuito con la FAA riguardante il sistema di controllo automatico MCAS.

Compresi i dati di marzo, gli ordini in sospeso sono quasi 950. Peggio, Boeing si ritrova con un arretrato di circa 4.300 aerei ancora da costruire. Una strada in salita, non c’è che dire.

Le società di leasing

Le sanzioni imposte dall’Occidente stanno impedendo qualsiasi interazione con la Russia, vendita di nuovi aerei compresa. In particolare, Airbus e Boeing hanno sospeso la fornitura di pezzi di ricambio necessari e il supporto per la manutenzione degli aerei basati nella Federazione. Logico, visto il contesto, che gli ordini precedenti l’invasione delle compagnie russe siano ora accompagnati da un gigantesco punto di domanda.

I dati, letti velocemente, sembrerebbero non esporre troppo Boeing: nell’elenco figurano appena 30 ordini di 737 Max da parte di un vettore russo, Utair. Tuttavia, e ne abbiamo parlato, quasi tutte le compagnie russe ordinano aerei di Airbus e Boeing tramite le società di leasing. Ergo, altri aerei di quelli in sospeso erano e sarebbero destinati alla Russia.

Dopo l’incredibile furto spacciato per «nazionalizzazione» messo in piedi dal Cremlino, che ha deciso di non riconsegnare ai legittimi proprietari oltre 400 velivoli di produzione occidentale, a guerra conclusa difficilmente le società di leasing vorranno fare affari con la Russia.

All’equazione, ad ogni modo, bisogna aggiungere altri sette 737 Max ordinati dalla SkyUp. Una compagnia aerea ucraina che, per ovvi motivi, non può ancora riconquistare i cieli.

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