Apple (forse) vincerà la battaglia, ma poi?
Il numero di denunce all’antitrust cresce. Apple fa spallucce, prova a ribattere, promuove una narrazione felice. Ma le nubi, intanto, si addensano su Cupertino. Prendete l’ultimo caso, datato 2 maggio 2022: la Commissione Europea, concludendo un’indagine avviata nel 2020, ha accusato la Mela di abusare della sua posizione nel mercato dei pagamenti tramite smartphone. Che botta.
Come funziona Apple Pay?
Al centro dei riflettori, manco a dirlo, Apple Pay. Il servizio di pagamento senza contatto introdotto nell’oramai lontano 2014. E, nel frattempo, cresciuto in termini di peso e importanza. Come funziona il servizio? Stringiamo il più possibile: ogni telefonino è dotato di un chip NFC (Near-Field Communication) affinché possa funzionare come una carta di credito contactless. Ad ogni transazione, secondo logica, Apple guadagna dei soldi grazie alla commissione riscossa dalla banca dell’utente.
Il servizio, dicevamo, è cresciuto. Divenendo sempre più popolare. Negli Stati Uniti e, di riflesso, nel mondo intero. Nel 2020, secondo la società finanziaria Bernstein, citata dall’Economist, il 5% delle transazioni globali con carta era «firmata» Apple Pay. Una percentuale che potrebbe salire al 10 entro il 2025.
Ma qual è il problema?
Nessun problema, fino a questo punto. I guai, però, erano e sono dietro l’angolo: secondo l’UE, infatti, il sistema operativo degli iPhone (iOS) consentirebbe solo ad Apple Pay di utilizzare il chip NFC. Tradotto: la concorrenza, come le app delle singole banche, sarebbe tagliata fuori dal mercato. Android, il sistema operativo di Google, utilizzato ad esempio da Samsung, al contrario permette agli utenti una certa libertà.
Le conclusioni cui è giunta la Commissione UE, è bene ribadirlo, sono solo preliminari. Se un’indagine vera e propria giungesse alle medesime conclusioni, però, Apple rischierebbe sanzioni pesanti: fino al 10% del suo fatturato mondiale, sì.
La vicenda, leggiamo, potrebbe trascinarsi per mesi.
Perché il modello Apple non piace?
Apple e il suo modello di business, da tempo, sono sotto attacco. Non piacciono ai governi, e lo abbiamo visto, ma neppure agli sviluppatori e alle aziende. E questo perché, quando parliamo di hardware e software, Cupertino negli anni ha mantenuto un approccio – chiamiamolo così – talebano. Motivando questo atteggiamento con la protezione della privacy e la sicurezza dei suoi utenti.
Apple, proprio per questa cultura aziendale tremendamente manichea, di recente è stata citata in giudizio anche da Epic Games, la società che produce il videogioco Fortnite, ma è finita pure nel mirino del colosso dello streaming musicale Spotify. Nei Paesi Bassi, per dire, l’antitrust ha ritenuto anticoncorrenziali le politiche di pagamento in-app di Cupertino nell’ambito di un reclamo di un operatore di siti di incontri. Il risultato? Una maxi multa: 5 milioni di euro a settimana fra gennaio e la fine di marzo, quando è stato raggiunto il tetto massimo dei 50 milioni.
Big Tech è nei guai?
L’UE, volendo esagerare, sta combattendo a tutto campo contro Big Tech. Una battaglia seguita da vicino anche dagli Stati Uniti, tant’è che l’ex presidente Barack Obama ha salutato con piacere la svolta di Bruxelles in merito, al grido «i social network possono distruggere la democrazia e quindi vanno regolamentati».
Con l’accordo politico provvisorio riguardante il cosiddetto Digital Services Act, o DMA, l’Unione ha fatto un passo importante, anzi importantissimo in tal senso. Il DMA è un atto legislativo, citiamo, «eccezionale» poiché, fra le altre cose, costringe le grandi aziende tecnologiche ad aprire le loro piattaforme alla concorrenza. Fra i temi portanti, non a caso, c’è proprio il divieto per le aziende di riservare una corsia preferenziale alle proprie app e ai propri servizi. Il DMA, nel concreto, consentirebbe agli utenti di Apple di installare app da «luoghi» differenti rispetto all’App Store. Venendo ai pagamenti, vorrebbe dire costringere Cupertino a condividere il mercato dei pagamenti in-app con altri attori. Non c’è che dire: è un morso gigantesco alla Mela.